mercoledì 28 novembre 2007

Cammino Indigeno

Viviamo in un mondo globalizzato che, anche nell’era di Internet, ci chiude sempre piu’ in un isolameto culturale spaventoso . L’informazion globalizzata e’ portatrice di un pensiero unico, preoccupante, che “il mondo di internet” non sempre riesce a scalfire. Mentre nella ricca Europa i mass media ci rinchiudono dentro il “fortino” dei nostri privilegi e ci spinge ad assumere “l’altro” come il nostro principale pericolo, nel resto del globo ed in particolare in sudamerica si stanno sperimentanto forme di resistenza e di lotta al modello di sviluppo globalizzato davvero interessanti.
Questa nostra sete di conoscenza ci ha portato ad una iniziativa diretta sul campo e quindi assieme ad altri compagni di viaggio abbiamo intrapreso questo “cammino indigeno” che ci porta per 15 giorni a contatto diretto con la realta´dell’Argentin, dal sud a Nord. Quella realta´che i mass media non vuogliono vedere.
Un viaggio per comprendere direttamente dalla gente comune, da quanti, sudano, lavorano o vengono espulsi dai processi produttivi ed espropriati delle loro culture, identita´e delle loro terre. Cioe’ conoscere il vivere, le tradizioni e la storia delle popolazioni del posto. La prima tappa della visita è stata a Trelew nella zona bassa della Patagonia terra di immigrazioni e di grandi genocidi come quello del popolo Indio dei Tehuelche.
Abbiamo visitato le bellezze naturali del posto dall'isola dei pinguini alla penisola di Valdes dove abbiamo visto le balene in procreazione. Abbiamo appreso delle grandi lotte che il popolo Mapuche sta facendo per vedersi riconoscere, dal potere centrale, la proprieta' della terra su cui vivono, per rivendicare una vera autonomia culturale con il conseguente riconoscimento dei loro idiomi e delle loro tradizioni, la possibilitá di lavorare la terra e produrre fuori dalle logiche perverse del mercato. Una battaglia, quella dei Mapuche, che vuole combattere l'attuale sistema del commercio, dove i produttori sono schiacciati delle logiche mecantili del profitto, attraverso le forme internazionali del mercato ecquo e solidale. Un mercato che, stando all'esperienza dei Mapuche comincia ad essere incrinata dalle sirene del facile guadagno e quindi venire meno alla suo obbiettivo fondante di evitare speculazione nella filiera del commercio. Una battaglia importante che abbiamo condiviso perche' richiama un forte legame di un popolo alla propria terra, alle proprie tradizioni che la cutura globalizzata vuole cancellare.
Infine abbiamo visitato un agriturismo locale ed un museo sulla storia degli indigeni, del territorio Chubut testimoniato anche da una vasta presenza di pietre naturali raccolte sul territorio della Patagonia.
Una importante testimonianza della origini e della storia dei popoli che hanno abitato quel territorio "Mapucho" (Patagonia) che è impiegabilmente ignorato dal governo provinciale e comunale.
Oggetti risalenti a centinaia di anni che raccontano la storia di vita degli indigeni Tehuelche, armi per la caccia agli strumenti di lavoro, ma anche del loro sterminio passato sotto silenzio dalla "storia" ufficiale. Oggetti e strumenti che sono la testimonianza delle vite vissute di questi popoli che su questa terra hanno dovuto confrontrsi con le asperità del territorio e della violenza "del progresso" del primo mondo. Un museo che per i suoi contenuti richiamano gli anni bui della colonizzazione da parte degli europei e del genocidio di un popolo in nome dei "valori cristiani" della allora grande Spagna.
Come delegazione abbiamo inviato alle autorità locali una lettera per richiamare la loro attenzione su questa importante testimonianza storica che non può essere dispersa dall'ignavia di chi governa e vuole nascondere il proprio passato.
Ezio Casagranda
Buenos Aires 28 November 2007

martedì 27 novembre 2007

L'altra faccia delle Coop.

