domenica 30 settembre 2007

Whirlpool - ODG Comune di Trento

Ordine del Giorno sulla Whirlpool
approvato dal consiglio comunale di TRENTO

L'incresciosa vicenda dello stabilimento Whirlpool di Trento, ampiamente dibattuta e vissuta con particolare preoccupazione da quanti vi lavorano traendone motivo di sostentamento, oltre che da istituzioni, politici e sindacalisti, era nei fatti ampiamente prevedibile. Basti pensare alla vendita del terreno adiacente e ai pochi investimenti previsti per Trento.
Segnali questi, insieme ad altri, che non si sono voluti cogliere, scontando gravi ritardi che inevitabilmente hanno determinato l'odierna situazione.
E' innegabile che la politica industriale della nostra Provincia e, nella fattispecie delle industrie che insistono sul territorio del Comune di Trento, si è mossa solo sul versante del costo del lavoro, trascurando altri aspetti importanti come la ricerca e lo sviluppo, il risparmio energetico e gli alti contenuti a livello tecnologico in grado di competere, come nel caso della Whirlpool, sulle fasce alte del mercato dell'elettrodomestico.
Ora, la delibera della Giunta Provinciale n.2072 con la quale la Provincia Autonoma di Trento ha acquistato lo stabilimento Whirlpool di Spini di Gardolo dalla multinazionale americana, ha ristabilito una situazione sulla quale è nuovamente possibile costruire una politica industriale all'altezza delle giuste aspettative dei lavoratori e della città di Trento che ha seguito con apprensione gli sviluppi della situazione, solidarizzando con coloro che stavano vivendo un momento tanto difficile della propria vita professionale.
Tutto ciò premesso,
nella convinzione che il contratto d'affitto che la Whirlpool ha stipulato con la Pat non esime l'industria dal reinvestire in loco, dal presentare un nuovo piano industriale riguardante il processo produttivo, i volumi, i livelli occupazionali e nuovi livelli di alta gamma, chiarendo la tipologia degli investimenti e rinnovando gli impianti,
II Consiglio Comunale di Trento impegna il Sindaco, la Giunta Comunale e l'Assessorato competente del Comune di Trento, in stretta relazione con la Provincia e le rappresentanze sindacali
a vigilare affinché questa importante azienda cittadina faccia sino in fondo la sua parte, prevedendo il proprio coinvolgimento in momenti, almeno annuali di verifica dello stato delle cose e degli impegni presi. Assumendo cosi un ruolo significativo per quanto attiene il futuro dello stabilimento Whirlpool e, più in generale, di tutte le attività produttive e industriali presenti sul territorio cittadino.

Welfare - chi guadagna e chi perde ?

Il compianto Bruno Trentin nel lontano 1992, prima dell’accordo sulla contingenza, in polemica con Cisl e Uil aveva apostrofato alcuni dirigenti sindacali come “venditori di Tappeti”. Se non sbaglio tale definizione voleva richiamare alla realtà quanti stavano “magnificando” le sorti della contrattazione a seguito dell’abolizione della scala mobile. Tutti sappiamo come è andata. Diminuzione costante del potere di acquisto dei salari, forte ridimensionamento del potere contrattuale in azienda e nel territorio.
Ora, sembra che sullo scalone Maroni qualcuno tenti di vendere fumo anziché tappeti. Cgil Cisl e Uil sostengono che con l’accordo del 23 luglio 07 si è superato lo scalone Maroni e che in alternativa a questo accordo i lavoratori avrebbero dovuto tenersi la legge Maroni. Ma davvero questo accordo, in materia di scalone e pensioni, è vantaggioso per la stragrande maggioranza dei lavoratori e lavoratrici ?
Una prima domanda riguarda: quanti lavoratori traggono benefici da questo accordo rispetto alla legge Maroni ? Il nuovo accordo prevede: età pensionabile a 58 anni nel 2008; dal 1 luglio 2009 con 59+36 o 60+35. Dal gennaio 2011 con 60+36 o 61+35. dal 1 gennaio 2013 anticipando di 1 anno la Maroni si va in pensione con 61+36 o con 62+35. Sostanzialmente dal 1 lulgio 2009 tutti vanno in pensione con 60 anni di età e 35 di contributi. Ora i lavoratori che ci guadagnano, rispetto alla Maroni, sono quelli nati del 1949, nel 1950, 1951, cioè il 7,5% dei lavoratori (media matematica). Infatti per quanti sono nati dopo il 1 gennaio 1952 si trovano, rispetto all’età anagrafica, aumentata anche l’età minima contributiva che passa dai 35 ai 36 anni. Questo anche per i lavori usuranti. Se la matematica non è un’opinione ci troviamo davanti ad un aumento dell’età pensionabile per tutti rispetto a prima (salvo i primi 4 anni).
Una seconda domanda riguardai giovani: si dice che per i giovani è previsto l’obbiettivo (quindi tutto da verificare) di arrivare con 40 anni di contributi al 60% della pensione. Ora io mi domando? Ma di quale equità sociale si parla se si accetta che dopo 40 anni Un giovane arrivi al 60% della pensione mentre gli anziani all’80%? Il tutto senza affrontare, anzi consolidando, le cause di queste ingiustizia che si chiamano legge 30, riduzione dei diritti ( sanità scuola,ecc) e precarietà nel lavoro.
Se anche teniamo in considerazione l’aumento delle pensioni minime (3 milioni di pensionati su 14 milioni) e dell’indennità di disoccupazione questo accordo appare come un dare a pochi per togliere a molti. Forse mi sbaglio ma i dati mi danno questa lettura. Forse non è un caso che nelle assemblee e nelle riunioni sindacali si parli, anziché dei contenuti, dell’ipotesi che se non passa questo accordo ci sarà la crisi di governo e quindi verrà il Ba-bau Berlusconi.
Ezio Casagranda - Filcams Cgil del Trentino
Trento, 30 settembre ’07

venerdì 28 settembre 2007

Scuola: Votare SI'

Per la segretaria della Flc Cgil la priorità va data alla scuola pubblica.

Dichiarazione di Gloria Bertoldi, segretaria della Flc Cgil

«Il presidente della giunta Dellai ha indetto il referendum abrogativo dell’art.76 della L.P.5/2006 per domenica 30 settembre. Inutile sottolineare la negatività di tale scelta che limita di fatto un reale esercizio di democrazia che implica la possibilità di essere ben informati prima di fare una scelta ed esprimerla con il voto.
Votare sì al referendum vuol dire eliminare ulteriori finanziamenti alle scuole private. Al di là delle iniziali perplessità sull’uso dello strumento referendario per affrontare un argomento così delicato e di rilevanza costituzionale, la FLC CGIL dichiara fermamente la sua posizione a favore del SI’ perché la Costituzione va rispettata e la Costituzione prevede l’obbligo della Repubblica Italiana a istituire scuole e istituti di educazione, mentre riserva ai privati un semplice diritti.
“Obbligo” per obbligo si intende la necessità di assicurare risorse e personale alle scuole pubbliche dove si manifesta quella libertà di insegnamento prevista dall’art.33 della Costituzione e che discende dalle modalità di accesso alla professione docente “libere da condizionamenti ideologici o confessionali”.
La difesa della scuola pubblica è la difesa del pluralismo democratico, è la rivendicazione di una scuola pubblica di qualità. Per questi motivi la FLC CGIL invita tutti ad andare a votare e votare sì».

3 agosto 2007

Scuola: Due motivi per Votare SI'

Riceviamo e volentieri pubblichiamo due motivazioni che invitano a votare SI’ al referendum di domenica 30 settembre ’07 riguardante l’abrogazione del finanziamento pubblico alle scuole private. Resta inteso che la responsabilità degli scritti e dei firmatari.

La Filcams Cgil del Trentino

QUANDO ARRIVERANNO LE SCUOLE PARITARIE ISLAMICHE… cosa diranno i clericali nostrani?
Visto il potente schieramento politico-clericale contro il referendum del 30 settembre, Riceviamo e volentieri pubblichiamo possiamo prevedere che il referendum sulla scuola trentina rischierà di essere un’occasione perduta anziché il momento giusto per riaffermare la centralità della scuola pubblica come vuole la Costituzione repubblicana.Ma se il referendum cadrà per la campagna astensionistica, il campo politico-clericale non dovrà gioirne per tanto tempo. La Costituzione afferma che compito della Repubblica è “istituire scuole statali per tutti gli ordini e gradi” e che i privati hanno “diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”. Se invece si “forza” la Costituzione e si prevedono detti “oneri” a favore delle scuole paritarie private, non passerà tanto tempo prima di vedere – accanto a quelle cattoliche – anche scuole paritarie islamiche o d’altro credo religioso pronte a pretendere finanziamenti pubblici. Cosa diranno allora i clericali nostrani?
Non è meglio che si rispetti la Costituzione? Che i soldi pubblici vadano appunto alla scuola pubblica? La scuola pubblica infatti non dovendo essere un organismo di parte, con preferenze ideologiche o religiose, è l’istituzione che meglio può e deve garantire lo sviluppo più libero e pluralistico di tutti i nostri figli. Ribadiamo che con i soldi pubblici questa è la scuola da finanziare, la quale in quanto pubblica è per la Costituzione “aperta a tutti” e gratuita, potendo quindi dare applicazione anche all’articolo 34 secondo cui “i capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”.

Nicola Zoller – consigliere socialista

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TRENTINO, REFERENDUM DEL 30 SETTEMBRE: ANDARE A VOTARE E VOTARE SI
Si all'abrogazione degli articoli della legge Salvaterra che stanzia ulteriori fondi per le scuole private. In Italia la scuola è pesantemente condizionata, in senso anti-democratico ed oscurantista, da quella scelta politica di fondo, volta a sancire l'alleanza tra istituzioni statali e Chiesa Cattolica, che ha sempre caratterizzato lo Stato italiano e che la Costituzione Repubblicana ha limitato solo formalmente.
Non solo la Chiesa e la religione cattolica hanno esercitato in mille forme la loro influenza ideologica e politica in tutti gli ordini e gradi della scuola pubblica, ma hanno potuto mantenere e sviluppare un proprio "apparato scolastico" di fatto parificato dallo Stato, sul piano del valore giuridico del percorso scolastico, a quello della scuola pubblica.
I processi di privatizzazione della Scuola pubblica hanno aperto enormi spazi non solo ad un'ulteriore penetrazione della Chiesa Cattolica, ma anche ad un'ulteriore espansione dell'apparato delle "scuole private" controllate dalla stessa Chiesa.
Mentre le scuole pubbliche risentono di una crescente carenza di personale insegnante e di strutture, sempre più fondi e risorse vengono dirottate dallo Stato italiano verso le scuole private. Contemporaneamente, sul piano politico ed ideologico, si cerca in tutti i modi di rafforzare l'influenza della Chiesa all'interno della società come fattore di coesione reazionaria e di passivizzazione dei lavoratori e dei giovani ed oggi, in modo particolare, come ulteriore tentativo, anche sul terreno del cattolicesimo, di contribuire a quell'operazione globale dell'imperialismo volta a sostenere che esiste una "civiltà occidentale" fondata sul cristianesimo che si ritrova assediata e minacciata nei suoi valori fondamentali e nella sua stessa esistenza da altri popoli e da altre culture e religioni.
Si può affermare che il Trentino, singolarmente, risulti all'avanguardia in questi processi visto che con la Legge Salvaterra si intendono promuovere e sperimentare, in nome della "parificazione', forme ancora più smaccate di sostegno economico, politico ed ideologico alle scuole private, rispetto a quelle già operanti su scala nazionale.
Sul piano degli insegnamenti politici che è necessario trarre, è rilevante che in quest'operazione risulti protagonista il governo locale retto dal centro-sinistra che non a caso in gran parte mira al boicottaggio del referendum, in parte invita ad andare a votare ribadendo il proprio supporto alla Legge Salvaterra e, in parte ancora (DS), sceglie ipocritamente di non dare indicazioni di voto.

