venerdì 31 agosto 2007

USA:Tolleranza zero: Un fallimento

Quando non si hanno idee o si vuole competere con la destra il risultato è sempre stato un disastro sociale, politico, etico e morale. Come sempre le copie sono peggiori dell'originale e se questo è fallito ognuno può immaginarsi la spinta regressiva che l'applicazione della "tolleranza zero" potrà avere anche in Italia.
qui sotto riportiamo un articolo del Il Manifesto che ci sembra istruttivo.
La Filcams Cgil del Trentino
Da IL MANIFESTO del 31 agosto 2007
Non è stato Rudolph Giuliani a in­ventare la cosiddetta Tolleranza zero, un tipo di politica criminale sperimentato prima che lui diven­tasse sindaco di New York. La pa­ternità spetta a un programma chiamato «Safe and Clean Neighborhoods» sperimentato nel New Jersey negli anni 70. La novi­tà fondamentale consisteva nel ri­torno delle rande a piedi per gli agenti di polizia, in modo da mo­strare la loro presenza non solo ai potenziali criminali ma soprattut­to a quelle figure sociali che crimi-nologi come George Kelling sbri­gativamente inseriscono tutti in­sieme nella categoria disorderly people, che potremmo tradurre con «gente che da fastidio». Men­dicanti, ubriaconi, tossicodipen­denti, adolescenti in gruppo, pro­stitute e persone mentalmente di­sturbate dovevano essere «tenuti a bada» dal poliziotto che, con la sua sola presenza, li scoraggiava dal mostrarsi o dall'infastidire la gente per bene. Secondo Kelling, a livello del quartiere, «disordine e criminalità sono inestricabil­mente legati, in una specie di se­quenza progressiva. Gli psicologi sociali e la polizia tendono ad es­sere d'accordo sul fatto che se in un edificio una finestra viene rot­ta, e viene lasciata rotta, tutte le al­tre finestre saranno presto rotte». La teoria della Tolleranza zero nasce quindi da una visione unila­terale e poliziesca di queste pre­messe, peraltro contestabili. In re­altà, «Safe and Clean Neighborhoods» non aveva ridotto il tasso di criminalità ma era considerata ugualmente un successo perché «i residenti dei quartieri pattuglia­ti a piedi sembravano sentirsi più sicuri che in altre zone, tendeva­no a credere che il crimine fosse diminuito e prendevano minori precauzioni per proteggersi. Inol­tre avevano un'opinione più favo­revole della polizia». Quindi, fin dalle origini, la Tolleranza zero è stata una strategia di pubbliche re­lazioni, usata da Rudolph Giuliani per conquistarsi una facile popola­rità dirigendo l'aggressività degli elettori verso categorie sociali marginali. Negli anni di applica­zione non ha ottenuto risultati de­gni di nota, in particolare nel New Jersey e a New York, dove la crimi­nalità ha continuato a crescere fi­no a metà degli anni '90, quando il numero dei reati è diminuito per ragioni demografiche e per il buon andamento dell'economia. A tutto questo va aggiunto un particolare che forse è sfuggito al ministro Amato: ogni anno la cit­tà di New York paga molte decine di milioni di dollari come inden­nizzo alle vittime di abusi dei poli­ziotti, che interpretano la Tolleranza zero come una licenza di uccidere senza timore di essere sconfessati o, meno che meno, puniti.
Chi ne dubitasse non ha che da chiedere all'associazione per i diritti umani Human Rights Watch.
Fabrizio Tonello

giovedì 30 agosto 2007

Razzismo e degrado culturale

E' stupefacente come ormai anche pezzi importanti della sinistra abbiano assunto a riferimento le politiche della destra sia in materia econsomica che nelle politiche sociali. L'ordinanza del sindaco di Firenze è l'ultimo dei tanti tasselli di questo preoccupante degrado culturale delle nostre istituzioni che bene sono riassunti nei due articoli che seguono. Forse il 20 ottobre a Roma si dovraò manifestare anche contro questo crescendo di intolleranza.....


L'azione del Sindaco.
Sono stato colpito dall'ordinanza di stampo leghista del comune di Firenze, capisco il fastidio di tanti automobilisti ai semafori:si trovano difronte a chi cerca di raccattare le bricciole del nostro benessere, e cachi ci ricorca che il nostro stile di vita ha una contrpartita.
Il sindaco di Firenze ha liberato le coscienze dei suoi cittadinidall'odioso fastidio del quotidiano richiamo a questa consapevolezza.
Da IL MANIFESTO :andrea deganutti

E' emblematico che si ergano muraglie contro la mobilità dei dannati della terra, nel momento della massima esplosione della mobilità globale.E che tanti fiorentini plaudano all'ordinanza contro i lavavetri mentre gnomi senz'anima e senza volto continuano ad occupare i crocevia col commercio illegale e mafioso e si comprano Firenze riciclando danaro sporco e spesso anche insanguinato.
Ecco lo snodo cruciale. L'unificazione mondiale non può essere affidata alla cultura della superiorità dell'Occidente la cui etica è un etica di sopraffazione, di contrapposizione e di violenza. E' senza sbocchi e senza speranza....
da un articolo di enzo mazzi tratto da IL MANIFESTO

30 agosto 2007

Tasse e Dirigenti PAT

Non capisco cosa intende il dirigente dell’agenzia delle entrate quando sostiene che la situazione emersa dalla ricerca del Sole 24 ore non rispecchia la realtà Trentina e sostiene che troppi controlli fanno si che le aziende emigrino altrove. Quindi propone che la competenza passi alla provincia per “gestire meglio i controlli..”. Ora prima fare qualche considerazione su queste affermazioni preme ricordare al dirigente provinciale che quanto viene fatto dalla guardia di Finanza dagli organi Ispettivi e dall’Agenzia delle Entrate stanno portando alla luce un pezzo di trentino che molti di noi vuole continuare a non vedere. Sono interventi mettono a nudo una realtà imprenditoriale e del mondo del lavoro, non solo trentino, che ancora molti, troppi, continuano a voler negare: e cioè che quanto emerso rischia di essere la punta di un iceberg molto più grande.
Non dimentichiamo che negli ultimi mesi sono stati scoperti i “caporali delle pulizie” (20 lavoratori in nero dei quali 6 clandestini) del Monte Bondone, il lavoro nero nelle villaggio Valtur e nel comparto edile di Marilleva, i lavoratori in nero (anche trentini) scoperti dalla Guardia di Finanza di qualche mese fa, il fatto che molti esercizi commerciali, (il 20%) non emette lo scontrino fiscale, e via leggendo giornalmente l’elenco di quanti evadono non rispettano le leggi e si potrebbe continuare. Basta leggere i giornali di questi ultimi 12 mesi per rendersi conto che il fenomeno delle violazioni contrattuali e delle norme fiscali rischiano di essere la norma anziché l’eccezione.
Nel merito delle argomentazioni del Dirigente Provinciale che trovo alquanto singolari e quindi non riesco a capacitarmi su come i controlli dovrebbero essere diversi se dipendessero dalla Pat ? Forse il dirigente intende dire, velatamente, che detti controlli, se gestiti dalla PAT non sarebbero inviati agli amici e/o agli amici degli amici? O forse che le sparate di Asat e Artigiani troverebbero più ascolto, vista l’imminente campagna elettorale?
Preoccupante è inoltre il fatto che un dirigente provinciale, retribuito per far rispettare le legge e punire i furbetti, si lasci andare in dichiarazioni alquanto opinabili e cioè che se facciamo troppi controlli le aziende emigrano in veneto. Una tesi alquanto balzana ma che ha le stesse origini dei sostenitori della “rivolta fiscale” e quindi sostanzialmente giustifica il fatto che bisogna accettare che alcuni possano evadere le tasse a scapito di altri che le devono pagare troppe (vedi la tassazione sul lavoro dipendente che Lui dovrebbe ben conoscere).
Infatti se un ‘azienda evade le tasse e utilizza lavoratori in nero, nessun beneficio deriva alla Provincia in quanto nessuna tassa o contributo viene pesato per questi lavoratori e quindi non capisco dove starebbe l’interesse derivante dalle “maggiori entrate”. O forse si vuole sostenere una la vecchia teoria che le tasse le devono pagare solo i lavoratori in quanto le imprese quei soldi li utilizzerebbero per i “famosi” investimenti produttive.
Attendo smentite e/o chiarimenti.

