mercoledì 17 ottobre 2007

L'ONU dice NO alla "legge 30"

«Con il pretesto della flessibilità per modernizzare il mercato del lavoro, la legge 30 del 2003 ha creato una situazione di precarietà preoccupante. Secondo le statistiche ufficiali, i contratti a termine sono diventati quasi l’unico modo che hanno i giovani di trovare un impiego ma poi è raro che questi si traducano in lavori stabili, con un rapporto di uno a 25. Stanno aumentando le distorsioni del mercato del lavoro, specialmente nel sud del paese dove la diminuzione del tasso di occupazione ha raggiunto livelli allarmanti». Non sono le considerazioni note della sinistra radicale o dei metalmeccanici Fiom, critici sul Protocollo del governo perché conserva gran parte della legge 30, ma le osservazioni della Commissione di esperti dell’International labour organisation, ILO, agenzia delle Nazioni unite per i diritti del lavoro, che ha preso in esame il caso italiano.
L’ILO ha un ruolo normativo e di controllo sull’applicazione delle norme internazionali, oltre che di sostegno ai governi impegnati nel perseguimento del «Lavoro dignitoso contro la deregolamentazione dell’occupazione e la negazione dell’intervento pubblico di protezione sociale.
La Convenzione 122 sulle politiche del lavoro, ratificata dall’Italia nel 1971, impone agli Stati membri l’adozione di «programmi diretti a realizzare un impiego pieno, produttivo e liberamente scelto» e in generale «l’elevazione dei livelli di vita, attraverso la lotta alla disoccupazione e la garanzia di un salario idoneo».
Secondo la Commissione composta da 20 giuslavoristi di tutto il mondo, «l’unico fine perseguito dal vecchio governo è la liberalizzazione del mercato del lavoro secondo un modello di contrattazione sempre più individualizzata, a discapito di politiche territoriali di sviluppo nell’industria e nella ricerca, fondamentali per assicurare competitività nei settori innovativi, anziché cercare di competere con le economie emergenti sul costo del lavoro». Pertanto, dopo avere ascoltato sindacati e imprese, dopo una valutazione della legge 30 e delle sue forme contrattuali, dopo un’analisi dei dati sull’andamento dell’occupazione italiana, la Commissione ha dato le sue indicazioni, individuando alcune priorità da seguire per rimediare ai danni dell’ultima riforma e rispettare la Convenzione 122. In sintesi, è stato richiesto «un ritorno alla centralità del rapporto di lavoro a tempo indeterminato come forma tipica di occupazione», attraverso iniziative che vadano a beneficio dei lavoratori, in termini di condizioni salariali e di vita combattendo il lavoro irregolare, le disparità territoriali e di genere nell’occupazione, la dispersione scolastica, la disoccupazione di lunga durata, i bassi livelli di istruzione senza dimenticare la questione dell’età pensionabile, non risolvibile con scaloni più o meno alti, ma con forme migliori di flessibilità in entrata e in uscita. Il governo dovrà presentare un rapporto dettagliato sulle misure prese in questa direzione e sul loro impatto.
Vittorio Longhi - il manifesto del 16-10-07


1 commento:

Anonimo ha detto...

Non voglio essere pignolo, ma da una "attenta" analisi,il Protocollo sul Welfare non mi sembra in linea con le osservazioni dell’ILO che chiede modifiche radicali della legge 30.
Modifiche che, guarda caso, coincidono con i motivi del nostro NO al protocollo e con le posizioni che la Cgil e la sinistra, tutta, aveva ai tempi del governo Berlusconi.

Ezio Casagranda