Coordinamento provinciale Slai-Cobas del Trentino

giovedì 27 settembre 2007

“Contratto unico”: No Grazie

A differenza di quanto sostiene il Governo lo stato dell’occupazione in Italia non appare, secondo un articolo di Tito Boeri, così roseo come si vorrebbe far credere. "...Infatti secondo le ultime indagini sulle forze lavoro se la disoccupazione continua a calare non è da iscriversi alle politiche governative ma soprattutto alla diminuzione delle persone in cerca di lavoro. Aumentano i "lavoratori scoraggiati", quelli che rinunciano a cercare lavoro, più che gli occupati ed il Mezzogiorno registra un vistoso calo del suo tasso di occupazione.
La quota di lavoratori temporanei sul totale del lavoro dipendente è ulteriormente aumentata nell’ultimo anno, portandosi al 13,4 per cento. Per le donne l’incremento è stato quasi di un punto e mezzo: oggi una donna occupata alle dipendenze su sei ha un contratto a tempo determinato. Molte altre donne gonfiano le fila del lavoro parasubordinato...".

Ora, se l’analisi sull’occupazione in Italia è condivisibile, la stessa cosa non si può dire della ricetta proposta (contratto unico) da Boeri, che sostanzialmente aumenta lo stato di precarietà non solo dei giovani ma di tutti i lavoratori che vengono licenziati o che semplicemente cambiano lavoro.
Per Boeri questa situazione dovrebbe essere affrontata con più determinazione rispetto a quella mostrati dall’attuale governo e da quello precedente e quindi rilancia la tesi del contratto unico per tutti i lavoratori. Un contratto dove viene reintrodotta la possibilità di licenziare e quindi far passare per la finestra l’abolizione delle tutele e delle garanzie previste dall’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.
L’esperienza dei paesi industrializzati dimostra che dove c’è lavoro non esiste la precarietà
e che la flessibilità non crea lavoro, ma genera precarietà in quanto produce solo una diluizione del lavoro: la stessa quantità di lavoro viene divisa tra più lavoratori con costi minori per le imprese.
Quindi ricercare ulteriori forme di flessibilità (o di selezione) dei lavoratori non porta lontano e fa il paio con quanti propongono di introdurre dazi per fronteggiare la concorrenza delle merci cinesi, senza comprendere che il terreno sul quale competere si chiama innovazione, ricerca, valorizzazione del lavoro, formazione e crescita professionale che senza la stabilità del posto di lavoro diventa impossibile.
Forzare la mano sulle forme nuove o vecchie di flessibilità del lavoro è una politica non solo miope ma che accetta che il sistema Italia competa non sul terreno dell’innovazione ma su quello della bassa tecnologia.
Opporsi alle nuove precarietà è condizione per cambiare l’attuale modello economico sociale, fondato sulla compressione del lavoro e sulle politiche assistenziali e delle grandi opere che rischiano di rimanere cattedrali nel deserto industriale del sistema Italia.

Ezio Casagranda - Filcams Cgil del Trentino
Trento, 27 settembre 2007

mercoledì 26 settembre 2007

CCNL Terziario - 8 ore di sciopero

Con un comunicato pieno di falsità, la Confcommercio ha rotto ieri pomeriggio, a Roma, la trattativa per il rinnovo del CCNL del Terziario, della Distribuzione e dei Servizi, scaduto il 31 dicembre 2006 e che interessa quasi 2 milioni di lavoratori.
Nella riunione del 13 settembre, dopo una decina di incontri in sede di Commissione Ristretta, Confcommercio ha affermato che la nostra piattaforma era troppo onerosa e che prevedeva un incremento del costo del lavoro del 9% e che senza “concrete contropartite” il negoziato non poteva andare avanti, che non era praticabile “una linea di confronto tradizionale” e che si rendeva necessario un incremento di produttività e un diverso concetto di flessibilità organizzativa.
Le Segreterie Nazionali, nel contestare queste affermazioni, hanno precisato che non esiste un rinnovo contrattuale a “costo zero” e hanno chiesto a Confcommercio di chiarire cosa intendessero per produttività, flessibilità e costi. Stiamo però ancora aspettando una risposta.
Nell’incontro di ieri Confcommercio, così come si era impegnata a fare, avrebbe dovuto illustrarci, punto per punto, i “costi economici”e illustrarci le loro idee in materia di produttività, flessibilità, ma, con un voltafaccia dell’ultima ora, contravvenendo ad ogni regola di trattativa e venendo meno anche ad un etica dei rapporti sindacali “si è data alla fuga”, mandando all’incontro una propria “delegazione tecnica” che si è limitata a leggere il comunicato poi dato alla stampa.
Prendiamo atto che Confcommercio ha paura del confronto di merito sui problemi, semplicemente perché non ha argomenti seri e quindi accusa le Organizzazioni Sindacali di “rigidità” e di “mancanza di flessibilità” che invece è tutta interna alla sua Delegazione Trattante.
Le segreterie nazionale di Filcams, Fisascat e Uiltucs, intendono dare una risposta adeguata ad un atteggiamento lesivo della dignità delle lavoratrici e dei lavoratori del Terziario, della Distribuzione e dei Servizi per ottenere un rinnovo contrattuale che recuperi il potere d’acquisto delle retribuzioni e che crei le condizioni per un futuro meno incerto per le giovani generazioni, per le donne e per gli uomini del nostro Paese.
Per questi motivi le Segreterie Nazionali dichiarano una giornata nazionale di sciopero (intero turno di lavoro) quale risposta all’arroganza di Confcommercio per SABATO 17 novembre (per chi lavora su sei giorni) e VENERDI’ 16 NOVEMBRE (per chi lavora sui cinque giorni). Ulteriori iniziative e modalità, saranno definite nella riunione nazionale della delegazione trattante previsto per l’ 8 ottobre a Roma.

Roma, 26 settembre 2007

LE SEGRETERIE NAZIONALI
FILCAMS-CGIL FISASCAT-CISL UILTuCS-UIL

Quale politica per i Migranti ?

Riceviamo e volentieri pubblichiamo una precisa analisi delle associazioni dei migranti riuniti a livello nazionale il 9 settembre scorso della quale ricaviamo alcune considerazioni su cui riflettere.
La Filcams Cgil del Trentino

La situazione attuale
Nella discussione abbiamo rilevato omogeneamente che dopo due anni di governo Prodi la condizione dei migranti non è migliorata, anzi peggiorata. Il governo stesso, con le sue iniziative in materia (la proposta di legge delega Amato-Ferrero) dimostra l’intenzione di lasciare inalterato il regime della Bossi-Fini. Qualora, i concetti vaghi espressi in quel testo dovessero trasformarsi un giorno in una legge dello Stato (e chissà quanto stravolti dalla stesura di delega), essi non contengono nulla che parla di quei diritti di cittadina che vogliamo finalmente conquistare. Si parla di quote, di meccanismi d’ingresso, di meccanismi per il rinnovo, di mantenimento della detenzione amministrativa dentro e fuori i confini (CPT, CDI o come volete chiamare i moderni lager), di reato di clandestinità. E soprattutto rimane principio intoccabile dello Stato quello del permesso legato al reddito, al contratto di lavoro, all’abitazione! A fianco a ciò il governo continua ad intensificare e sostenere le politiche repressive su tutti i livelli: ai confini, mantenendo in vita il decreto anti-terrorismo, i blitz e gli sgomberi di ambulanti, campi rom, le reclusioni indiscriminate nei moderni lager, il potenziamento delle strutture dei CPT con nuovi finanziamenti, appoggiando il “patto per la sicurezza” di Veltroni, ecc. E che dire delle centinaia di migliaia di migranti uomini e donne (forse più di un milione) ancora in attesa da mesi e mesi del rinnovo di questa o quella sanatoria, di questo o quel decreto flussi, truffati dalle
poste ed in attesa del nulla-osta?E che dire di quanti sono entrati in Italia dopo l’ultima sanatoria (era quella collegata alla Bossi-Fini del lontano dicembre 2001), nei confronti dei quali il governo afferma in maniera irremovibile che neppure una nuova sanatoria (capestro ovviamente) è disposto a decretare?Se all’operato del governo, delle istruzioni centrali e locali, includessimo anche le iniziative della destra e le campagne mediatiche (anti-immigrati, anti-islamici, anti-clandestini, anti-prostitute), l’elenco della situazione attuale sarebbe infinito.
………………
Per il futuro abbiamo ragionato sull’esigenza di lavorare secondo queste prospettive:
1) è necessario articolare e promuovere un percorso concreto ed indipendente per una nuova mobilitazione nazionale, con manifestazione a Roma, contro la legge Bossi-Fini e con le parole d’ordine del 3 dicembre 2005. Al tempo stesso confermando il nostro il nostro netto dissenso alla legge delega Amato-Ferrero. Ma non vogliamo fermarci qui.
2) Un’azione di lotta nazionale articolata su almeno un punto dei temi che drammaticamente stanno colpendo la vita centinaia di migliaia di cittadini e cittadine migranti: l’abrogazione della truffa dello Stato relativa alla convenzione con le Poste per le procedure di rinnovo e di richiesta dei nulla-osta. Abbiamo ragionato che vogliamo discutere sulla possibilità di promuovere insieme la sfida di uno sciopero del lavoro migrante, articolato, di tipo metropolitano. Siamo consapevoli delle difficoltà che una proposta del genere contiene, ma vogliamo discuterne, approfondire collettivamente questa proposta ed il suo significato e lavorare concretamente alle sue modalità possibili.
ELENCO DELLE REALTÀ CHE HANNO PARTECIPATO ALLA RIUNIONEComitato Immigrati in Italia, Coordinamento migranti Bologna, Sinistra Critica Roma, RdbCUB, Red Link Roma, SdL intercategoriale, Horus Occupato, Assemblea migranti Snia Roma, Ex Canapificio Caserta, Action Roma, Collettivi Universitari La sapienza Roma, Ass. Sri Lankesi in Italia, Collettivo No Border Napoli, Attac, USI-AIT, F.A.I., Ass. Yakaar, Movimento di lotta Casa e Coordinamento Immigrati in Italia Firenze, Ass. ne Via Libera, Andrès Barneto.