p.la Filcams del Trentino
Ezio Casagranda

Trento, 29 agosto 2007

lunedì 27 agosto 2007

Contratti e concertazione…


In questi mesi estivi il quadro politico ed economico ha visto l’accordo sul welfare a livello politico, mentre sul versante economico la caduta delle borse ha bruciato miliardi di euro sull’altare della speculazione finanziaria. Naturalmente il conto sarà pagato dai lavoratori con ulteriore giro di vite sui salari e dai cittadini con un aumento dei prezzi e dei servizi (alimentari, acqua, gas luce ecc.)
Quello che rimane in sordina e non ha l’onore delle cronache giornalistiche sono i Contratti nazionali.
Statali (3milioni), metalmeccanici(2milioni), lavoratori del commercio (1,5milioni), delle comunicazioni (120mila), addetti alle imprese di pulizie (500 mila), Bancari (320mila), giornalisti (12mila), e ferrovieri (100mila) aspettano da mesi il rinnovo del loro contratto nazionale di lavoro. Un “esercito” di quasi otto milioni di lavoratori che a settembre saranno chiamati a sostenere la lotta per il rinnovo del CCNL sulla quale peserà come macigni l’accordo sul welfare e la legge finanziaria.
Emblematico in questo senso è il CCNL Multiservizi; Un settore che conta 40.000 imprese e 500.000 lavoratrici/ori adibiti a turni massacranti e più volte spezzati nel corso della giornata. Il contratto è scaduto da oltre due anni e nonostante uno sciopero nazionale con manifestazione a Roma e le iniziative di lotta a livello locale, la trattativa e’ ancora in alto mare con la volontà da parte padronale di metter mano soprattutto al pagamento dei primi tre giorni di malattia, aver mano libera sull’orario di lavoro e di abolire l’art. 4 del CCNL che obbliga il mantenimento occupazionale nei cambi di appalto. A tutto questo si associa una proposta economica da parte datoriale di 50 euro mensili e scaglionati.
Un vero e proprio calvario che vede la trattativa bloccata dalla pretesa di Confindustria di recepire in toto la legge 30 e quindi per i lavoratori, dopo l’accordo sul welfare, la strada per vedersi riconosciuto il rinnovo del Contratto Nazionale (sancito dall’accordo del 1993) la strada sarà ancora più difficile.
Questo mentre la classe dirigente e’ impegnata a misurarsi nella stesura di “nuove” compagini politiche il paese reale vive i propri drammi alla rincorsa di rinnovi contrattuali sempre più miseri dove spesso per una manciata di euro si accettano norme che peggiorano le condizioni di lavoro per i giovani lavoratori, ma non solo per loro.(vedi CCNL del Turismo).

Ezio Casagranda - Filcams Cgil del Trentino

Trento 27 agosto ’07

domenica 26 agosto 2007

20 ottobre – svolta o rinuncia

Manifestare il 20 ottobre è importante, ma non basta, se da una parte i lavoratori, a partire dal lavoratori precari che sono i più colpiti, sono chiamati a far sentire la loro protesta contro questo accordo sulle pensioni e sul welfare la sinistra non può “regalare” loro l’ennesima illusione.
La legge 30, le pensioni, il TFR utilizzato per mantenere (forse) una pensione poco più che decente, la sicurezza sul lavoro, la questione salariale, l'aumento degli orari di lavoro, turni massacranti che danneggiano la qualità della vita delle donne e delle famiglie, il carovita, l'indebitamento per pagare le bollette, l'insicurezza del posto di lavoro, i prezzi delle case con i mutui che non si riescono a pagare.
Queste che ricordo sono le condizioni materiali dei lavoratori sono state o codificate ed in alcuni casi (vedi contratti a termine) peggiorati rendendo alcune forme del lavoro di tipo servile.
Oggi nessuno pretende i miracoli e tutti sappiamo che il programma dell’Unione è stato frutto di un mediazione. Ma se poi questo programma non viene attuato, ma stravolto, compito della sinistra è chiamare tutti i componenti dell’Unione alle rispetto degli impegni presi e non limitarsi alla sola protesta.
Per questo sono convinto che se nel’ambito della finanziaria questo accordo non sarà modificato nei termini previsti dal programma dell’unione i partiti di sinistra non possono limitarsi a guardare ma agire di conseguenza senza temere di far cadere un governo che di fatto con il ricatto della crisi sta martoriando i lavoratori.

Ezio Casagranda

venerdì 24 agosto 2007

Aumentano i prezzi, quale politica ?

Mentre le associazioni dei consumatori e le parti sociali ripetutamente segnalano l’aumento dei prezzi, questi ultimi, in realtà, continuano a salire in misura superiore all’inflazione reale, rilevata dall’ISTAT.
Già si parla del fatto che nei prossimi mesi ci saranno ulteriori aumenti per generi di prima necessità non alimentari, quali acqua, gas, luce e tariffe comunali.
Ogni volta si spendono milioni di parole per individuare “ il colpevole “, dimenticando che, forse, il problema è a monte, ovvero nella struttura distributiva e nelle politiche redistributive.
Oggi, il problema aumento dei prezzi, come quello dei tassi sui mutui, è fortemente sentito, in quanto da diversi anni il salario dei lavoratori non riesce a coprire tali aumenti. In buona sostanza la sola contrattazione ( nazionale e aziendale ) non tutela più il salario rispetto all’inflazione, così ad ogni aumento dei prezzi il cittadino lavoratore e consumatore si trova più povero di prima.
Non crediamo che la crescita esponenziale dei prezzi, specialmente quelli di prima necessità, dipenda solo da questioni legate a presenze monopolistiche o all’assenza di monitoraggio, o ancora, al mancato rispetto del protocollo provinciale sui prezzi. Eventualmente ciò riguarda l’ultimo anello della catena distributiva, che sicuramente non è ininfluente, anche se in maniera assai ridotta rispetto alla formazione dei prezzi.
A nostro parere il problema della formazione dei prezzi va affrontato da due versanti:
1) il primo aspetto riguarda la filiera produttiva e la catena distributiva sulla quale poco si sta facendo da parte della Provincia e del Governo. Infatti uno dei costi principali riguarda i trasporti e quindi la delocalizzazione degli impianti di trasformazione, che arricchiscono da un lato gli imprenditori, ma dall’altro non riducono i costi che vengono pagati dai cittadini-consumatori ( lo stesso discorso può valere per le aperture domenicali e festive i cui maggiori costi vengono poi scaricati sul prezzo finale ).
Crediamo che su questo terreno debba aprirsi in sede provinciale una franca discussione, poiché, a nostro parere, molto spesso l’aumento dei prezzi dipende da spinte speculative, che avvengono all’interno della filiera alimentare e della catena distributiva;
2) il secondo aspetto riguarda le modalità di distribuzione della ricchezza e la struttura delle retribuzioni, le quali non riescono a tenere il passo non solo con l’aumento dei prezzi, ma neppure con l’inflazione reale che viene rilevata.
Riteniamo che per porre un freno al sistematico rialzo dei prezzi al consumo una proposta potrebbe essere quella di collegare in modo diretto i salari con la dinamica dei prezzi; solo così potrà fermarsi la politica speculativa sui prezzi, costringendo tutti gli interessati ( imprese e governo ) a misurarsi con i prezzi e quindi ad adottare le necessarie misure di contenimento degli stessi.
Il resto si riduce solo a buoni propositi che, puntualmente, vengono smentiti dai fatti, come risulta ampiamente dimostrato da: il petrolio e il prezzo della benzina. Il petrolio sale ed il prezzo sale, il petrolio scende ed il prezzo rimane stabile. Ciò è dimostrato dal fatto che allo stesso valore del prezzo del greggio di qualche anno fa, circa 78 dollari al barile, il prezzo della benzina era decisamente inferiore : 1.100 € al litro allora contro l’attuale 1.305!!; l’arrivo dei grandi supermercati Coop. Anche in questo caso, dopo qualche anno, i prezzi si sono livellati verso l’alto, a dispetto della sbandierata concorrenza, che avrebbe dovuto sortire l’effetto contrario
In conclusione riteniamo che per venire incontro alle esigenze e alle attese dei lavoratori e dei consumatori occorra un cambio radicale nelle politiche di redistribuzione , sperimentando la reintroduzione della contingenza, come strumento di protezione dei salari; tale azione potrà anche servire per un reale controllo dei prezzi.
Pasquale De Matthaeis - Federconsumatori
Ezio Casagranda - Filcams Cgil del Trentino