A distanza di due anni dalla sua scadenza e dopo 18 mesi dalla presentazione della piattaforma rivendicativa, lunedì 26 novembre 2007 le OO.SS di categoria hanno raggiunto un’ipotesi di accordo per il rinnovo del Contratto Integrativo Aziendale di Coop Adriatica area Emilia che riguarda più di 4000 mila lavoratori/trici sparsi nel territorio bolognese. Come delegate e delegati di Coop Adriatica aderenti alla Rete 28 Aprile in Cgil giudichiamo questa ipotesi di accordo disastrosa sia nel merito che nel metodo.Nel merito si è accettato, di fatto, per i neo-assunti in punti vendita di nuova apertura un doppio regime salariale e normativo che prevede:SUL SALARIOPer i primi 48 mesi la non erogazione del Premio Integrativo Aziendale e la non maturazione del Salario Variabile. Peggiorando così la stessa normativa già in essere che prevede per i neo-assunti un salario di ingresso di 36 mesi.SULLE NORMATIVEPer i tempi pieni un aumento dell’orario di lavoro da 37 a 38 ore a parità di salario.Il non riconoscimento della pausa retribuita, della maggiorazione del 135% per il lavoro domenicale e le 24 ore di permessi retribuiti.Con questo accordo le organizzazioni sindacali accettano il principio che possano esistere lavoratori di serie A (quelli già assunti full-time e a tempo indeterminato) lavoratori di serie B (part-time, contratti a termine, apprendisti ecc.) e lavoratori di serie C (i neo-assunti nei nuovi punti vendita).Nel metodo: senza un minuto di sciopero si accetta di discutere della contropiattaforma della Coop per accettarne infine la logica di fondo peggiorando lo stesso doppio regime salariale e normativo esistente.Inoltre, questo accordo contraddice clamorosamente lo stesso documento conclusivo del congresso nazionale della Filcams che aveva al centro lo slogan “Includere gli esclusi”, proprio mentre in tutto il paese si discute e si conviene sulla necessità di attuare politiche a favore dei giovani. Chiediamo quindi che la Filcams-Cgil non ponga la firma a questa ipotesi di accordo e che metta in campo una campagna di informazione e di lotta che denunci la reale natura del sistemo cooperativo in questo paese che da tempo non ha più nessuna distintività rispetto al privato.
Area programmatica Rete 28 Aprile Emilia Romagna
27 novembre 2007

lunedì 26 novembre 2007

Contro la violenza sulle donne

Siamo arrivate in piazza della Repubblica a Roma alle 13.30, subito ci siamo guardate: eravamo pochissime! Ma lo sconforto è durato poco: in meno di mezz’ora la piazza si è riempita di donne, non speravamo saremmo state così tante! Più di 100.000! Donne di tutte le età e di diversa provenienza sociale; nel gruppo Trentino molte donne della Cgil, donne dell’ ANPI, dell’associazionismo sociale, di Rifondazione Comunista e studentesse: Marcella, la più giovane del nostro gruppo, a soli 15 anni ha partecipato motivata e consapevole della necessità di un cambiamento. Bello vedere unite più generazioni di donne, dalle femministe che cantavano le canzoni, purtroppo ancora attuali, degli anni settanta, ai collettivi di lesbiche, dai centri antiviolenza alle ragazze rom che a seguito degli sgomberi avvenuti conseguentemente all’applicazione del pacchetto sicurezza varato dal governo Prodi, erano lì per dire che “la violenza sulle donne non ha colore né religione, né cultura ma solo un sesso”.
Un corteo colorato, formato quasi esclusivamente da donne: era dai tempi delle rivendicazioni femministe degli anni ’70 che non si vedeva un corteo così partecipato! Donne uscite dal chiuso delle proprie case, dove in maggioranza si consumato le violenze, in strada, unite per dire basta alla violenza maschile, per chiedere condanne severe contro le violenze alle donne, per dire basta alla condanna sociale incentrata sulla vittima anziché sull’autore dei reati, per ricordare che la violenza non è mai giustificabile! Un corteo di donne determinato nel rivendicare l’uguaglianza fra i sessi che ancora non abbiamo, unite nella condanna unanime alle violenze che molte donne ancora subiscono: una donna italiana su tre subisce nel corso della sua vita uno stupro o un tentativo di stupro! Più de ’70% delle violenze si consuma fra le mura domestiche (il 69,7% avvenute da parte del partner o ex partner-dato Istat 2006 “violenze in Italia”), a differenza di quanto ci vogliono far credere i media (solo il 6,2% degli stupri in Italia è opera di estranei – dato Istat 2006), e la maggioranza delle violenze, il 94%, sono compiute da italiani: fra un po’ ci toccherà chiedere l’istituzione dello sbirro del tinello!( altro che poliziotto di quartiere!..). La violenza sessista contro le donne è una delle emergenze sociali e politiche più pressanti, non possiamo più accettare il silenzio delle istituzioni. E’ un problema culturale, che ha poco a che fare con l’emergenza sicurezza nelle aree urbane. Necessita un cambiamento culturale profondo, sia negli uomini, che devono imparare a convivere con la nostra libertà senza scambiarla per disponibilità sessuale, sia nelle donne che devono allevare i loro figli educandoli al rispetto reciproco insegnando loro pari responsabilità ed uguaglianza.
Quando sono arrivati i dati sull’affluenza, durante lo svolgimento del corteo, molte di noi si sono commosse, ed entusiasticamente è stato partorito un grido di gioia collettivo.
Una manifestazione che si è svolta in molti paesi del mondo, senza quell’impatto mediatico che ci saremmo aspettate. Questo la dice lunga sul poco spazio che viene ancora riservato alle donne da parte di questa società patriarcale e maschilista. Come sostenuto dal comitato promotore della manifestazione bisogna riscrivere un nuovo patto di convivenza civile tra donne e uomini. Noi continueremo a far sentire la nostra voce per affermare ancora e sempre più forte il nostro diritto all’autodeterminazione!