martedì 25 settembre 2007

E la chiamano normalità

La vicenda Grillo ancora è al centro di polemiche. Panico fra i clienti della banca inglese Northern Rock in coda per ritirare i depositi dall'istituto a rischio fallimento, sempre per i mutui americani. Il presidende della Cei parla di "deriva aborto". L'Iran protesta per le dichiarazioni del ministro francese Kouchner sulla guerra.
Nuovi aumenti ai parlamentari: Bertinotti li blocca, Marini dice che ci vorrebbe una legge.
Stop di Cofferati alla moschea di Bologna. La Polonia blocca la Giornata europea contro la pena di morte. Bombe israeliane a Beirut. Speciale-Visco: il magistrato archivia la pratica ma bacchetta il viceministro. Caos al Senato per le mozioni Rai: il governo non va in minoranza per una serie di coincidenze. Preannunciata una finanziaria di 17 milioni di euro senza aumenti di tasse (e con riduzioni dell'Ici)
da Megachip 25 settembre 2007

La precarietà non è un oprtional

Leggo sulla stampa locale la cronaca del Direttivo provinciale della categoria dei meccanici Cisl e sono stato colpito da due contraddizioni che dimostrano come, spesso, l’analisi rischia di essere superficiale e di convenienza:
La prima dice che il giudizio sull'accordo del 23 luglio è sostanzialmente positivo perché darebbe risposte ai turnisti; la seconda riguarda il dato, giudicato negativo, che il 40% delle assunzioni, in Trentino, avvengono con contratto interinale. Io aggiungo che ormai le assunzioni con contratti atipici sfiora l’80% delle nuove assunzioni.
Ora, con quale coerenza si può giudicare positivo un accordo che sui contratti a termine ed interinali stabilisce, in netto contrasto con la sentenza della Corte UE (Unione Europea) sulla direttiva 1999/70/CE, che la durata dei rapporti di lavoro interinali possono essere perpetui ed i contratti a termine, prorogati all’infinito con il beneplacito dei sindacati? Misteri del sindacalese.
Ma cosa dice la sentenza della Corte UE sulla direttiva CE. Questa sentenza dice che”… nell’ ipotesi che un lavoratore abbia due e più contratti a termine successivi con lo stesso datore di lavoro per la stessa attività trova applicazione la conversione del rapporto a tempo indeterminato..” In sostanza che i contratti a termini reiterati devono considerarsi a tempo indeterminato e quindi una sentenza che dava un grande contributo alla lotta contro la precarietà.
Ora, l’accordo di luglio fa piazza pulita di questa sentenza e riporta nuovamente i contratti a termine ed interinali nel baratro della precarietà a vita.
Forse, come dice la Fim qualche lavoratore turnista e qualche pensionato trarrà qualche beneficio da questo accordo, ma coerenza vorrebbe che si dicesse che questi benefici, come con l’accordo del 1995, viene fatto pagare duramente ai giovani (che a parole si vorrebbe tutelare) i quali dovranno sottostare al ricatto (quasi permanente) dei padroni i quali con sempre più baldanza, (spesso nel silenzio della sinistra) pretendono che i giovani lavorino per un tozzo di pane, senza diritti e senza dignità.
Vota No per difendere i tuoi diritti e quelli dei giovani.

Ezio Casagranda - Filcams Cgil del Trentino
Trento, 25 settembre 2007

domenica 23 settembre 2007

Documentario su CUBA

Roberto Di Fede
presenta la propria opera
Il film documentario su CUBA

TRENTO
Venerdì 28 settembre Ore 21.00 AUDITORIUM
Circoscrizione via Clarina, 2

Il documentario, frutto di oltre due anni di ricerca e studio di numerosissimi documenti della C.I.A., del Dipartimento di Stato e di Giustizia Usa, oggi non più segretati, racconta una storia negata, ma reale: quella delle migliaia di morti cubani causati dagli attentati terroristici organizzati e partiti dal sud della Florida, e dall’immissione di virus, come quello del Dengue emorragico, che causò la morte di 158 cubani di cui 101 bambini, ma anche la storia di Fabio Di Celmo, ragazzo genovese ucciso all’Avana il 4 settembre del 1997 da una scheggia di una bomba esplosa all’hotel Copacabana.

Il documentario, che verrà realizzato anche nell’edizione in inglese e spagnolo, include numerosissime testimonianze video, non solo delle vittime di quegli attentati, ma anche degli esecutori materiali e dei mandanti, tutti rei confessi, che oggi vivono liberamente a Miami. Tra questi Luis Posada Carriles, mandante dell’attentato che causò la morte di Fabio Di Celmo, e di altri numerosissimi atti terroristici contro Cuba, tra cui l’esplosione in pieno volo nel 1978 di un aereo civile cubano con 73 persone a bordo. Storie che non trovano spazio nei grandi mass media, come quella dei cinque cubani detenuti nelle carceri statunitensi dal settembre del 1998, per aver scoperto e svelato i nomi dei terroristi di Miami; la vicenda del loro processo che, nonostante nel 2005, sia stato annullato dalla Corte di Appello di Atlanta e condannato dal Gruppo di Lavoro dell’Onu sulla detenzione arbitraria, li vede ancora tutti e cinque detenuti oltre ogni limite previsto dalle norme sulla carcerazione preventiva
Alla fine della proiezione del film-documentario, seguirà un incontro dibattito con l’autore.



ROBERTO DI FEDE (Milano, 1954) lavora presso la Rai ed è attivista sindacale. È autore di ricerche e articoli sul tema dei media e della legislazione radiotelevisiva

venerdì 21 settembre 2007

Whirlpool Trento - La lotta paga.

La provincia acquista il capannone Whirlpool a Trento.
La notizia è arrivata questa mattina all’incontro previsto con al Direzione aziendale ed è un primo importante risultato della lotta dei lavoratori. Con le mobilitazioni di questi giorni, forti, decise ed unitarie, i lavoratori hanno mandato precisi segnali alla Direzione ed alla PAT, dicendo chiaramente che non erano disposti a farsi infinocchiare da una discussione sui livelli di “responsabilità” della provincia o della Whirlpool ma che rivendicavano impegni precisi e concreti per radicare l’attività produttiva della Whirlpool, in quel di Trento.
La lotta ha dato i suoi primi risultati e di questo va dato merito alla tenacia dei lavoratori che ed alla loro perseveranza; nemmeno le catastrofiche previsioni del dott. Cerea, che vedeva la chiusura dello stabilimento dietro l’angolo, li ha scoraggiati.
Questa è quindi una importante vittoria anche nei confronti di quanti già vedevano centri commerciali e interporti vari teorizzando, quindi, il declino della centralità industriale sul nostro territorio.
Adesso bisogna continuare l'iniziativa per arrivare ad un accordo quadro con Whirlpool, dove vengano messi nero su bianco i contenuti del nuovo piano industriale. Piano che deve riguardare: la quantità di investimenti complessivi, le piattaforme produttive sulle quali investire per rilanciare l’azienda, gli interventi sul processo produttivo, sui prodotti, sul mercato di alta gamma e quindi individuare le necessarie politiche finalizzate a radicare sul territorio la realtà Whirlpool di Trento.
Sul versante della Provincia va sollecitato un nuovo piano provinciale dell’industria che sappia essere all’altezza delle nuove sfide produttive e quindi eviti che alle prime difficoltà di qualche impresa, si ricorra alla solita ricetta della riduzione del costo del lavoro inteso come riduzione dei diritti dei lavoratori.
Questa vicenda insegna che se vengono fatte politiche industriali intelligenti, il nostro territorio ha le necessarie competenze tecnico - professionali per competere a livello globale senza per questo schiacciare e comprimere i diritti di quanti lavorano.
Per questo ritengo che gli impegni emersi dall’incontro di oggi siano importanti; una grande boccata di ossigeno per i lavoratori. Ora però bisogna continuare la trattativa, da sostenere con i necessari momenti di lotta, affinché gli impegni presi dalla Direzione Whirlpool si concretizzino. Poiché, ritengo sarebbe un grosso sbaglio farsi cullare da questo importante risultato pensando che il peggio sia passato.

Monica Postal - Trento 21 settembre 2007

Protocollo welfare: NO GRAZIE

Siamo delegate e delegati RSA/Rsu del Trentino iscritti/e alla Cgil e appartenenti a diverse categorie. Ci accomuna il giudizio negativo sull’accordo del 23 luglio 2007 firmato da Cgil, Cisl, Uil sia nel metodo che nel merito.
Sul metodo consideriamo un precedente pericoloso il non avere coinvolto le lavoratrici e i lavoratori nella discussione su una vera piattaforma rivendicativa da presentare al governo e il fatto di non averla validata con un loro voto. Questo apre per la prima volta nella nostra organizzazione sindacale una crisi profonda di partecipazione e di democrazia e nel rapporto con le lavoratrici e i lavoratori.
Nel merito giudichiamo l’accordo negativo per le lavoratrici, i lavoratori, i pensionati, i giovani e i precari. Le poche luci (aumento delle pensioni più basse e del sussidio di disoccupazione) a vantaggio di alcuni pensionati e di una parte dei disoccupati, vengono pagate integralmente da tutti gli altri lavoratori/trici e pensionati/e con l’aumento delle tasse e dei contributi e con il peggioramento dei diritti.
Sulle pensioni si passa dalla scalone Maroni agli scalini portando l’età pensionabile a 62 anni, con 35 di contributi o a 61 con 36, a partire dal 2013. Sui lavori usuranti l’accordo si rivela una beffa: non più di 5.000 lavoratori/trici all’anno saranno inizialmente esentati dallo scalone, ma poi dovranno andare in pensione con almeno 58 anni d’età e 36 di contributi.
Sui coefficienti si peggiora la stessa riforma Dini tagliandoli, a partire dal 2010, del 6-8%. Da allora ogni tre anni verranno rivisti automaticamente al ribasso, con una scala mobile al rovescio. La commissione tra le parti potrà solo, entro il 2008, decidere le esenzioni. Il limite del 60% per le pensioni più basse dei precari è solo un’ipotesi di studio. A partire dal 2011, se non saranno fatti risparmi a sufficienza con la ristrutturazione degli enti previdenziali, aumenteranno ancora i contributi sulla busta paga dei dipendenti e per i parasubordinati. Vengono aumentate le pensioni più basse e l’indennità di disoccupazione, utilizzando i soldi del “tesoretto”, cioè le tasse in più pagate in primo luogo dai lavoratori/trici, che ammontano a oltre 10 miliardi di euro. Di questi solo un miliardo e mezzo tornano a una parte dei pensionati e dei disoccupati.
Sulla contrattazione la scandalosa eliminazione della sovracontribuzione per il lavoro straordinario costituisce un grave incentivo all’aumento dell’orario di lavoro con un danno all’occupazione e al bilancio dell’Inps; mentre la detassazione del salario aziendale totalmente variabile indebolisce fortemente la contrattazione collettiva e, in particolare, il contratto nazionale.
In tema di mercato del lavoro viene confermata la Legge 30 e con essa tutta la legislazione che in questi anni ha precarizzato il mercato del lavoro. I contratti a termine potranno durare anche oltre 36 mesi, senza alcun limite, con procedure conciliative fatte presso gli uffici del lavoro con l’assistenza dei sindacati. Nella sostanza i lavoratori potranno subire all’infinito il succedersi dei vari contratti precari.
Per queste ragioni invitiamo tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori a votare NO nella consultazione.

I delegati sindacali autoconvocati del Trentino

NO TAV - NO TIR

Il tunnel del Brennero (55 km di galleria tra Innsbruck e Fortezza) fa parte del progetto di una linea ad Alta Velocità/Alta Capacità tra Monaco e Verona. Nonostante questo progetto riguardi direttamente il Trentino – con effetti devastanti – su di esso vige il più completo silenzio mediatico e istituzionale. Perché? Il “modello TAV” rappresenta uno dei più grandi scandali finanziari nella storia di questo paese. In meno di quindici anni, le linee ad Alta Velocità/Alta Capacità hanno già provocato qualcosa come 90 miliardi di euro di debito pubblico. Enorme arricchimento per gli industriali del cemento e del tondino e per i politici, il TAV ha portato a tutti gli altri danni ambientali, sociali ed economici. Per questo non esiste alcun dibattito pubblico sulla sua utilità. Ma dal Sud Tirolo al Trentino, sempre più persone sono contrarie al TAV per ragioni:
SOCIALI: Le linee ad Alta Velocità contribuiscono a rendere le vallate e le montagne dei semplici corridoi per le merci, sempre più spopolate e uniformi, oppure abitate da pendolari che per lavorare e fare la spesa sono costretti a spostarsi – in auto – nei grandi centri. Aumentando la circolazione forsennata delle merci (bere a Bolzano l’acqua imbottigliata a Monaco e viceversa: meraviglia del progresso!), riduce l’autonomia delle piccole comunità e la varietà dei suoi prodotti.
AMBIENTALI: Il tunnel-TAV del Brennero prevede lavori per almeno vent’anni, i quali causerebbero danni irreversibili alle fonti d’acqua, consumerebbero terreno agricolo, creerebbero enormi cantieri, discariche, viadotti, provocherebbero un grande traffico di camion, un aumento drastico di emissioni nocive e un’enorme quantità di polvere. Secondo un’analisi effettuata dall’Università di Siena sull’insieme dei costi ambientali (petrolio necessario per produrre l’acciaio dei binari, gas tossici emessi dai lavori di costruzione, ecc.) una linea TAV è più inquinante di un’autostrada. Il trasferimento delle merci da gomma a rotaia è dunque conveniente solo se si utilizza, con opportuni interventi, la linea attuale. ENERGETICHE: Proprio mentre si avvicina il “picco del petrolio”, il tunnel-TAV divorerebbe enormi quantità di energia, sottratte così ad altre necessità; consumerebbe, una volta finito, il triplo di una linea normale e soprattutto rischierebbe – a causa dei cambiamenti sul trasporto causati dalla “fine” del petrolio – di essere perfettamente inutile una volta ultimato. ECONOMICHE: Essendo basato su di un modello dappertutto in deficit, il tunnel-TAV indebiterebbe, con i suoi costi complessivi di almeno 20 miliardi di euro, le future generazioni per 25/30 anni. Arricchendo solo i costruttori e i loro protettori politici, esso sottrarrebbe fondi ad attività ben più necessarie, come quella di trasferire fin da ora le merci da camion a rotaia. DI POLITICA DEI TRASPORTI: Oggi quasi un terzo delle merci che circolano attraverso il Brennero imbocca quel tragitto perché i pedaggi sono convenienti (il costo al km in Italia è circa un sesto rispetto all’Austria e alla Svizzera) e non per necessità. La situazione sarebbe subito diversa con opportuni interventi sulle tariffe. Invece, a fronte di una linea ferroviaria utilizzata circa al 30%, se ne vuole costruire un’altra i cui costi renderebbero ancora più concorrenziale l’autostrada. Oltre tutto tra vent’anni mancherebbero ancora le adeguate strutture logistiche per l’interscambio strada/ferrovia, che la costruzione del tunnel ritarderebbe. Secondo la società svizzera Progtrans, a cui la BBT aveva affidato uno studio in merito, a tunnel costruito si risparmierebbero… 33 tir al giorno! D’altronde, se l’opera diminuisse davvero il traffico autostradale perché sarebbe finanziata dall’Autobrennero spa? Si è mai vista un’impresa che finanzia la propria crisi? SPAZIO APERTO NO INCENERITORE NO TAV (Trento) 21 SETTEMBRE

Privato il profitto, pubbliche le perdite

«Il Sole 24 Ore» del 18 settembre 2007 titolaba in prima pagina «Northern, interviene lo Stato» (e Stato è pure con la S maiuscola) è un inatteso riconoscimento a noi vetero sostenitori dell'intervento nell'economia.
Certo, nel caso della Northern lo stato interviene come salvatore, nel rispetto della vecchia massima, cara anche ai liberisti, della «socializzazione delle perdite». Tuttavia è pur sempre un gradito riconoscimento, l'ammissione che il mercato non è sempre il provvidenziale padreterno dell'economia, il supremo regolatore, il protagonista del progresso e del benessere universale.
Detto tutto questo - un po' polemico e anche fatuo - viene da chiedersi perché il quotidiano della Confindustria, ottimamente diretto da Ferruccio De Bortoli, non apra nell'attuale fase di crisi globale dell'economia una discussione aperta e spregiudicata sui limiti del mercato e sulla utilità del tanto disprezzato (quando tutto va bene) intervento pubblico. Un intervento pubblico che non può essere solo di emergenza e che nell'attuale fase di globalizzazione dell'economia non può essere più affidato soltanto allo stato nazionale per due ovvie ragioni: innanzitutto la riduzione dei poteri effettivi degli stati nazionali e delle singole banche centrali. In secondo luogo perché siamo in piena globalizzazione e così accade che le insolvenze degli acquirenti di immobili negli Usa provochino allarmi e disastri anche in Europa.
Sarebbe un buon segno se «Il Sole 24 Ore» aprisse una seria discussione su stato e mercato in questa fase di crisi seria dell'economia. Non gli mancano le pagine e i collaboratori competenti. Altrimenti? Altrimenti dovremmo considerare il grande titolo di ieri come la proverbiale «voce dal sen fuggita». Ma potrà mai quel giornale, che adesso vuole lanciare la moda del liberismo di sinistra, dare ascolto al manifesto?

Valentino Parlato - Il manifesto

giovedì 20 settembre 2007

A proposito di : Coerenza e Pensioni

“L’aumento dell’età pensionabile scivola sulla buccia di banana dei prepensionamenti dei pubblici.Sono inutili le ipocrisie dell’ultima ora. Il ministro della Funzione pubblica, annunciando i prepensionamenti per i dipendenti pubblici, ha semplicemente seguito i comportamenti delle principali imprese private, a partire dalla Fiat e da tutte le grandi aziende industriali. Il ministro Nicolais ha infatti detto che è molto difficile riconvertire o formare lavoratori che hanno un’età superiore a 55-60 anni. E’ molto meglio prepensionarli. E’ esattamente quello che avviene in tutti i principali posti di lavoro, dove dopo i 50 anni il lavoratore viene considerato vecchio. In questo modo l’aumento dell’età pensionabile fino a 62 anni, deciso dal governo Berlusconi e confermato dal governo Prodi, produrrà nuove ingiustizie sociali. Ci saranno sempre più lavoratrici e lavoratori che sono troppo vecchi per lavorare e troppo giovani per andare in pensione. Accanto al precariato giovanile si creerà un precariato di mezza età. Dopo di che per alcuni ci saranno i prepensionamenti e per altri niente. E’ possibile che il governo, di fronte all’evidente contraddizione tra prepensionamenti e innalzamento dell’età pensionabile, decida di rinviare la decisione a dopo il referendum sindacale. Ma i prepensionamenti si faranno.”“E per questo, di fronte a questa nuova palese dimostrazione dell’assurdità e dell’iniquità dell’innalzamento dell’età pensionabile, un bel no dei lavoratori al protocollo ristabilisce la verità contro tutte le ipocrisie.”
Giorgio Cremaschi

Roma, 19 settembre 2007

mercoledì 19 settembre 2007

ART. 18 - A volte ritornano

Siamo alle solite, il centro sinistra sembra voglia applicare il detto popolare “l’appetito viene mangiando” in materia di attacco ai diritti dei lavoratori. Infatti, dalle notizie apparse sulla stampa, sembra profilarsi un nuovo attacco all’articolo 18 dello statuto dei lavoratori da parte del ministro Treu e di Veltroni. Come leggere diversamente la proposta di una moratoria di tre anni dell’articolo 18 per quelle aziende che assumo a tempo indeterminato. Questa proposta, che ricalca con qualche diversa sfumatura, la proposta contenuta nel patto per l’Italia di berlusconiana memoria, dovrebbe far riflettere qualche sindacalista sul fatto che siamo davanti ad una scelta di campo (smantellamento progressivo dei diritti) precisa ed inequivocabile di una parte consistente del Governo. Infatti, dopo l’accordo sul welfare del 23 luglio 07, che peggiora le pensioni, certifica la precarizzazione e per alcuni versi a vita del lavoro, accettazione delle norme contenute nella legge trenta che, accompagnata dalla decontribuzione dello straordinario e della contrattazione di secondo livello, precarizza anche il Contratto nazionale, ancora prima del voto dei lavoratori. Naturalmente, sosterranno che questo è una scelta per ridurre il ricorso ai contratti a termine e la precarietà. Una versione che Gianni Letta ha già sostenuto ieri a ballarò dicendo che la decontribuzione dello straordinario e della contrattazione aziendale è una riduzione delle tasse per aziende e lavoratori.Per questo, il voto negativo all’accordo del 23 luglio 2007 è anche un NO a quanti pensano che alla centralità dell’impresa (o meglio degli interessi della casta padronale di Montezemolo) tutto va scarificato ed oggi compito del centro sinistra sembra essere, non quello di dare applicazione al programma elettorale, ma di essere supino a Confindustria.Contro la precarizzazione e per il rilancio della lotta alla precarietà votiamo NO all’accordo sul Werlfare a partecipiamo in tanti alla manifestazione del 20 ottobre a Roma.

Ezio Casagranda Filcams Cgil del Trentino

Trento 19 settembre ’07

martedì 18 settembre 2007

Il comandante Che Guevara


40° anniversario dell'uccisione del comandante Che Guevara

Il 2007 è il 40° anniversario dell'assassinio del comandante Ernesto Che Guevara, vogliamo ricordarlo, pur nella sinteticità esprimendo l'amarezza e il dolore per la perdita, realizzata da ignobili sicari al soldo dell'imperialismo, di un uomo talmente grande, che diventato medico volle dedicare la sua professionalità ai poveri, ma in quest'ottica le vicissitudini lo portarono a diventare un guerrigliero, erede delle lotte di Bolivar, Sandino, Martí. Fu definito l'eroe della Seconda Indipendenza dell'America Latina, infatti fu l'ideale continuatore di quella prima lotta per l'Indipendenza del continente latino americano contro il colonialismo, l'oppressore che aveva distrutto civiltà e popoli interi, deportati milioni di schiavi per aumentare lo sfruttamento di quel continente, inventato confini per dividere i popoli e spartirsi meglio il bottino. Nella nostra epoca è l'imperialismo che mantiene i popoli latino americani nel sottosviluppo, che li depreda delle loro risorse, che costringe i bambini alla fame e alla violenza. Che Guevara ha combattuto contro queste vergognose ingiustizie nell'unico modo possibile, da comunista, partendo dalla convinzione nell'amore e nella collaborazione fra le persone e i popoli quale primo elemento indispensabile per costruire una nuova società, alla quale affiancava l'altrettanto indispensabile scientificità del materialismo dialettico, coerente con ciò che pensava fino all'ultimo momento, un esempio concreto di ciò che deve essere l'uomo nuovo: un uomo con un umanesimo marxista-leninista. Ci rammarichiamo della sua perdita e del grande contributo ideale che ancora poteva elaborare e trasmetterci, ci rammarichiamo che la sua figura sia molte volte stravolta e utilizzata impropriamente da questa società che prima lo ha ucciso e ora lo banalizza o lo mitizza secondo canoni di convenienza politica, o lo utilizza come un oggetto fonte di utilità economica. Per una società dove tutto viene mercificato e banalizzato anche una persona grande come il Che può essere manipolata ma mai analizzata, studiata e restituita ai popoli per ciò che era: un gigante che ha dato speranza al futuro dell'umanità.
I bambini cubani dicono: vogliamo essere come il Che! Mi auguro sinceramente (anche se mi è difficile crederlo) che questo si estenda ai bambini di tutto il mondo come augurio di un cambiamento che ci porti dalla società del denaro, dell'ingiustizia, della competizione a una superiore, di giustizia, di collaborazione e dove finalmente... ci si possa beffare del denaro come faceva il Che.

HASTA LA VICTORIA SIEMPRE!!!

Roland Caramelle - Dino D’Onofrio - Ezio Casagranda

lunedì 17 settembre 2007

Una pianta per per la PACE

Ho partecipato anch’io, sabato 15 settembre ’07 alla manifestazione a Vicenza per l’inaugurazione del “parco NO da Molin” con la messa a terra di oltre 150 piante dentro l’aeroporto dal Molin di Vicenza. Una straordinaria manifestazione, colorata e densa di discussioni ma fortemente convinta che la battaglia per non trasformare Vicenza in una base militare non è ancora persa. Parlando con le persone, anche se stanche del “tour de force” dell’ultima settimana assieme a qualche ammissione di stanchezza emergeva la volontà di continuare questa battaglia per la pace e contro la guerra che ogni giorno che passa diventa sempre più la battaglia di ognuno di noi e non solo della popolazione di Vicenza.
Il No alla guerra è un sentimento forte e radicato nelle migliaia di persone che hanno partecipata alla manifestazione di sabato e che richiama le forze sociali ( Cgil e sinistra in particolare) ad assumere una posizione chiara contro la guerra, per la pace, la libertà e contro le servitù militari. In un clima di guerra permanente i costi saranno scaricati sulla pelle dei lavoratori e dei cittadini sradicando diritti, tradizioni e territori interi. Nessuno sviluppo economico è possibile se il motore continua ad essere l’economia di guerra.
La netta e progressiva diminuzione dei salari a ridotto le possibilità di consumo (nonostante il ricorso al credito abbia in parte supplito a questo deficit) ingenerando malcontento nei lavoratori e nei cittadini, mentre lo spettro della recessione appare sempre più tangibile in quanto non esiste nessuna volontà di mettere in discussione questo modello di sviluppo che abbisogna della guerra e del riarmo permanente per sopravvivere. Mentre la gente chiede di investire le risorse oggi destinate alla guerra a politiche economiche e sociali nuove, la politica, i media, gli economisti e gli esperti propongono come “medicina” per questo stato di cose la stessa ricetta che ha contribuito ad ingenerare la malattia. Investimenti miliardari nel riarmo e nelle infrastrutture (TAV e maga infrastrutture) senza curarsi dei livelli preoccupanti raggiunti dall’inquinamento, degli effetti devastanti prodotti dai mutamenti climatici e la prospettiva imminente dell’esaurimento dei combustibili fossili.
Ecco, io credo che la manifestazione di sabato è un piccolo, ma importante, granello di sabbia immesso nel motore di questa macchina insaziabile che è la politica di guerra e le politiche fondate sulla crescita infinita.
Forse su questo la sinistra dovrebbe avere qualcosa da dire o meglio da fare.

Ezio Casagranda - Filcams Cgil del Trentino
Trento, 17 settembre ’07

La lotta dei lavoratori Whirlpool

La vicenda della Whirlpool sta animando sulla stampa locale, da parte di giornalisti, sindacalisti, operai e politici, una discussione che vede spunti interessanti di analisi ma anche con prese di posizioni discutibili sulle quali vorrei fare alcune riflessioni.
Innanzitutto sono d’accordo con quanti sostengono che appare risibile l’affermazione della Giunta quando sostiene che è stata colta di sorpresa. Su questo, altri hanno ben argomentato e quindi mi preme richiamare l’attenzione sul fatto che i segnali di una simile operazione erano nell’aria, basti vedere la vendita del terreno adiacente, la ferrovia, e i pochi investimenti previsti per Trento a differenza di Cassinetta. Segnali che, sia la Provincia sia il sindacato, non hanno voluto cogliere nella loro essenza. Come delegata ho denunciato ai vari livelli questa mia preoccupazione ma molti, dentro il coordinamento e la RSU, mi hanno rimproverato di essere catastrofista. Oggi, purtroppo, la scelta della Whirlpool ci richiama tutti alla cruda realtà e a farci carico del futuro dello stabilimento scontando un grave ritardo. Oggi non dobbiamo ripetere lo stesso errore e farci coinvolgere in una discussione che riguardi solo le responsabilità, ma rivendicare scelte precise e coerenti da parte di tutti i soggetti interessati....... Continua ...

Vai sul sito http://delegatifilcams.blogspot.com/search/label/Articoli%20dei%20Delegati per la lettura integrale dell'articolo.

Monica Postal - delegata Fiom RSU Whirlpool - Trento, 17 settembre 2007

domenica 16 settembre 2007

Solidali con la FIOM

La Fiom e i metalmeccanici hanno sempre rappresentato e ancor più rappresentano - in questi ultimi anni segnati da un duro attacco contro i salari, i diritti e lo stato sociale - un punto di riferimento solido e certo per gli interessi operai, per l'intera classe lavoratrice e per l'ormai vasto mondo della precarizzazione. Il loro impegno, non solo sul versante sociale ma anche sui versanti della lotta contro la guerra e in difesa della democrazia, sono stati determinanti nel creare un argine all'attacco liberista. Oggi, di fronte al «no» relativo all'accordo governo-sindacati su pensioni e welfare - un «no» che riapre una positiva dialettica a favore dei giovani, dei lavoratori e dei pensionati - si è scatenata, contro la Fiom, un'ingiusta e pericolosa critica, proveniente da settori governativi e da settori delle forze sindacali. In questo contesto riteniamo necessario esprimere la massima solidarietà alla Fiom e ai metalmeccanici. Primi firmatari: Alex Zanotelli, Mosaico di Pace; Fosco Giannini, senatore Prc-Se; Luciano Gallino, docente univ.; Marco Rizzo, eurodeputato PdCI; Riccardo Bellofiore, economista; Gianni Minà, giornalista; Paolo Rossi, attore; Sabina Guzzanti, attrice; Marco Revelli, docente univ.; Salvatore Cannavò, deputato Prc-Se; Gianluigi Pegolo, deputato Prc-Se; Carla Casalini, il Manifesto; Emiliano Brancaccio, economista; Vittorio Agnoletto, eurodeputato; Cristiano Lucarelli, calciatore; Haidi Gaggio Giuliani, senatrice Prc-Se; Luiz Del Roio, senatore Prc-Se; Alessandro Dal Lago, docente univ.; Franca Rame, senatrice; Dario Fo, premio Nobel; Sergio Cesaratto, economista; Mauro Bulgarelli, senatore PdCI-Verdi; Franco Turigliatto, senatore; Domenico Losurdo, filosofo; Giulietto Chiesa, eurodeputato; Gianni Vattimo, filosofo; Dino Tibaldi, senatore, PdCI-Verdi; Leonardo Masella, capogruppo Prc-Se Emilia; Massimo Raffaeli, critico letterario; Francesco Caruso, deputato Prc-Se; Vauro Senesi, vignettista; Marino Severini, musicista , "La Gang"; Gigi Livio, docente univ.; Nella Ginatempo, movimento per la pace; Andrea Catone, docente univ.; Fernando Rossi, senatore; Pietro Barcellona, docente univ.; Maria Rosa Calderoni, giornalista di Liberazione; Alessandra Riccio, condirettrice di LatinoAmerica; Gennaro Carotenuto, docente universitario; Gigi Malabarba, Sinistra Critica; Don Vitaliano Della Sala, movimento dei movimenti; Stefano Tassinari, scrittore; Andrea Mingardi, cantautore; Angelo Baracca, fisico.
La filcams cgil del trentino si associa alla solidarietà con la Fiom in quanto condivide il giudizio negativo sull'accordo del 23 lulgio 2007 sul welfare e sulle pensioni.

venerdì 14 settembre 2007

Alberi al DAL MOLIN

Si svolgerà domani l’ultima giornata di mobilitazione contro la costruzione della nuova base Usa a Vicenza; il corteo partirà alle 9.30 dall’area del festival No Dal Molin e si dirigerà verso l’aeroporto Dal Molin, dove si congiungerà con la manifestazione regionale degli studenti. Obiettivo dell’iniziativa è quello di entrare nell’area destinata al progetto di militarizzazione per piantare decine di alberi.«Costruiamo il nuovo parco pubblico al Dal Molin»: questo è lo slogan con il quale il Presidio Permanente ha convocato la manifestazione. Un parco al posto di un avamposto militare, per fare dell’aeroporto un’area a disposizione della cittadinanza e non un luogo di guerra.I vicentini che in questi giorni hanno attraversato il Festival No Dal Molin sono stati tantissimi; un movimento vivo e radicato, nonostante il si del Governo e l’atteggiamento provocatorio dell’Amministrazione comunale di Vicenza. La manifestazione di domani rappresenta il momento più importante della tre giorni di azioni costruita dall’Altrocomune, ovvero dalla comunità che si batte contro la costruzione della base. Una tre giorni caratterizzata dalla determinazione e dalla creatività, caratteristiche che da sempre accompagnano le iniziative di questo movimento.