giovedì 23 agosto 2007

Fisco e lavoro nero

Il fisco inizia a colpire chi evade le tasse, la guardia di finanza scopre decine di evasori e di lavoratori in nero o irregolari, sul versante del lavoro nero il governo vara una norma elementare che dice che chi lavora, deve essere messo in regola da subito, e i nostri imprenditori nostrani e le loro associazioni (UCT e ASAT) in testa gridano allo scandalo fino ad arrivare a teorizzare che evadere le tasse per le imprese è quasi una scelta di sopravvivenza.
Dicono di avere imprese sull'orlo del fallimento ma i proprietari viaggiano con macchine da 70/100 mila euro, ville e barche per le ferie ed il tempo libero. Misteri italiani o piccole furberie che cercano di cavalcare l'onda bossiana di non pagare le tasse.

Prese di posizione inaccettabili e che sono un tangibile segno che siamo veramente davanti ad un preoccupante degrado del senso civico e del senso dello Stato. Quello Stato che poi si invoca nel momento dei contributi, del cuneo fiscale e per farsi carico delle infrastrutture (strade, centri storici, servizi, ecc) o di intervento per la tutela del territorio.
Oggi sul giornale il presidente dell'ASAT si scaglia contro la norma sul lavoro nero lamentando il fatto che la norma prevede l'obbligo dell'assunzione preventiva del lavoratore e l'abolizione del periodo di prova.

Sicuramente Rigotti conosce il contratto nazionale che prevede che l'assunzione deve avvenire per iscritto e prima dell'inizio del lavoro, che il lavoratore è soggetto al periodo di prova definito in base alla qualifica. La legge si limita a riprendere il CCNL e, questa la vera novità, stabilisce delle sanzioni in caso di violazione di tale norme.
Da quanto sostiene il Rigotti si evince che le norme possono anche andare bene, l'importante è, che se, violate, non diventino un costo per le aziende.
Lui rivendica come diritto una prassi, molto diffusa nel settore del turismo e nel commercio, di "provare" per alcuni gironi, senza contratto e senza assicurazione i lavoratori (qualche azienda non paga nemmeno il nero) in spregio a tutte le norme sul lavoro, dalla sicurezza alla retribuzione del lavoratore.
Strano modo di agire quello di Rigotti, da una parte dice che "la tutela e la sicurezza dei lavoratori sono anche le nostre priorità .." e poi si scaglia, lancia in resta contro la norma che intende applicare quei principi.
E quindi chiedo: ma se il settore, come lui sostiene, è sano e non "esiste il lavoro nero" che problemi ci sono ad accettare una norma che va a colpire il lavoro nero e quelle aziende che con questo fanno concorrenza sleale alle imprese sane e corrette ?

In ultima ritengo inaccettabile che si dica che i problemi delle imprese sono i costi derivanti dai controlli e dalle norme. I veri problemi del settore turistico sono le basse retribuzioni, l'assenza di investimenti in formazione del personale, la depauperazione del territorio, un turismo mordi e fuggi e che non tiene conto della risorsa ambiente. Mentre per i piccoli negozi sono gli alti affitti derivanti dalla rendita speculativa e finanziaria.
Forse bisognerebbe partire da qui, dai nodi veri del settore, senza lasciarsi incantare dalle sirene eversive che proclamano l'evasione fiscale.


Filcams Cgil del Trentino

Trento, 23 agosto 2007

mercoledì 22 agosto 2007

Irrealisti - No dal Molin

Esiste una branca della fisica nella quale si spiega che non possono esistere sistemi chiusi, ovvero che una qualunque macchina, anche il corpo umano, ha bisogno per funzionare di uno scambio di energia con i sistemi vicini. Un sistema chiuso invece lo si può raffigurare con l'allegoria del Barone di Münchausen che riemerge dalla palude tirandosi per il codino. La sindrome di Münchausen sembra affliggere la nostra amministrazione. Da un anno assistiamo alle iperboliche dichiarazioni riguardanti gli investimenti americani sul campo di via S.Antonino - cifre da far girare la testa, diceva l'ingegner Cane - con le puntuali rassicurazioni riguardo alle spese di gestione (acqua, elettricità) e impatto ambientale: per Palazzo Trissino la più grande installazione militare europea avrebbe l'effetto del batter d'ali di una farfalla (trascurando peraltro i tifoni che genererà dall'altra parte del mondo). Nessuna spesa per i cittadini, nessun effetto sul territorio, nessun disagio, anzi ci guadagniamo tanti soldi, un'indotto senza pari, un milione di posti di lavoro e una nuova tangenziale. Come dire: abbiamo invertito l'entropia. Il Barone Hüllweck riscrive le leggi della fisica e dell'economia. Guadagnare tanto senza spendere nulla, come nelle e-mail-spazzatura che ci intasano le caselle di posta. Ma sappiamo che in quelle pubblicità c'è sempre la fregatura. E infatti scopriamo che i soldi per la tanto sbandierata e tanto agognata tangenziale nord "arriveranno da Roma", a detta del più pragmatico commissario Paolo Costa, e la stessa passerà in una fantascientifica galleria sotto la pista del Dal Molin. In altre parole: per un anno vi abbiamo fatto credere che alla presenza della base fosse legata un'opera che
non sarà finanziata dagli Americani e quindi si sarebbe presumibilmente fatta lo stesso. Cornuti e contenti, i cittadini italiani ringraziano. C'è chi rimprovera a questo movimento la mancanza di realismo, l'incapacità di sapersi confrontare con i meccanismi della politica internazionale e degli affari dei "grandi". Ma a noi pare invece che siano proprio i cosiddetti grandi a fare dichiarazioni non documentate, a dichiarare di essere entrati nella fase operativa senza avere un progetto, a giocare con i modellini barricati dentro una caserma; noi ci sentiamo invece con i piedi ben piantati per terra. E ci resteremo.
Luca Scappellato - da il Giornale dal Molin - N. 02 - anno 0