Nicoletta Soini e Swetlana Tenuta
Direttivo Filcams Cgil del Trentino
Trento, 26 novembre 2007

Turismo o Profitto per pochi

Riceviamo questo contributo al dibattito sul Trentino che vogliamo da parte di Francesca che volentieri pubblichiamo.
Un incarico da 9 mila Euro per dire che a Folgaria sarà possibile sciare ancora per molto tempo. Nelle tasche del dott. Massimiliano Fazzini il Comune di Folgaria verserà questa incredibile cifra per uno studio climatico – turistico che dovrà dimostrare che, cambiamenti climatici o no, la neve fiocca anche a bassa quota.
Le ricerche che hanno impegnato questo studioso saranno esposte sabato mattina in una conferenza a porte chiuse. La conferenza che si terrà al Palasport di Folgaria alle ore 09.30 di sabato 24 è infatti ad invito e non aperta all'intera popolazione, tanto meno a chi sull'Altipiano di Folgaria lotta contro la costruzione di nuovi impianti. Oltre che allo studioso di clima (o di turismo?) pagato dal sindaco Olivi, alla conferenza è annunciata la presenza del Presidente della Provincia di Trento Lorenzo Dellai che dovrà dare "autorevolezza" ad un'iniziativa che fatica a nascondere i veri intenti: quelli di dare rigore scientifico al dissennato progetto di ampliamento del carosello sciistico esistente, dimostrando che nei prossimi anni la copertura nevosa non mancherà anche ad altitudini trascurabili come quelle dove dovranno sorgere gli impianti di risalita di futura realizzazione a Folgaria, garantendo quindi un consistente ritorno economico.
"L'Amministrazione Comunale di Folgaria - si legge nella delibera - ha deciso di intraprendere un percorso scientifico e culturale per definire i criteri di sviluppo sostenibile estivo ed invernale della montagna in relazione con le particolari caratteristiche climatiche degli Altipiani di Folgaria, Lavarone e Luserna". "E' intenzione dell'Amministrazione Comunale - continua il documento - organizzare alcune manifestazioni culturali culminanti con un workshop inerente la potenzialità del turismo invernale nelle stazioni turistiche ubicate a quote medio – basse". Tutto questo - e lo si capisce bene - per capire come "favorire un ulteriore sviluppo turistico in relazione con le recenti vicissitudini climatiche che ipotizzerebbero un riscaldamento tale da ridurre notevolmente i periodi di sciabilità".
Non vorremmo che lo studioso che è stato chiamato dal sindaco Olivi (ma pagato da tutti noi) credesse che la neve artificiale cade dal cielo. Ormai tutti sanno che a Folgaria per sciare serve la neve artificiale tutto l'inverno, il che significa sperpero di quantità enormi di acqua, che sempre più spesso viene prelevata dall'acquedotto. E non serve certamente un esperto per constatare il mutamento climatico in atto: sono molti anni infatti che sull'Altopiano non sarebbe praticamente più possibile praticare lo sci da discesa senza l'ausilio dei cannoni da neve
A rovinare questo teatrino potrebbe però essere la stessa Madre Natura facendo cadere sul tetto dell'edificio dove si terrà la conferenza una copiosa pioggia, la stessa pioggia che - in barba alle teorie dell'autorevole professor Fazzini - in queste ore sta sciogliendo tutta la neve artificiale sparata sulle piste negli ultimi giorni, costringendo la società impianti a rimandare l'apertura della stagione invernale.
Folgaria, 26 novembre 2007

mercoledì 21 novembre 2007

Commercio: Non fermiamo le lotte !