Presidio Permanente, Vicenza, 14 settembre 2007

Recapito: 3477632037 (Marco Palma)

giovedì 13 settembre 2007

La FIOM, CHE CLASSE

La Fiom boccia l'accordo sulle pensioni e il protocollo sul mercato del lavoro. A grande maggioranza il comitato centrale del più grande sindacato industriale vota un documento che contraddice la firma della Cgil. Una scelta che peserà sulla consultazione sindacale di ottobre.
Una scelta che cerca di mantenere fermo l’obbiettivo della centralità del CCNL che stanno rinnovando e che il protocollo del 23 luglio 2007 lo ridimensiona attraverso un perverso meccanismo di sgravi fiscali che incentivano il lavoro straordinario, dunque l'allungamento dell'orario di lavoro, contrattazione di secondo livello.
Alla faccia dei giovani e dei precari in nome dei quali si pretende di ridurre diritti e certezze a chi ce li aveva, almeno in parte, ma che ormai da anni molti anche a sinistra ritengono superati. Una sinistra che chiama privilegi i diritti non ha futuro ed è destinata ad un ruolo subalterno alle prevaricazione padronali.
Una logica perversa che vuole appiattire al livello più basso diritti fondamentali a partire da diritto al lavoro sancito dalla nostra Costituzione me che molti vogliono cancellare nella sua applicazione materiale.
Dunque, cosa c'è di strano se di fronte a un accordo che per molte parti ricalca le scelte del governo Berlusconi sulla precarietà, il mercato del lavoro e le pensioni, il comitato centrale della Fiom ieri non l'ha approvato, con un voto che sfiora l'80% dei dirigenti? Strano, semmai, è che le confederazioni sindacali l'abbiano firmato - Guglielmo Epifani per presa d'atto nella parte relativa al welfare.
Sbagliano quanti sostengono che la scelta della Fiom è una scelta minoritaria ed isolata. Forse lo sarà dentro i gruppi dirigenti dei tre sindacati, ma non fra il sentire dei lavoratori e dei cittadini che ancora pensano che una politica sociali di sinistra è possibile.
Altrimenti perché, per approvare un accordo chiamano in campo la crisi di Governo? Perchè devono usare questa bugia come un pesante grimaldello per scardinare il libero pronunciamento dei lavoratori e delle lavoratrici?
Attendiamo dai sostenitori della bontà dell’accordo risposte convincenti alle due domande sopra richiamate.

Ezio Casagranda - Filcams Cgil del Trentino

Trento, 13 settembre 2007

mercoledì 12 settembre 2007

Narrare è resistere

In seguito alla “Conquista che non scoprì l’America”, come definì in un suo saggio l’incontro mancato tra il Vecchio ed il Nuovo Mondo lo scrittore uruguayano Eduardo Galeano, per il continente sudamericano ed i suoi popoli originari è cominciata una storia fatta di ambiguità e violenze, pagine oscure in cui le identità ed il diritto ad esistere sono stati sistematicamente negati da un solare meccanismo di sopraffazione ed imposizione dei canoni della normalità e della naturalità europea.A questi popoli è stata “offerta” una storia insopportabile nella quale essi semplicemente non avevano posto. La Conquista li ha sottomessi ad una storicità che ne negava l’esistenza, che ne metteva in discussione la condizione umana.Solo grazie alle lotte di un frate, San Bartolomè de las Casas, nel 1537 Papa Leone III riconosceva che anche gli indigeni erano “esseri umani”, ma questo avveniva solo per poter così giustificare la loro violenta evangelizzazione, perché anche a loro fosse concessa l’opportunità di accedere al Paradiso dei Cristiani. Anche questa fu, in definitiva, un’occasione mancata per riconoscere la specifica identità culturale di queste genti, riconducendo la loro diversità ai nostri codici culturali e ritagliando così per loro, con la misura però dei nostri costumi, la figura del Barbaro.
In America Latina tutta la Storia è una colossale bugia: si impose al popolo di sottomettersi al Re di Spagna in una lingua sconosciuta. Le leggi di quell’ordine appartenevano, per quei popoli, al mondo del mito; le costituzioni non sono state che scherzi amari, miti nel peggior significato della parola.
A questo processo di esclusione le popolazioni indigene reagirono praticamente da subito elaborando delle storie che all’invasione di un mondo incomprensibile, quello mitico dell’uomo europeo, contrapposero l’evasione in un mondo altrettanto anomalo ed insolito, quello dei miti che offrivano quantomeno all’immaginario collettivo una speranza di riscatto, di un risarcimento; un mondo che diveniva mitico per il solo fatto di concedere al suo interno la legittimità ad esistere per i modi, i ricordi, le tradizioni indigene.
Nel corso dei secoli è più volte cambiato l’atteggiamento verso questa attitudine “mitizzante” dei popoli indigeni, esaltandone il valore di resistenza in alcuni momenti, denunciandone le ricadute sedative sulla coscienza della propria condizione, in altri.
Ma si è comunque consolidata la consapevolezza, per questo continente, che la narrazione della propria storia è lo strumento privilegiato per la rielaborazione di quei meccanismi attraverso i quali è andata de-formandosi la propria identità storica e culturale, il campo principe in cui poter giocare la partita delle attribuzioni di responsabilità e quindi del riconoscimento dei ruoli nel gioco di specchi che ha portato alla costituzione della realtà sudamericana di oggi, attraverso le sue “relazioni” col mondo europeo prima e con quello più in generale capitalistico poi.
La letteratura è divenuta, in America Latina, il territorio in cui poter sovvertire la dinamiche storiche di creazione della verità, il mondo in cui far riemergere quei tratti e quelle culture estromesse dalla Storia scritta dai vincitori, offrendoci così uno sguardo su ciò che la storia ha cercato di cancellare.
per questo oggi gli scrittori di questi continenti affermano che "narrare è resistere".
Per queste ragioni l’Associazione El Puerto, presente a Bolzano nel Festival Multietnico dal 12 al 22 di Settembre, ha deciso di impiegare anche lo strumento letterario, quello composto di libri di narrativa e saggistica, nel suo percorso per la promozione e l’informazione della cultura e delle lotte indigene del Chaco, regione a nord dell’Argentina accomunata al resto del continente tanto nell’origine storica delle afflizioni del suo popolo autoctono tanto nell’urgenza di completare il cammino che porta al riconoscimento della sua storia ed all’autodeterminazione della dignità dei popoli che lo abitano.
Perciò l’Associazione El Puerto chiede la Vostra collaborazione per allestire un punto vendita di testi provenienti dal continente sudamericano, siano essi di genere narrativo o saggistico.
Ringraziandovi per la disponibilità, Vi invitiamo a farci visita presso il nostro stand.

Associazione El Puerto - Trento 12 settembre 2007

NO DAL MOLIN, Mobilitazione Europea

Si è svolta in mattinata l’assemblea nazionale della realtà aderenti al Patto di Mutuo Soccorso; un incontro acui hanno partecipato comitati provenienti da tutta Italia. L’assemblea ha avuto decine di interventi durante i quali sono state esposte le lotte locali dei cittadini per la difesa dei beni comuni, ma si è anche discusso delle prossime iniziative.Per quel che riguarda Vicenza, quel che emerge è che la mobilitazione per impedire la costruzione della nuova base Usa non si ferma, bensì si allarga con l’obiettivo di espandersi anche su scala europea. Sono tanti, infatti, i contatti nati in questi mesi con movimenti cechi, polacchi, olandesi ed inglesi che costruiscono partecipazione intorno al ripudio della guerra ed al rifiuto delle basi di guerra.E’ per questa ragione che il Presidio Permanente vicentino ha proposto alle altre realtà una tre giorni di mobilitazione europea da tenersi il prossimo dicembre. Un momento di confronto, di azione e di manifestazione; è intorno a queste tre caratteristiche, infatti, che verrà caratterizzata la mobilitazione di inizio inverno: confronto e discussione sulle politiche di militarizzazione del territorio e sulle forme di difesa dei beni comuni; azione diretta, per dimostrare la capacità di impedire i lavori di realizzazione del progetto Dal Molin che, verosimilmente, a dicembre saranno già iniziati; manifestazione, perché l’obiettivo è quello di dimostrare ancora una volta quando grande è il dissenso in merito alla costruzione della nuova base. I primi tre giorni di Festival hanno dimostrato quanto ampia è la rete di solidarietà tra i cittadini che si battono contro la costruzione della nuova base al Dal Molin: il Festival, infatti, nonostante le invettive di Hullweck e soci, è stato attraversato da migliaia di persone; l’assemblea nazionale del Patto ha sancito, ancora una volta, che la vicenda vicentina è irrimediabilmente nazionale e che tantissimi sono coloro che vogliono continuare a sostenere Vicenza nella sua mobilitazione. Il Governo Prodi è avvertito: se inizieranno i lavori per la realizzazione della nuova base, si troverà a fare i conti con mobilitazioni e blocchi in ogni parte d’Italia.
Presidio Permanente,
Vicenza, 9 settembre 2007

martedì 11 settembre 2007

Quale verità sull' 11-9-2001 ?

E’ stato terminato il film dal titolo "Zero-Inchiesta sull'11 settembre" (sito ufficiale www.zerofilm.it), e vede la partecipazione di Dario Fo, Moni Ovadia, Lella Costa, Gore Vidal e decine di esponenti del movimento per la verità sull'11 settembre da tutto il mondo e, aspetto non trascurabile, contiene novità assolute sul fronte dell'indagine.
L’uscita nelle sale è prevista per i primi di Novembre ma nel frattempo vi è la quasi ormai totale certezza che nella conferenza stampa di metà settembre, che presenterà la seconda edizione del Festival del Cinema di Roma, sarà ufficializzata la presenza alla prestigiosa manifestazione.
Inoltre, in sintonia e sinergia con il film, la scorsa settimana è uscito in libreria il volume curato da Giulietto Chiesa con la collaborazione di Roberto Vignoli: “ZERO - perché la versione ufficiale sull’11/9 è un falso” edito dalla PIEMME, che vede la partecipazione di molte firme prestigiose del giornalismo e della cultura mondiale. Film e libro hanno la stessa presentazione grafica e si integrano vicendevolmente. Sono i due primi segmenti di un'operazione multimediale, e verranno seguiti dalla produzione di un DVD, che conterrà il film e le "note a pié di pagina", cioè alcune ore di materiali che non è stato possibile utilizzare nel film ma che costituiscono un imponente corpo di dimostrazione dell'assunto principale.
La Filcams Cgil del Trentino

Perchè VOTARE SI sulla scuola

VOTA SI per difendere scuola e Costituzione
Sosteniamo e difendiamo l’istruzione ed i saperi, così come la sanità, l’acqua, la casa e il lavoro in quanto diritti universali e, allo stesso tempo, servizi fondamentali che uno Stato laico e democratico eroga, nel suo proprio interesse, al fine di garantire quei principi di equità e solidarietà stabiliti in primis dalla nostra Costituzione.
Servizi pubblici, appunto; dove per pubblico si intende ogni ufficio teso ad assicurare ai cittadini un’esistenza dignitosa, che non crea ma all’opposto rimuove le condizioni di privilegio, quindi gli ostacoli di natura economica, culturale e sociale alla effettiva realizzazione dell’uguaglianza “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
L’istruzione è pubblica nella sua essenza, nei fondamenti come nelle finalità. Non rincorre le logiche del mercato, perchè il suo obiettivo è offrire soluzioni educative imparziali, in considerazione e valorizzazione delle differenze, nell’interesse di tutta la collettività. Riteniamo perciò che abrogare la legge Salvaterra sia un’azione a difesa e tutela di un bene, il sapere, che in quanto patrimonio pubblico deve restare di competenza principale dello Stato.
Tra i soggetti erogatori di servizi formativi solo lo Stato è in grado di assicurare le condizioni per la parità di opportunità nell’accesso al mondo del lavoro, nonché la rispondenza dei metodi e dei contenuti formativi con l’obiettivo di vedere realizzata una cittadinanza consapevole e capace di civile convivenza nel rispetto delle inclinazioni e delle sensibilità plurali. La scuola pubblica non favorisce specifici interessi di natura privatistica o confessionale, ma si fa portatrice di tutte le aspirazioni, convinzioni o credenze presenti nella società, favorendone il confronto e la reciproca integrazione, promuovendo così l’arricchimento complessivo della società.
Per tutte queste ragioni riteniamo che nella scuola pubblica debbano essere investite maggiori risorse in quanto anche se abbandoniamo per un attimo i principi per volgere lo sguardo ai meri aspetti finanziari, non possiamo non riconoscere che il finanziamento pubblico alle scuole private è un lusso che il nostro paese non si può permettere in quanto lo Stato stanzia uno scarso 5% del Pil.
E data l’improbabilità che la moltiplicazione dei pani e dei pesci possa in futuro rientrare tra le abilità di stato, vogliamo ancora una volta richiamare l’attenzione al rispetto dell’art. 33 della Costituzione dove si stabilisce che “enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”.
Per la difesa della scuola pubblica e dei dettati costituzionali votiamo SI al referendum di domenica 30 settembre.
Ezio Casagranda

Zero: un libro sull'11/9/2001

Abbiamo ritenuto importante fornire un'indicazione su questo libro che smaschera le menzogne di stato sui tragici fatti dell'11 settembre 2002 alle torri gemelle.

"L'11 settembre ha cambiato la storia. Con quel tragico e spettacolare attentato, in cui hanno perso la vita circa tremila persone innocenti, gran parte delle certezze occidentali sono andate in frantumi. Ne è seguita un'offensiva che ha già prodotto due guerre e ha modificato non solo la geopolitica di intere aree del pianeta, ma tutti i rapporti di forza consolidati nei decenni precedenti. I responsabili dell'attacco sono stati additati al mondo con singolare rapidità, e un solo, presunto responsabile è stato giudicato da un regolare tribunale e condannato all'ergastolo. Ma un'analisi attenta evidenzia che la versione ufficiale non è solo lacunosa in decine di punti essenziali, ma in altre decine di punti dimostrabilmente falsa. È stato scritto autorevolmente che la verità sull'11 settembre non la saprà questa generazione. Noi non possiamo pretendere di sostituirci agli investigatori che hanno svolto la loro opera a partire dai dati primari raccolti sui luoghi. Ma i materiali che hanno prodotto rivelano falsità ed errori che possono essere dimostrati. Per questo abbiamo raccolto un'enorme mole di dati, fatti, analisi, immagini e li abbiamo posti sotto il vaglio rigoroso di verifiche che hanno coinvolto un gran numero di specialisti di provata competenza nei diversi campi dell'indagine. Per avvicinarci alla verità, siamo ripartiti da zero."


Giulietto Chiesa

lunedì 10 settembre 2007

Un Amato stupore

Il ministro degli interni s'è molto risentito delle reazioni alle sue proposte sull'ordine pubblico: «Perché tanta durezza?», invitando poi tutti a essere più «pacati». Strano argomentare. Non era stato forse lui a bollare di inutili «filosofie» (con scarsa considerazione della filosofia) tutte le obiezioni all'indicazione di «tolleranza zero» come ricetta per la sicurezza comune? Per poi spiegare che era l'unico modo per frenare «una montante reazione fascista». Come a indicare un modello Facta, quello che per affrontare il fascismo lo istituzionalizzò, aprendogli le porte di Roma. E' pacatezza questa?Che dire poi del metodo. E' vero che il quotidiano la Repubblica conta più della camera dei deputati, ma un ministro - soprattutto degli interni - qualche precauzione la dovrebbe pure avere, non dovrebbe parlare il linguaggio di guerra di un bandito Giuliano; o - almeno - non si dovrebbe stupire che le sue parole suscitino una certa apprensione: mica sono le dichiarazioni di uno di quegli accattoni che provoca in lui tante apprensioni.Ma, forse, tutto questo sparlare un senso ce l'ha. Da un lato crea un clima che offre la bolla ministeriale agli isitinti più bassi della società e trasforma le paure in un'emergenza: «Vedete - si dirà - il popolo lo vuole. La politica si deve adeguare». Salvo il fatto che è proprio la politica a fomentare affermando che non c'è altra soluzione del pugno di ferro. E dove non arriva la legge, arrivi il «popolo». Dall'altro lato ci sono le esigenze politiche in senso stretto, la battaglia in corso per definire gli equilibri interni al nascente Partito democratico che, come tutti i «partiti unici», vive di continui riassestamenti. Persino a prescindere dal merito. Così le critiche che preoccupano di più Giuliano Amato (e Domenici o Cofferati) sono quelle venute da Rosy Bindi (e da Cacciari), come le correzioni di tiro fatte ieri da Walter Veltroni. Il tutto, naturalmente, fatto sulla pelle dei destinatari di tanto dibattito: i poveracci senza più parola. Ma, alla fine, tutti noi con le nostre libertà sempre più.
Gabriele Polo - da IL MANIFESTO - 8 settembre 2007

ODG CD Cgil del Trentino

Il Protocollo su previdenza, lavoro e competitività del 23 luglio 2007, sottoscritto da Cisl e Uil, valutato positivamente a maggioranza dal Comitato Direttivo della nostra organizzazione e sottoscritto dalla Cgil con delle riserve, è il frutto di una complessa trattativa con un governo diviso al suo interno, unitamente al mancato coinvolgimento, pressione sulla trattativa e mobilitazione dei/delle lavoratori/lavoratrici e pensionati/pensionate.
Il risultato più importante ottenuto in questa trattativa riguarda le pensioni in essere perché per la prima volta il negoziato ha invertito la tendenza alla riduzione del potere d’acquisto, non solo per le pensioni sociali ma anche per quelle contributive basse, discostandosi da una logica meramente assistenziale.
Importante è il risultato dell’aumento delle finestre, quattro per le pensioni di anzianità, unitamente al mantenimento, a fronte delle pressioni esistenti, dell’elevazione del limite d’età per la pensione di vecchiaia per le donne.
Come anche importante in merito agli ammortizzatori sociali, l’aumento e l’estensione delle indennità di disoccupazione, unitamente al riconoscimento della contribuzione figurativa piena per la disoccupazione ordinaria. A fronte di tali risultati positivi dobbiamo però constatare che la trattativa ci consegna una serie di risultati insufficienti e anche negativi per come tra l’altro esplicitato nella lettera del Segretario generale Guglielmo Epifani al Presidente del Consiglio Romano Prodi.
Il fatto è che a scapito di un programma di redistribuzione della ricchezza a vantaggio dei ceti sociali da noi rappresentati il governo è sempre più condizionato dalle componenti moderate e dalla confindustria, le quali sull’altare della governabilità e del futuro della coalizione hanno imposto al governo Prodi il peggioramento della proposta di mediazione condivisa emblematicamente riassunta dalla frase di Prodi “lo scalone deve esser superato” e hanno di fatto sottoposto a ricatto le organizzazioni sindacali, in primis la CGIL, di divenire il soggetto responsabile della caduta del governo.
Il protocollo rappresenta tra l’altro una contraddizione con i contenuti della chiusura unitaria del congresso della CGIL, il quale assumeva il dato della precarietà come elemento da combattere cancellando la legge 30/2003, a riguardo delle pensioni sanciva la necessità di cambiare radicalmente la controriforma del centrodestra per giungere anche ad un trattamento pensionistico adeguato per i precari, per i quali i costi salariali e contributivi devono esser maggiori.
L’intera vicenda ripone la questione della salvaguardia della piena autonomia del sindacato rispetto al quadro politico.
Nel merito degli aspetti insufficienti o negativi del Protocollo si rileva: - Un risultato complessivamente negativo sul fronte della lotta al precariato con il sostanziale mantenimento dell’impianto della legge 30; - La reiterazione dei contratti a termine attraverso il principio ricattatorio e inibitorio dell’intervento sindacale proprio presso le direzioni provinciali del lavoro; - La previsione delle finestre, due! sia per gli uomini che per le donne, per le pensioni di vecchiaia; - L’insufficienza generale, sia numerica (i 5000 beneficiari annui) che concettuale (le tipologie e le articolazioni delle stesse) per i lavori usuranti; - La decontribuzione dello straordinario che oltre a garantire alle imprese un costo più basso, ridurrà le entrate agli istituti previdenziali. Complessivamente ragionando quindi, si ricava un quadro d’insieme negativo dove per l’ennesima volta è richiesto alle organizzazioni sindacali un atto di responsabilità sulle compatibilità, forse non tanto economiche (vista la ripresa dell’economia, le maggiori entrate, il “tesoretto”) quanto degli equilibri con i poteri forti che periodicamente richiamano la classe lavoratrice ad ulteriori sacrifici. Il Comitato Direttivo della Cgil del Trentino ritiene necessaria una traduzione in legge del Protocollo 23 luglio 2007, che riveda e modifichi gli aspetti insufficienti e negativi del protocollo stesso, in relazione e in conformità anche a quanto denunciato dal compagno Epifani nella lettera a Prodi.
Nel perseguire tale obiettivo un’espressione libera e democratica nel referendum di consultazione previsto tra i lavoratori e pensionati,che costruisca, unitamente alla pressione e alla mobilitazione della nostra organizzazione, le condizioni indispensabili per modificare le riserve e i contenuti negativi del Protocollo 23 luglio 2007.
Trento, 10 settembre 2007
Ha ricevuto 19 voti su 62 al comitato direttivo