Contratto Turismo

Il mese scorso è stato siglato il rinnovo del contratto nazionale del turismo scaduto da oltre 18 mesi. Un rinnovo certamente difficile data la pretesa delle azienda di applicare anche per via contrattuale tutte le forme di precarietà possibili.
Ma, in materia di orario di lavoro questo contratto peggiora anche al legge: deroga sul riposo settimanale permettendo il salto del riposo per 5 volte in un anno; cancella il limite dello straordinario giornaliero; legittima l’apprendistato stagionale da sempre contrastato a livello territoriale.
Viene fatta propria da sindacato la logica che l’efficienza del settore debba pesare esclusivamente sulle spalle dei lavoratori e delle lavoratrici. Cioè non attraverso investimenti in qualità e servizi e su nuove forme dei pacchetti turistici o su un organizzazione aziendale più efficiente, ma sulle spalle di chi già svolge lavori estremamente faticosi come barista in un autogrill su tre turni piuttosto che cameriere di sala in un albergo o cuoca di mensa in strutture ospedaliere, tutti luoghi, dove si lavora sette giorni su sette.
Sul versante del salario si è sostanzialmente accettato la quadriennalità sia normativa che salariale. L’aumento a regime è di 135,00 euro al 4 livello, e di 126,61 al 5 livello dove è concentrata la maggioranza dei lavoratori del settore.
Se poi facciamo i conti sul salario lordi spendibile del lavoratore nei 4 anni di vigenza contrattuali si arriva ad un aumento lordo complessivo di euro 3.872,88 pari a 80,68 medi mensili… alla faccia della difesa del potere d'acquisto e del rispetto del modello contrattuale.
Se a queste nuove precarietà aggiungiamo anche quelle previste dal protocollo sul welfare la regressione sul versante del lavoro appare preoccupante sotto tutti i punti di vista. Per questo, nella votazione sul contratto è necessario respingere questa impostazione che mercifica il lavoro e relega il ruolo del sindacato a semplice cerficatore delle scelte aziendali.
Di un contratto che peggiora le leggi non si sentiva certo la mancanza e quindi mi sembra il minimo avviare, utilizzando la consultazione con i lavoratori avviare una discussione non solo sui luoghi di lavoro ma anche dentro il gruppo dirigente del sindacato per verificare se i deliberati congressuali sono ancora validi.

Ezio Casagranda Filcams Cgil del Trentino

Trento, 22 agosto 2007

martedì 21 agosto 2007

ICI e la FEDE

Anche la chiesa da Rimini, per bocca del Cardinale Bertone, tuona: “Tutti devono pagare le tasse perché è un dovere e questo deve essere fatto con leggi giuste”. Non entro nel merito di quali sono le leggi giuste, sicuramente non quella che esenta la chiesa dal pagamento dell’ICI sulle sue attività commerciali.Quello che appare grave in tutta questa boutade estiva è il fatto che stiamo assistendo ad un’altra pesante interferenza della Chiesa nella vita politico dello Stato.Prima i “dico”, poi il family day e adesso le tasse. Ormai la Chiesa, o meglio le sue gerarchie, dettano il calendario del Governo calpestando, nei fatti, gli accordi fra Stato e Chiesa e la stessa sovranità nazionale. E questo avviene con il sostegno sostenuta dalla grande stampa e nel più totale silenzio della sinistra e delle forze politiche che rivendicano la laicità dello Stato.Quindi, non si tratta del solito polverone estivo o qualche battuta dovuta al caldo torrido del ferragosto (che peraltro non c’è stato) ma del dispiegarsi di un disegno preciso per la costruzione di un grande centro politico con un programma che sul sociale fa riferimento alle posizioni più oltranziste della chiesa cattolica e sul versante economico imperniato sull’applicazione “integrale” delle politiche neoliberiste.Al Governo il compito di mettere in campo qualche mitigazione delle nefaste conseguenze dello politiche neoliberiste, naturalmente nella scia dell’intervento caritatevole o contando sulla benevolenza dei ricchi.Mentre la destra proclama lo sciopero fiscale e gli evasori appaiono in televisione a ribadire che è giusto evadere perché in Italia si pagano troppe tasse assistiamo ad un assordante silenzio della sinistra che si vuole di governo.Forse è tempo di svegliarsi e quindi il 20 ottobre a Roma ci andiamo anche contro il governo ombra della Chiesa di Confindustria e degli evasori.

Ezio Casagranda Trento, 21 agosto ’07

lunedì 20 agosto 2007

Prezzi e Contingenza

Crescita dei prezzi.
Problemi di concorrenza o problemi di “contingenza”
Non credo che la crescita esponenziale dei prezzi, specialmente quelli di prima necessità dipenda da questioni legate a presenze monopolistiche o all’assenza di monitoraggio, o ancora, al mancato rispetto del protocollo provinciale sui prezzi.
Se l’aumento dei prezzi dipendesse da questo e non dalle spinte speculative che avvengono all’interno della filiera alimentare e della catena distributiva la soluzione sarebbe a portata di mano. Invece le associazioni dei consumatori e le parti sociali continuano a lamentarsi ma i prezzi, quelli reali, salgono in misura molto superiore a quella dell’inflazione.
Allora il problema è nelle modalità di distribuzione della ricchezza e nella struttura delle retribuzioni che non riescono a tenere il passo, non solo con l’aumento dei prezzi, ma nemmeno con l’inflazione.
Per una politica dei prezzi è necessario collegare in modo diretto i salari con la dinamica dei prezzi, solo così si può fermare la politica speculativa sui prezzi, solo questo costringe tutti, governo e imprese, a misurarsi con i prezzi e quindi adottare le necessarie misure di contenimento degli stessi.
Il resto si riduce a buoni propositi che puntualmente vengono smentiti dai fatti. Basta vedere l’esempio del petrolio e il prezzo della benzina. Il petrolio sale ed il prezzo sale, il petrolio scende ed il prezzo rimane stabile. Tanto che allo stesso valore del prezzo del greggio di qualche anno fa (78 dollari al barile) il prezzo della benzina era decisamente inferiore (1,110 euro al litro contro l’attuale 1,305) . Oppure guardare cosa è successo con l’arrivo dei grandi supermercati della Coop. Dopo qualche anno i prezzi si sono livellati verso l’alto, alla faccia della concorrenza.
Per questo ritengo, che oggi è necessario reintrodurre la contingenza come strumento di protezione dei salari ma anche per un reale controllo dei prezzi.
Pura Utopia, No semplice costatazione che sui prezzi le imprese ci guadagnano alla grande mentre i lavoratori vedono sempre più assottigliarsi il loro salario a fine mese.
Ezio Casagranda - Filcams Cgil del Trentino

