sabato 13 ottobre 2007

Welfare: Un voto complesso

Dopo la pubblicazione dei risultati della consultazione dei lavoratori con voto certificato sul protocollo del welfare ritengo che la discussione debba passare dalla semplice conta dei voti ad una attenta analisi degli stessi per distinguere le motivazioni che stanno alla base delle diverse espressioni fra lavoratori e pensionati, fra grande e piccola azienda, fra quanti hanno potuto discutere nelle assemblee e quanti invece sono stato solo spettatori passivi una campagna sindacal–mediatica a senso unico.
La votazione dei lavoratori sul protocollo si è conclusa con una forte prevalenza di SI e quindi Cgil Cisl e Uil possono sostenere che la maggioranza dei lavoratori ha condiviso la scelta di firmare quel protocollo. Una più attenta analisi di quanto successo richiede, a mio avviso, alcune riflessioni e una lettura del voto che non può limitarsi ai soli numeri.
Una prima considerazione nella valutazione del voto riguardale modalità con cui si sono svolte le assemblee informative e le modalità di certificazione dei votanti. L’aver formalmente impedito che i sostenitori del No di poter illustrarne le motivazione è una grave ferita alla democrazia sindacale difficilmente sanabile dal risultato del voto. Ancora una volta Cgil Cisl Uil hanno ribadito che non esiste un “diritto soggettivo al voto di lavoratori e lavoratrici” ma che tale esercizio di voto può avvenire solo alle condizioni imposte dai vertici sindacali e cioè all’interno di un meccanismo di voto “blindato” e con modalità di consultazione di tipo “Bulgaro” e senza contraddittorio.
In questo senso preme ricordare che nelle aziende (a differenza delle piazze e dei entri commerciali) possono entrare solo i dipendenti e quindi sostenere che il voto in Cavit non è “certificato” la ritengo una inutile forzature politicamente scorretta oltre che sbagliata.
Non mi riferisco solo al voto negativo della grandi fabbriche ma anche nel settore del commercio se confrontiamo i dati dove, attraverso i delegati e qualche funzionario, sono state illustrate le ragioni del NO il voto sul protocollo è stato negativo: Alla Dussmann Service ( 480 DIP) (ex Pedus) 61,98% di NO; Cavit (159 DIP) 90% di NO, Superstore (145 DIP) 62,50 di NO; ORVEA (234 DIP )64,91% di NO; Unifarm (231 DIP) 41,05% di NO; Nelle aziende unitarie più piccole (244 DIP) il NO è stato del 77,59; Di conseguenza i dati che emergono dalle assemblee unitarie del commercio il NO raggiunge complessivamente il 65,39% dei voti.
Da questo, a mio modesto avviso, si desume che la parte più sindacalizzata e combattiva dei lavoratori e delle lavoratrice ha giudicato negativo tale protocollo e chiedono al sindacato maggiore coraggio, più autonomia e maggiore incisività nella difesa dei diritti e delle loro condizioni di vita a partire dal salario e dai rinnovi contrattuali.
Una seconda riflessione riguarda la provenienza del voto. Fermo restando il principio giuridico che i voti sono tutti uguali, dal punto di vista politico la cosa non è così scontata e il NO proveniente dalla parte più attiva a sindacalizzata del mondo del lavoro richiede una attenta valutazione politico-organizzativa da parte dei gruppi dirigenti di Cgil Cisl e Uil. Un risultato che manda a dire che nei posti di lavoro esiste una situazione sempre più difficile, un forte malessere ed una rabbia che per non diventare qualunquismo o pura rassegnazione deve trovare risposte politiche e sindacali da parte delle confederazioni.
Infatti, io ritengo, che il plebiscito di SI registrati in alcune categorie sia il risultato, sia dell’assenza di confronto dialettico all’interno delle assemblee al momento del voto, sia un risultato dovuto proprio a questa stato di rassegnazione e di impotenza che l’attività sindacale registra in queste categorie.
Una terza riflessione riguarda la politica della Cgil. In questi mesi abbiamo assistito ad un cambiamento repentino e pericoloso delle posizioni della mia confederazione. Dal congresso del 2006, che sanciva la richiesta dell’abrogazione della “Maroni” e delle leggi sulla precarietà a partire dalla legge 30, siamo arrivati alla firma, per presa d’atto del protocollo, alla valutazione “complessivamente positiva” del Direttivo nazionale, e dopo il periodo feriale si è passati dal “SI con riserva” alla richiesta di un “SI convinto” portato nelle assemblee sindacali.
Passo dopo passo, in nome della sopravvivenza del Governo, la Cgil è passata dalla contrarietà al patto per l’Italia di berlusconiana memoria, alla sua supina accettazione modificando perfino le decisioni congressuali. Non credo che Bonanni quando sostiene che “questa consultazione ha cambiato il sindacato” si riferisca alla sua organizzazione.
Forse qualcuno, anche in Cgil, cercherà di nascondere questa amara verità attaccando la FIOM e quanti hanno “osato dire NO” e contando sul fatto che questa questione sarà sommersa dalle polemiche sul comportamento che la cosiddetta “sinistra radicale” avrà in parlamento e quindi nel silenzio dei media una pericolosa metamorfosi della Cgil avrà fatto un altro pericoloso passa avanti sulla strada tracciata dalle imprese e ben indicata dalle scelte della Cisl. Una realtà difficile ed amara che sarebbe suicida nascondere e che spetta a noi riportare alla discussione con i nostri iscritti e nei gruppi dirigenti.

Ezio Casagranda - Filcams Cgil del Trentino
Trento, 13 ottobre 2007

Nessun commento: