venerdì 26 ottobre 2007

Storia di ordinaria Precarietà

Nei giorni scorsi una lavoratrice si è rivolta ai nostri uffici per raccontarci quanto successo al suo colloquio per un’assunzione in un azienda del luogo. Il responsabile della società addetta alla selezione dopo aver preso atto del suo curriculum professionale ha chiesto: Ma Lei quanto sarebbe disposto a rinunciare della paga prevista dai contratti per poter lavorare ?
Prima che risponda Le voglio ricordare che quella che l’ha preceduta è disposta a rinunciare al 50% della paga.
Ogni considerazione è superflua ma ci richiama con forza alla cruda realtà di quale metastasi sociale è diventata l’attuale situazione del mercato del lavoro che l’accordo sul welfare ha consolidato nelle sue espressioni più deleterie.
Viene dato per scontato che la precarietà investa l'intera nostra esistenza (dai servizi sociali, l’istruzione pubblica, alle pensioni, ai bilanci degli enti locali, al trasporto pubblico ecc.) con pesanti conseguenze sulle persone e sulla loro stato di salute.
Oggi in Italia sono oltre quattro milioni e mezzo di uomini e donne, giovani e anziani, senza diritti e senza tutele, perennemente ricattati da una condizione di precarietà che nega loro ogni futuro. Ancora troppi sono i contratti atipici, troppi sono i contratti a termine che non permettono di pianificare il futuro, troppi sono i falsi associati in partecipazione o con Partita IVA che non rendono “dignitoso” vivere, ma che consentono al massimo di sopravvivere.
Infatti, il lavoro precario non è solo lavoro temporaneo è qualcosa di molto peggiore che genera nelle persone una situazione di pericolo e di paura. Ed oggi, proprio la paura rappresenta un mercato estremamente redditizio (dalla paura delle malattie a quella del terrorismo, dalla paura del licenziamento a quella del fallimento personale, tutto fa salite le vendite: di porte blindate, di pensioni integrative, di ansiolitici, di esami medici, ecc.). Siamo di fronte ad una precarietà che investe qualsiasi zona dell’esistenza e della vita sociale di ciascuno di noi.
Una lotta generale – direi globale - che partendo dalla valorizzazione del lavoro, dalla lotta a tutte le forme, vecchie e nuove, di precarietà e di povertà.
No alla precarietà, lotta per i diritti civili e sociali, lotta per la difesa dei beni comuni (acqua, casa,ambiente,ecc) e per un salario dignitoso, sono stati i messaggi forti che sono usciti dalla manifestazione del 20 ottobre scorso e quindi sarebbe opportuno che il sindacato e la sinistra abbandonino la strada della caccia alle streghe e diano ascolto al milione di voci che sabato scorso si sono levate dal corteo.
Ezio Casagranda - Filcams Cgil del Trentino
Trento, 26 ottobre ’07

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