Trento, 20 agosto ’07

giovedì 16 agosto 2007

Brennero 14/8/07 No Tunnel No Tir

Bloccare i lavori e ridurre il traffico di Tir sull’A22 è possibile

La galleria di base del Brennero non s’ha da fare. Né ora né mai, abbiamo ripetuto, con le bandiere "Kain Bbt - No Tav", martedì 14 agosto ’07 al valico italoaustriaco chiedendo il blocco immediato dei lavori perché il tunnel di base non risolve i problemi del traffico sull’autostrada ed è inutile è costosa.
A sostenere questa tesi dell’inutilità del tunnel di base, anche se con proposte diverse (tunnel di superficie di 14 km) dalle nostre, sono i componenti del comitato indipendente pro “Scheiteltunnel” guidato dall’architetto di Seefeld Michael Prachensky.
Una proposta che si aggiunge alle tante che sono alla base della nostra richiesta di immediato blocco dei lavori su tutta la tratta e l’apertura di un confronto non solo fra addetti ai lavori ma in grado di coinvolgere tutta la popolazione della nostra regione sulla politica dei trasporti che comprenda anche il trasporto locale e dei pendolari.
Le tesi sostenute dall’architetto Michael Prachensky sono una delle tante dimostrazioni delle nostre ragioni e del fatto che la nostra contrarietà al tunnel di base non è ideologica ma è sempre stata supportata da argomentazioni di merito e di sostanza che il potere politico ha sempre voluto ignorare. Potenziamento e ammodernamento della ferrovia sono le scelte necessarie non le mega opere improduttive, costose e devastanti per il territorio e che interessano solo le lobby economico finanziarie della regione.
Ridurre il traffico dei TIR sull’autostrada da subito è possibile, non serve attendere anni, basta mettere in campo una politica dei trasporti già applicata da altri paesi come la Svizzera e quindi agire sulle tariffe e sulla tipologia di merci trasportate.
Come abbiamo sempre sostenuto le soluzioni sono già applicabili, quello che manca è la volontà politica di fare delle scelte in contrasto con gli interessi economici dei potenti e delle grandi imprese multinazionali.
Ezio Casagranda
Trento, 16 agosto ’07

martedì 14 agosto 2007

Welfare - quale democrazia

Abbiamo letto le prese di posizione dei compagno Caramelle Carotta e Casagranda, e la risposta del segretario Purin rispetto al protocollo sul Welfare e riteniamo che se esiste qualcosa di improprio è il fatto che siano richiamati i compagni che esprimono dissenso verso un accordo che giudicano in modo negativo chiamando in causa percorsi interni e il rispetto della democrazia.

Sarebbe troppo facile polemizzare che mentre questi politici hanno avviato una campagna vergognosa sul fatto che non ci sono risorse per le pensioni dieci giorni dopo si aumentano la paga di 7340,00 euro mensili. Alla faccia delle scelte di equità sociale.

Ma fuori da queste facili, ma non infondate polemiche, anche noi giudichiamo negativo in quanto non rispettoso dei mandati congressuali della CGIL, sia per il fatto che ancora una volta gli aspetti negativi (scalone, legge 30, contralti a termine, precarietà, ed aumento dell'età pensionabile, l'illusione dei giovani che stando all'accordo il 60% sembra essere una chimera) superano di gran lunga quelli "positivi" come l'aumento delle pensioni e/o a disoccupazione.

Noi crediamo che esprimere pubblicamente le varie posizioni su questo accordo, serva a ad aprire un dibattito fra i lavoratori fin da ora e quindi utilizzare il periodo che ci separa dal voto referendario (perché caro Purin la democrazia pretende che il voto sia certificato) per discutere a fondo i contenuti di tale accordo e quindi evitare che il lavoratore sia costretto a decidere in pochi minuti alla fine di un'ora di assemblea.

Inoltre non si capisce cosa significhi che prima bisogna discuterne internamente alla Cgil e poi con Cisl e Uil? Che forse bisogna trovare forme di incartamento del libero pensare o dei giudizi negativi? O forse si cerca di confezionare una posizione evitando che i lavoratori decidano dopo un confronto vero in assemblea e dopo aver letto anche tramite stampa dei vari giudizi sui contenuti dell'accordo. Forse qualcuno teme che i lavoratori leggendo le posizioni critiche esprimano possano farsi un'idea vera, non addomesticata dal Governo amico, dei contenuti dell'accordo del 23 luglio 07 ?

Infine riteniamo il richiamo alla manifestazione del 20 ottobre 07 una vera e propria forzatura del pensiero espresso dai compagni Casagranda Carotta e Caramelle i quali hanno contestato i punti negativi dell'accodo e che a loro e a nostro avviso, sono in netto contrasto con le tesi del nostro ultimo congresso. Naturalmente cambiare posizione è legittimo ma per cambiare le decisioni congresso serve un altro congresso e non solo un governo amico.

Speriamo che a settembre si arrivi ad una grande assemblea dei delegati dove discutere sui contenuti di questo accordo fuori dalle logiche politiche ma con il solo riferimento ai deliberati congressuali.

Democrazia è anche coerenza con le scelte e le decisioni del congresso, il resto è adeguamento alla situazione e quindi rinunciare a battersi per migliorare le condizioni di . chi lavora.

Andrea Mazzoleni - ORVEA Cristian Casassa - RSA CAVIT Tenuta Swetlana - RSA ORVEA - Soini Nicoletta - RSA Coop Altogarda - Giacomelli Lara - UNIFARM - Serra Omar- DUSSMANN (ex Pedus)

Trento, 10 agosto '07

lunedì 13 agosto 2007

La sinistra e il 20 ottobre

Quell'assalto demenziale al corteo di ottobre
La manifestazione proposta da un gruppo di esponenti della sinistra per il 20 ottobre pone dei problemi reali alla politica e anche alla maggioranza di governo, ed è un fatto comprensibile. Ma che da parte di esponenti del centrosinistra, quasi in sintonia con quelli di centrodestra, si arrivi a usare gli azzardati sproloqui di Francesco Caruso per operare un cortocircuito che indica in quella manifestazione e in chi ci parteciperà un pericolo per la democrazia e per la sicurezza del paese, fa soltanto tanta tristezza. E illumina sulla deriva un po' demenziale su cui si sta incamminando la propaganda politica nel nostro paese. Il 20 ottobre saremo in piazza contro la precarietà, contro la rigidità degli scalini, per cambiare la politica del governo di centrosinistra. Ci saremo a prescindere da quello che dice, o da come lo dice, l'onorevole Francesco Caruso. E chiunque altro.