Il contributo di una delagata

Care compagne e compagni del Comitato direttivo della Cgil, le mie considerazioni sul protocollo del 23 luglio scorso sono sostanzialmente negative. La via moderata scelta dalla Cgil, l’accettare questo accordo che altro non è che un peggioramento del patto per l’Italia sottoscritto da Cisl e Uil con il governo Berlusconi, non rispetta la scelta congressuale espressa dalle lavoratrici e dai lavoratori e di fatto umilia la Cgil! Di fronte ad un governo che perde di popolarità di giorno in giorno, la Cgil sembra paralizzata dalla sindrome del governo amico. Se ad ogni decisione da prendere ci si chiede “cadrà di conseguenza il governo Prodi?” la Cgil si paralizza. In questo modo si alimenta un senso di sfiducia, il senso diffuso che nulla si possa rivendicare, che nulla possa cambiare: un messaggio pericoloso e distruttivo.Questo accordo stabilisce che d’ora in avanti la solidarietà sociale si fa all’interno della stessa categoria: ecco che per coprire lo scalone Damiano, peggiore dello scalone Maroni, si aumenta la trattenuta contributiva sui lavoratori dipendenti. Si sta distruggendo l’idea di redistribuzione dei redditi dai ricchi ai poveri, il governo non ha effettuato nessun impegno finanziario per coprire lo scalone, ma semplicemente ha tolto ad alcuni lavoratori per dare qualcosina in più ad altri.Il contratto nazionale viene smantellato, a fronte di un avanzamento del contratto di secondo livello legato alla produttività. Cari lavoratori, se volete aumentare i vostri salari dovete lavorare di più! Ed ecco che qui si spiega la detassazione degli straordinari e del premio di produzione aziendale, che il nostro sindacato difficilmente riuscirà a spiegare ai lavoratori e alle lavoratrici.In questo accordo si esalta la legge 30, contro ogni mandato congressuale. Si indebolisce il contratto di lavoro nazionale, accettando di fatto le richieste di Confindustria. Di fatto si innalza l’età pensionabile, ad un limite che neanche il governo di destra aveva azzardato, si prendono in giro i lavoratori adibiti a lavori usuranti: solo 5000 all’anno potranno andare in pensione a 57 anni!Per non parlare della ridicolaggine del riscatto della laurea: può un lavoratore laureato ma precario, pensare di sostenere una spesa ulteriore quando non sa nemmeno come arrivare a fine mese?Se questo è l’accordo che la classe dirigente della Cgil ci propone, credo che dobbiamo valutare la possibilità di un nuovo Congresso, perché il mandato delle lavoratrici e dei lavoratori non è stato rispettato!

Nicoletta Soini Trento 10-9-07

domenica 9 settembre 2007

Welfare - Comitati per il NO

La democrazia sindacale esige che i lavoratori devono poter capire e poter giudicare l’operato del loro sindacato e quindi nelle assemblee devono trovare spazio anche le voci critiche a questo accordo. Non servono imbonitori.
· I contenuti dell’accordo sono negativi su aspetti importanti e strategici in quanto si è accettato il vincolo del costo zero dell'intera operazione. Dallo scalone alle finestre di anzianità fino ai coefficienti di trasformazione che sono pagati dalle giovani generazioni che si dice di voler tutelare.
· Mentre l'accordo sul mercato del lavoro è strategicamente negativo per il sindacato e per gli obbiettivi emersi dal XV congresso della Cgil. Sui Contratti a termine non è solo negativo il superamento dei 36 mesi, ma quello della cancellazione delle causali. La legge del 2001 sui contratti a termine che aboliva le causali non fu firmata dalla Cgil in quanto, l’assenza delle stesse, permette la reiterazione dei contratti a vita e nessunna forma di controllo sul loro utilizzo. In questi anni non sono emerse politiche tali da far venir meno quella scelta del 2001, che ricordo ha sancito il primo accordo separato a livello confederale. Inoltre non è previsto nessun vincolo sulla durata del lavoro interinale. Nei fatti con questo accordo si è accettato una struttura di precarietà che abbiamo sempre rifiutato.
· L'accordo interviene pesantemente anche sulla contrattazione essendo previsto che sarà il governo a definire le tipologie contrattuali della contrattazione di secondo livello, necessarie per accedere agli sgravi contributivi. Un accordo che pone le basi per una modifica sostanziale del ruolo del sindacato a partire dal CCNL. Questo significa lo spostamento di tutte le agevolazioni sulla contrattazione aziendale ed il conseguente indebolimento del CCNL.
E si potrebbe continuare nell’elenco degli aspetti negativi di questo accordo e dei tentativi di evitare un confronto di merito sui suoi contenuti. Per questo è necessario dare voce al dissenso costituendo dei veri e propri comitati per il NO all’accordo con il semplice obbiettivo da dare il massimo di informazione ai lavoratori.
In questo senso è importante la scelta di arrivare ad una autorganizzazione dei delegati aziendali per fine mese in modo da discutere le modalità dell’eventuale costruzione di questi comitati di delegati per il NO.
In questo senso la Filcams Cgil del Trentino sarà coerente con le scelte del proprio Comitato Direttivo ed agirà in questa consultazione con il solo limite derivante dallo Statuto della Cgil e quindi, oltre alla illustrazione dell’accordo, fornirà ai lavoratori motivi per cui noi abbiamo deciso di dare un giudizio negativo.

Ezio Casagranda – Segretario Filcams Cgil del Trentino
Trento, 9 settembre 2007

giovedì 6 settembre 2007

Tasse e salario

Forse è il caldo estivo ma in questo periodo pupulano le richiesta di riduzione delle tasse: La destra dice che le tasse, frutto anche delle politiche del precedente governo Berlusconi, sono troppo alte e quindi devono essere abassate; Montezemolo, minaccia di non pagare le imposte derivanti dall''unificazione delle aliquote sulle rendite finanziarie; Veltroni chiede che visto l'aumento delle entrate, non preventivato, ci sono le risorse per una riduzione della pressione fiscale.
Parlano di ridurre le tasse ma per ora ad essere tagliati sono solo i salari che continuano ad essere erosi dall'aumento dei prezzi dei generi di prima necessità, dall'aumento del costo dei servizi, dalle tariffe comunali, dalla scuola fino alla sanità.
A ben guardare, però, si può notare che una cosa accomuna queste polemiche estive: nessuno parla di ridurre le tasse sulle buste paga e restiture ai lavoratori il maltolto del Governo Berlusconi e quindi ripristinare la restituzione del fiscaldrag. Nessuno parla della necessità di individuae strumenti a tutela dei salari rispetto all'ingiustificato aumento dei prezzzi, visto che ormai i soli Contratti Nazionali non riescono più a tutelare il potere di acquisto delle retribuzioni dati i modesti aumenti previsti ed i ritardi (mediamente oltre 18 mesi) nel loro rinnovo.
Forse sarebbe opportuno: per la sinistra dare attuazione al programma sul versante del fisco e sulla difesa dei salari. Pensare di rincorrere la destra anche sul versante delle tasse non porta lontano; per il sindacato, invece sarebbe necessario avviare una seria riflessione sulla contrattazione. Visto l'attuale situazione dei contratti rinnovati e di quelli scaduti (ci sono oltre 8 milioni di lavoratori che hanno il contratto scaduto) sarebbe opportuno cambiare l'agenda della discussione. Abbandonare le alchimie partitiche o gli equilibrismi sulla tenuta del governo e ritornare a fare il nostro vecchio lavoro. Rinnovare i contratti in tempi decenti e con aumenti salariali che tutelino veramente il salario reale e migliorino le condizioni materiali di chi lavora.
Se anche con il governo di centrosinistra aumentano le forme di precariatà, diminuiscono le retribuzioni e le tutele sul lavoro e aumenta l'insicurezza sociale senza che da parte sindacale siano messe in atto le necessarie lotte di contrasto, significa che qualcosa non funziona. Forse, questa situazione richiede una seria riflessione su come dare risposte alle esigenze di chi lavora.
Non sembrano obbiettivi o richieste impossibili.

Ezio Casagranda Filcams Cgil del Trentino

Trento, 6 settembre 2007

martedì 4 settembre 2007

La democrazia dimezzata

Da quanto si legge oggi sulla stampa, dall'incontro dei Segretari nazionali di Cgil Cisl e Uil emerge che sull'accordo del 23 luglio 2007 non ci sarà referendum ma una "consultazione con voto certificato". Poco male, si potrebbe dire, l'importante è permettere ai lavoratori di votare, anche se al sottoscritto rimangono tutte le riserve del caso.
L'altra questione emersa e che, invece, risulta inaccettabile e che le assemblea siano tenute solo da sindacalisti favorevoli all'accordo. Una scelta che ci riporta indietro nel tempo, alle vecchie logiche centralistiche, che soffocano la dialettica sindacale e che si ritenevano superate. Una scelta, questa, che ritengo non solo sbagliata ma che segna un cambio di rotta rispetto al nostro congresso.
Infatti, quento deciso dalle Confederazioni ripropone la questione del come si pratica la democrazia nel rapporto con i lavoratori e lavoratrici e introduce una forzatura inaccettabile dello statuto della Cgil.
Infatti, non si capisce perché i lavoratori debbano decidere sentendo solo i decantatori di questo accordo e non chi si oppone in quanto ritiene questo accordo negativo per il futuro di giovani e anziani. E non si venga a dire che siccome devono decidere i lavoratori il loro giudizio non deve essere forzato da letture di parte. I lavoratori sono sufficientemente maturi per saper decidere rispetto alle due posizioni in campo.
Quello che sta avvenendo dentro la Cgil è preoccupante in quanto anche sulle modalità di consultazione dei lavoratori si accetta il diktat delle altre Confederazioni. Ma qualcuno può obbiettare che se non si accettava questo percorso non si faceva la consultazione. Questo modo di ragionare non appartiene alla Cgil in quanto il diritto di votare sugli accordi è un diritto dei lavoratori e non una consessione del sindacato. La democrazia, come i percorsi democratici non possono essere merce di scambio dei gruppi dirigenti delle confederazioni ma diritti esigibili dei lavoratori. Un concettto, questo, ripeso anche nel nostro ultimo congresso dove come Cgil si chiedeva con forza di definire una legge sulla rappresentanza che andasse a sancire questo diritto. La presenza di un governo di centro sinistra avrebbe dovuto rafforzare e non sminuire questo nostro concetto di democrazia.
Purtroppo, ancora una volta in nome della realpolitik, vengono sacrificati i nostri abbiettivi strategici e viene umiliata la democrazia sindacale. Il tutto per evitare un confronto di merito, con i lavoratori, sui contenuti di questo pessimo accordo che sostanzialmente recepisce anche come Cgil, dopo 5 anni, i contenuti del patto per l'Italia gettando alle ortiche la lotta di milioni di lavoratori e lavoratrici.
Una domanda su tutte: fare questo dietorfront giova a quanti vogliamo rappresentare? Attendo risposte.
Ezio Casagranda - Filcams Cgil Trento
Trento 4 settembre 2007