Gabriele Polo - il manifesto

domenica 12 agosto 2007

Autonomia sindacale e diritti

Considero importante che il confronto sull’accordo del 23 luglio scorso continui anche attraverso i mezzi d’informazione e non solo all’interno del sindacato e delle forze politiche. Un accordo sicuramente complesso, come dice qualcuno, ma chiaro nei suoi contenuti e nel disegno politico che lo supporta che una discussione tutta incentrata sul contesto degli equilibri governativi e parlamentari rischia di essere fuorviante e non cogliere che è in atto una metamorfosi dell’agire sindacale. In questo contesto appaiono poco credibili i richiami alla situazione generale per accusare chi dissente dall’accordo di lavorare per la crisi di governo. Argomenti che servono solo per nascondere con una cortina di fumo i contenuti negativi di questa intesa che superano di gran lunga quelli positivi. Se da una parte c’è l’aumento delle pensioni minime e della disoccupazione, dall’altra si è mantenuto lo scalone Maroni, anche se diluito di qualche anno, si è elevata l’età pensionabile, sia anagrafica sia contributiva (36 anni), le finestre per i 40 anni di contributi sono pagate dalle nuove finestre introdotte per le donne, mentre i giovani continuano a rimanere precari, con salari e pensioni da fame. Il tutto senza mettere mano ai tanti privilegi pensionistici ancora esistenti da quelli dei parlamentari, come Dini, Mastella e Bonino, che hanno minacciato di non votare una legge che non avesse aumentato l’età pensionabile e ridotto la copertura della pensione pubblica. La decontribuzione degli straordinari, della contrattazione aziendale, la certificazione della precarietà attraverso l’accettazione della legge 30, mina alle fondamenta l’istituto del contratto nazionale (architrave di una politica di solidarietà e di unificazione del mondo del lavoro) manda in soffitta qualsiasi ipotesi di politica occupazionale e sostanzialmente accetta questa politica neoliberista. Non è un caso se oggi sulla questione delle pensioni e del mercato del lavoro si è scatenato da parte del padronato e delle lobby finanziarie una pesante campagna mirata a scardinare la solidarietà fra generazioni sulla previdenza sul lavoro e nel salario. Come non vedere che molte forze politiche sia di maggioranza sia di opposizione stanno lavorando per una diversa architettura istituzionale e governativa che richiede un sindacato omologato, privo di una sua autonomia culturale e rivendicativa e quindi limitato alla sola gestione dell’esistente. Come non capire che l’accordo del 23 luglio 07 è il principale pilastro, sul versante del lavoro, di questo progetto e quindi una forte opposizione a questo accordo permette alla Cgil e ai lavoratori di riprendere quella battaglia sui diritti confermata dal nostro ultimo congresso del marzo 2006. Per questo ritengo che quanti, anche in buona fede, si limitano a un’analisi delle difficoltà numeriche di questo governo, dimenticano, volutamente, di prendere coscienza che questo accordo, non solo certifica la precarietà a vita dei giovani e meno giovani, ma pone le basi per mettere in discussione l’autonomia sindacale e in particolare quella della Cgil. Infatti, l’accordo del 23 luglio sul mercato del lavoro, è la trascrizione del “patto per l’Italia” di berlusconiana memoria e se questo, spiga l’assenso di Cisl e Uil, dimostra l’attacco all’autonomia della Cgil che rischia di cambiare nelle strette stanze dei bottoni e in un afoso mese estivo gli stessi deliberati dell’ultimo congresso buttando a mare la grande esperienza di lotta e di partecipazione degli ultimi anni. Battersi per dare valore e dignità al lavoro richiede credibilità e coerenza, non fumose affermazioni generiche di lotta da fare in un futuro che verrà. Infatti, come possiamo essere credibile un sindacato che a settembre chiede ai lavoratori di approvare un accordo che depotenzia il CCNL, aumenta la precarietà sociale, aumenta a dismisura il ricorso ai contratti a termine, anche reiterati, liberalizza il lavoro interinale a vita e per le nuove attività, aumenta l’età pensionabile, e per i giovani rende strutturale il loro futuro da precari e poi a ottobre chiamarli a lottare contro un accordo che hanno appena votato. Mistero della politica o solo fumo per nascondere le responsabilità per un accordo che scarica sui lavoratori i costi del risanamento del debito. Forse è meglio partire con il piede giusto votando NO a quest’ accordo come prima forma di lotta per cambiarlo. Infine la contrattazione sindacale: i CCNL sono rinnovati con una media di diciotto mesi di ritardo, e a ogni rinnova non solo l’aumento salariale è misero ma sono introdotte ulteriori forme di precarietà (come in quello del turismo e/o dei chimici), mentre nei contratti aziendali è sempre più difficile contrastare il precariato perché le aziende vogliono applicare in toto la legge 30. Se qualcuno nel sindacato, pensa che dopo questo accordo sul welfare, che consolida e rende esigibile tutte le forme di precarietà, per i lavoratori sia più facili fare contrattazione in azienda significa che vuole solo vendere fumo (o tappeti) o che da troppi anni è lontano dalla contrattazione e dal sentire dei lavoratori.


Ezio Casagranda - Filcams Cgil del Trentino

Trento, 12 agosto 2007

mercoledì 8 agosto 2007

I nostri Motivi per VOTARE NO

Il Protocollo sul Welfare del 20 luglio 2007, sottoscritto da CISL e UIL ma anche dalla CGIL, con delle riserve rappresenta l’esito negativo di una trattativa anomala in cui la CGIL, a fronte di una forsennata aggressione ideologica e mediatica alle ragioni ed ai valori del lavoro e dello stesso sindacato, ha rinunciato a sviluppare il pieno coinvolgimento e la necessaria mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori.
Il protocollo rappresenta tra l’altro una contraddizione con i contenuti della chiusura unitaria del congresso della CGIL, il quale assumeva il dato della precarietà come elemento da combattere cancellando la legge 30/2003, a riguardo delle pensioni sanciva la necessità di cambiare radicalmente la controriforma del centrodestra per giungere anche ad un trattamento pensionistico adeguato per i precari, per i quali i costi salariali e contributivi devono esser maggiori.
Altra profonda contraddizione è rappresentata tra le altre cose con il programma di governo che prevedeva di “eliminare l’inaccettabile gradino” della Maroni e di introdurre “misure efficaci che accompagnino verso un graduale e volontario innalzamento dell’età media di pensionamento”, oltrechè nell’ambito del “superamento” della L. 30/2003 assicurare la garanzia del lavoro a tempo indeterminato, la “forma normale di occupazione”.
Il fatto è che a scapito di un programma di redistribuzione della ricchezza a vantaggio dei ceti sociali da noi rappresentati il governo è sempre più condizionato dalle componenti moderate e dalla Confindustria, le quali sull’altare della governabilità e del futuro della coalizione hanno imposto al governo Prodi il peggioramento della proposta di mediazione condivisa emblematicamente riassunta dalla frase di Prodi “lo scalone deve esser superato” e hanno di fatto sottoposto a ricatto le organizzazioni sindacali, in primis la CGIL, di divenire il soggetto responsabile della caduta del governo.
L’intera vicenda ripone la questione della salvaguardia della piena autonomia del sindacato rispetto al quadro politico.
Si ritiene importante e positivo che il Comitato Direttivo nazionale della CGIL si sia espresso anche su di un documento alternativo, contrario all’accordo che ha ricevuto una larga adesione.
Una ossessiva campagna ideologica di reticenze e di falsificazioni è stata orchestrata per dimostrare l’impossibilità ed anzi l’illegittimità dell’abolizione dello scalone e la necessità inderogabile dell’età pensionabile: dall’insostenbilità della spesa previdenziale, pesantemente in deficit, a causa dei troppi pensionati e dei pochi contributi, allo scontro tra generazioni, provocato dall’egoismo dei padri che condannerebbe i figli a non avere un domani…
Eppure i dati Istat, i bilanci dell’INPS, le analisi di importanti centri studi dicono che l’allarme sull’emergenza previdenziale, urlato per legittimare ulteriori peggioramenti al sistema pensionistico, è una sfacciata falsificazione. I provvedimenti previdenziali degli anni ’90, che hanno imposto pesanti sacrifici a lavoratori e pensionati, hanno rallentato la dinamica della spesa pensionistica e sostanzialmente stabilizzato il rapporto spesa previdenziale/PIL.
Depurata dalla spesa per prestazioni assistenziali e del Tfr, che certamente non hanno natura previdenziale, e dal prelievo fiscale sulle pensioni la spesa previdenziale è di fatto allineata sui valori medi europei; ed in base ai dati ufficiali di tutte le gestioni pensionistiche il saldo tra entrate contributive e le prestazioni previdenziali al netto delle ritenute fiscali è addirittura positivo per un ammontare pari allo 0,5% del Pil.
Nel ritenere in controtendenza rispetto al passato e quindi esprimendo un giudizio positivo sugli aumenti alle pensioni contributive basse, sulla indennità di disoccupazione e la contribuzione figurativa piena per la disoccupazione ordinaria, non si può rilevare come la bilancia delle risorse redistribuite e quelle risparmiate non penda certo dalla parte delle prime.
Infatti siamo in presenza:
di una finta eliminazione dello scalone che è ammorbidito per il 2008 (58 anni e 35 anni di contributi, anzichè 60 e 35 della Maroni), ma a partire da metà 2009 con gli scalini impropriamente chiamati quote (che stravolgono lo stesso concetto di quota) ci vorranno almeno 36 anni di contributi visto in vincolo dei 59 anni di età della “quota” 95, e con il 2011 60 o 61 anni di età e “quota” 96 quindi rispettivamente 36 o 35 anni di contributi e nel 2013 61 o 62 anni di età, 36 o 35 di contributi della “quota” 97, anticipando di un anno quanto Maroni avrebbe imposto per l’anno 2014;
del positivo aumento da 2 a 4 delle “finestre” per i pensionandi con 40 anni di contributi, si spostano 2 finestre però sulle pensioni di vecchiaia (65 uomini e 60 donne) che di fatto si vedranno aumentare l’età pensionabile di diversi mesi;
di un intervento sui coefficienti al possibile 60% della retribuzione per i giovani lavoratori discontinui, che essendo legato alle compatibilità finanziarie risulta aleatorio; inoltre riferito all’occupazione dei giovani precari, garantirà pensioni equivalenti alle attuali sociali e nulla più;
di un inaccettabile vincolo numerico di 5.000 lavoratori all’anno che potranno beneficiare, evidentemente a norma di una graduatoria, delle agevolazioni pensionistiche per i lavori usuranti, faticosi e pesanti;
della decontribuzione dello straordinario che diminuirà le entrate agli istituti previdenziali e aumenterà il lavoro straordinario garantito alle imprese ad un costo più basso; analogo ragionamento si riferisce anche alla decontribuzione del secondo livello di contrattazione;
dell’insufficiente liquidazione dell’impegno di superare la legge 30/2003 con l’orientamento del governo all’eliminazione del solo lavoro a chiamata e rimandando a successivi confronti tra le parti per le eventuali forme di part-time per esigenze di attività di breve durata, mantiene di fatto inalterata la portata negativa della legge stessa;
della reiterazione con accordi presso le Direzioni lavoro di contratti a tempo determinato anche oltre i 3 anni anche non continuativi perpetua una condizione lavorativa precaria inaccettabile; sul lavoro a somministrazione (Interinale) e per le nuove attività non è previsto alcun vincolo temporale e quindi un lavoratore può essere somministrato e precario a vita.
Complessivamente ragionando, quindi, si ricava un quadro d’insieme dove per l’ennesima volta è richiesto alle organizzazioni sindacali un atto di responsabilità sulle compatibilità forse non tanto economiche (vista la ripresa dell’economia, le maggiori entrate, il “tesoretto”) quanto quelle degli equilibri con i poteri forti che periodicamente richiamano la classe lavoratrice ad ulteriori sacrifici.
Si ritiene indispensabile una ridiscussione dell’intero accordo ed una approvazione di una nuova conseguente legge che redistribuisca risorse a vantaggio dei ceti di popolazione più deboli.
A tal fine è necessario a settembre mettere in campo la mobilitazione dei lavoratori per riaprire la trattativa.
Il referendum dovrà essere lo strumento di consultazione dei lavoratori nel quale sia le esplicitazioni riferite alle riserve apposte dalla CGIL quanto le espressioni negative contribuiranno all’azione di mobilitazione e di partecipazione per la ridiscussione dei vari contenuti dell’accordo.

Mirco Carotta - Cambiare Rotta Lavoro Società
Roland Caramelle – Rete28Aprile nella Cgil per l’indipendenza e la democrazia sindacale
Ezio Casagranda – Segr. Gen. Filcams Cgil del Trentino

Trento, 8 agosto 2007

martedì 7 agosto 2007

Il 20 ottobre in piazza

Abbiamo ricevuto molte adesioni alla proposta di scendere in piazza, il 20 ottobre, che abbiamo avanzato ieri sul nostro giornale e su il manifesto . Potete leggere un primo elenco di nomi e alcuni messaggi nelle pagine interne del giornale. Quello che ci sembra molto importante è che abbiamo potuto registrare una buona unità della sinistra. Sia di quella sociale, che di quella sindacale e di quella politica. Naturalmente ci sono dei distinguo, qualcuno chiede una piattaforma più netta, più precisa di quella che abbiamo pubblicato ieri, come "base" per una discussione che poi ci porti fino al 20 ottobre. Qualcuno ancora non si è pronunciato. E' giusto che sia così, che ciascuno faccia le sue osservazioni, ragioni, chieda garanzie. Mi sembra però che una cosa sia chiarissima a tutti: il governo Prodi non può proseguire con il passo che ha tenuto sinora e soprattutto non può proseguire nella direzione sulla quale fin qui ha proceduto. Come abbiamo scritto ieri, serve una scossa, una svolta a sinistra.Molti amici e compagni ci fanno una osservazione e una domanda: rischia di diventare una manifestazione contro il governo ed è producente una manifestazione di sinistra contro un governo di centrosinistra?E' difficile rispondere a questa domanda. Sapete perché? Io credo perché la domanda è sostanzialmente sbagliata. Nel senso che non possiamo continuare in eterno a subordinare qualunque gesto, o pensiero, o azione, o parola della nostra politica - cioè della politica della coalizione del centrosinistra - ai dubbi sulla tenuta del governo. Altrimenti l'unica forza di questo governo diventa la sua debolezza, cioè la sua paura di cadere e l'imperativo categorico di restare in sella. Ma che politica è questa? Possiamo pensare di trasformare la prima esperienza di governo di centrosinistra (senza confini alla sua sinistra), anziché in un laboratorio di riforme e di trasformazione, in un semplice grande gioco della "sopravvivenza", quasi fosse un reality show televisivo?E' chiaro che nei cromosomi (recenti) del popolo della sinistra c'è stampato in modo indelebile il gene dell'antiberlusconismo, che provoca una insopprimibile paura del ritorno di Berlusconi e pone questa paura al di sopra di ogni altra considerazione politica. E' un gene pericolosissimo perché - come si dice in medicina - è "autoimmune". Nel senso che trasforma il terrore del berlusconismo in "berlusconismo realizzato". L'antidoto in malattia. Succcede che uno schieramento politico costretto nello stato di necessità finisce per fare qualunque cosa con l'unico obiettivo di impedire il ritorno di Silvio, e cioè finisce per fare esattamente le cose che avrebbe fatto Silvio. Se vogliamo uscire dalla subalternità alla destra, liberiamoci di questa ossessione. Rinunciamo alla religione della "stabilità di governo". Torniamo a considerare il governo uno strumento e non un idolo, non un feticcio. E allora scopriremo che nella coalizione ci sono due componenti: come dice il nome, una di centro, imperniata sul Partito democratico, e una di sinistra, più piccola ma combattiva. La componente centrista crede nel mercato, vuole riformarlo, migliorarlo, renderlo più forte e sano. La componente di sinistra critica il mercato, vuole riformarlo, renderlo meno invadente, più debole. La componente centrista preferisce le privatizzazione, la componente di sinistra è contraria e chiede l'intervento dello Stato in economia. La componente centrista punta sulle imprese e sulla competitività, la componente di sinistra sul lavoro e sulla solidarietà. Non si può immaginare un governo di coalizione che "assuma" come sua la filosofia di una delle due componenti. Occorre una mediazione. Questa mediazione era stata scritta nel programma, è saltata per l'invadenza del Partito democratico. Va ricostruita e ricontrattata. La manifestazione del 20 ottobre a questo serve: a verificare se è possibile una mediazione, cioè uno spostamento a sinistra dell'asse del governo.
di Piero Sansonetti

Falò nelle ALPI

I falò sulle alture si fondano su di una tradizione antica; già nel medioevo venivano usati come segnali d’allarme in vista di pericoli imminenti! L’idea di una catena europea di luci venne ripresa nel 1986 e subito furono centinaia i fuochi a bruciare in segno di resistenza. Anno dopo anno abitanti delle Alpi, associazioni regionali di montagna, movimenti di solidarietà e ambientali di vari stati alpini hanno ripetuto questa azione estesa a tutte le Alpi. Attraverso questi falò visibili a grandi distanze viene dato annualmente un segnale a favore della conservazione dell’eredità naturale e culturale dello spazio alpino e contro la distruzione di questo ecosistema. Vedi: traffico di transito, bacini di pompaggio, forte turismo di massa, moria dei boschi, minaccia dell’agricoltura di montagna, distruzione di spazio vitale per l’uomo e gli animali, inquinamento dell’aria e dell’acqua ecc. I fuochi sulle alture devono incoraggiare a prendere in mano il proprio futuro e ad impegnarsi per uno sviluppo sostenibile.
Anche nel 2007 il Falò sulle Alpi costituisce una straordinaria esperienza per tutti i partecipanti: durante la notte del 11 all 12 agosto bruceranno di nuovo lungo tutto l’arco alpino, da Vienna a Nizza, molti fuochi in segno di monito e di resistenza.

venerdì 3 agosto 2007

No All'accordo del 23/3/2007


NO A QUESTO ACCORDO SULLE PENSIONI


CON L'ACCORDO DEL 23 LUGLIO 2007 SULLE PENSIONI E SUL MERCATO DEL LAVORO SI SONO ACCETTATE LE NORME SUI TAGLI ALLE PENSIONI ED AI DIRITTI DECISI DA GOVERNO BERLUSCONI.

UN ACCORDO CHE ACCETTA IL PRINCIPIO INIQUO PER CUI SE UN LAVORATORE VUOLE CONSERVARE QUALCHE DIRITTO, UN ALTRO LO DEVE PERDERE IN QUANTO OGNI INTERVENTO SULLE PENSIONI DEVE ESSERE A COSTO ZERO, CIOE' PAGATO DALLE LAVORATRICI E DAI LAVORATORI.

UN ACCORDO CHE INDEBOLISCE ULTERIORMENTE IL SISTEMA DELLE PENSIONI PUBBLICHE A CAPITO DI QUELLE PRIVATE, L'ETA' PENSIONABILE EFFETTIVA VIENE ELEVATA A 62 ANNI CON DANNI ENORMI PER LA SALUTE E LA SICUREZZA DEL LAVORO E PER L'OCCUPAZIONE.

INOLTRE CON QUESTO ACCORDO LE FUTURE PENSIONI SARANNO CALCOLATE SECONDO INDICI FINANZIARI E PERCIO' SEMPRE PIU' BASSE.

COME FILCAMS CGIL DEL TRENTINO ABBIAMO DETTO NO A QUESTO ACCORDO PER DIFENDERE LE PENSIONI DEI GIOVANI COME QUELLE DEGLI ANZIANI ED INOLTRE CHIEDIAMO CHE CGIL CISL E UIL FACCIAMO IL REFERENDUM CERTIFICATO E VINCIOLANTE FRA TUTTI I LAVORATORI E LAVORATRICI.


ESPRIMI LA TUA POSIZIONE SULL'ACCORDO INVIANDO UNA E-MAIL ALLA FILCAMS CON IL TUO GIUDIZIO


Notizie dall'ARGENTINA

Lettera aperta dalla cooperativa dell' Hotel Bauen

Il giorno 20 luglio del 2007 è arrivato un ordine di sgombero con trenta giorni di tempo alla cooperativa Hotel Bauen con la quale si intima ai lavoratori lo sgombero dell'immobile con la conseguente perdita dei nostri posti di lavoro.
La giudice commerciale sig.ra Paula Huadle del tribunale n. 9 della capitale federale, intima di restituire l'immobile agli antichi proprietari, la ditta Mercotel SA, la quale portò in fallimento l'hotel nel dicembre del 2001, lasciando tutti i lavoratori dipendenti sulla strada. Questo nuova sentenza attenta ad uno dei diritti base che reggono la Costituzione Argentina, quello del libero diritto al lavoro. Non è la prima sentenza che cerca di limitare le nostre gestioni come cooperativa, già abbiamo superato diverse misure quali la chiusura per mancanza di sicurezza e altre dalle quali siamo usciti vincitori. Per questo confidiamo che questa sopraffazione legale contro la nostra gestione sarà un altro ostacolo che dovremmo superare. Confidiamo di farcela con il sostegno di tutta la comunità e delle organizzazioni sociali che da sempre hanno solidarizzato con la nostra esperienza e che in questi giorni hanno dimostrato il loro appoggio nell'assemblea alla quale hanno partecipato più di 50 organizzazioni sociali fra le quali le imprese già rioccupate dai lavoratori, organizzazioni culturali, dei diritti umani, partiti politici e intellettuali.
Per quelli che non conoscono questa vicenda riepiloghiamo di seguito alcuni particolari dell'accanimento giudiziario della nostra storia recente. A seguito del fallimento del 2001, tutti i lavoratori sono stati licenziati senza percepire le retribuzioni spettanti. Successivamente ci siamo organizzati e nel 2003 ci siamo costituiti come cooperativa Buenos Aires Una Empresa Nacional Ltada – B.A.U.E.N., occupando la struttura dell'hotel e rimettendolo in condizioni di lavorare integralmente, tenendo conto che lo stesso era stato svuotato di ogni attrezzatura dai vecchi proprietari e saccheggiato dall'impresa fallita, la Solari SA. In meno di tre anni con i nostri sforzi, e con l'aiuto di altre imprese autogestite dai lavoratori, siamo riusciti a rimettere in uso tutta la struttura alberghiera. Oggi siamo a pieno regime di funzionamento. Da quando ci siamo costituiti come cooperativa abbiamo realizzato tutte le azioni e le misure necessarie ai fini di rendere operativo il posto, generando occupazione. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: abbiamo generato più di150 posti di lavoro! (eravamo partiti in 20 lavoratori!). Tutto questo in meno di tre anni! Inoltre abbiamo creato tanti altri posti di lavoro nell'indotto, prendendo come spunto i contratti che abbiamo fatto con le aziende fornitrici.
Abbiamo bisogno del sostegno di tutte le comunità per poter continuare a fare quanto stiamo già facendo: lavorare divinamente!
Puoi dare la tua adesione all'indirizzo e-mail: prensatrabajadoresdelbauen@yahoo.com.ar
oppure tramite il sito: http://www.petitiononline.com/bauen/
Cooperativa B.A.U.E.N.
CALLAO 360
Città di Buenos Aires
tel. 4373-9009.