lo sciopero nazionale del 16/17 novembre indetto per il rinnovo del ccnl del commercio, che interessa quasi 2 milioni di lavoratori/trici, ha visto un’adesione superiore alle aspettative ma non sufficiente a dare una svolta positiva alla trattativa in corso di fronte ad un contratto scaduto da più di 10 mesi.
Nel solco della peggiore tradizione del padronato italiano, confcommercio, con arroganza, rivendica il pieno controllo dell’orario di lavoro e la completa applicazione della legge 30 senza limitazioni contrattuali, temporali e numeriche e sul massimo contenimento degli aumenti salariali. come dichiarato pubblicamente dal presidente di confcommercio: “prima viene la riforma del modello contrattuale, poi viene la trattativa sul rinnovo del ccnl del commercio”.
E filcams-cgil, fisascat-cisl e uiltucs-uil cosa fanno???
La rete28aprile nella cgil aveva già denunciato questo pericolo fin dalla presentazione della piattaforma rivendicativa, criticando la misera richiesta economica (78 euro al 4 livello), l’ambiguità ed i limiti degli aspetti normativi a partire dalla sostanziale accettazione della legge 30 (richiedendone solo una velata limitazione) che non risolvendo i problemi concreti e quotidiani di chi in questo settore lavora, non avrebbe consentito una adesione forte e convinta dei lavoratori/trici. se poi aggiungiamo la mancanza di informazioni e coinvolgimento dei diretti interessati (i/le lavoratori/trici) sullo stato delle trattative e l’assenza di iniziative di mobilitazione anche parziali, se non di facciata, per la preparazione di uno sciopero dell’intero settore, non potevamo aspettarci nulla di diverso da quello che è realmente accaduto. inoltre non è comprensibile la scelta, da parte delle segreterie nazionali di escludere dallo sciopero, i/le lavoratori/trici della distribuzione cooperativa sapendo che storicamente hanno le stesse richieste in piattaforma, vivono i medesimi problemi, fanno lo stesso lavoro e hanno le proprie associazioni imprenditoriali orientate sugli stessi obiettivi di riduzione del costo del lavoro.
Siamo forse di fronte al fatto che ci sono delle controparti nemiche dei lavoratori (confcommercio) e invece controparti amiche dei lavoratori (cooperative)???
RIPRENDIAMOCI IL CONTRATTO!!!
A dicembre, il mese dei grandi profitti per le imprese commerciali, continuiamo le iniziative di lotta;
Chiamiamo alla mobilitazione anche i lavoratori/trici della distribuzione cooperativa.

Rete 28 Aprile nella Cgil per l’indipendenza e la democrazia sindacale
www.rete28aprile.it

martedì 20 novembre 2007

Finanziaria, Armi e Politica

Pubblichiamo volentieri questo intervento di Alex Zanotelli

Rimango esterrefatto che la Sinistra Radicale ( la cosiddetta Cosa Rossa ) abbia votato, il 12 novembre con il Pd e tutta la destra, per finanziare i CPT, le missioni militari e il riarmo del nostro paese. Questo nel silenzio generale di tutta la stampa e i media. Ma anche nel quasi totale silenzio del “mondo della pace“.
Ero venuto a conoscenza di tutto questo poche ore prima del voto. Ho lanciato subito un appello in internet: era già troppo tardi. La “frittata“ era già fatta. Ne sono rimasto talmente male, da non avere neanche voglia di riprendere la penna. Oggi sento che devo esternare la mia delusione, la mia rabbia. Delusione profonda verso la Sinistra Radicale che in piazza chiede la chiusura dei “lager per gli immigrati “, parla contro le guerre e l’ imperialismo e poi vota con la destra per rifinanziarli.
E sono fior di quattrini ! Non ne troviamo per la scuola, per i servizi sociali, ma per le armi SI’ !
E tanti !! Infatti la Difesa per il 2008, avrà a disposizione 23,5 miliardi di euro: un aumento di risorse dell’11% rispetto alla finanziaria del 2007, che già aveva aumentato il bilancio militare del 13%. Il governo Prodi in due anni ha già aumentato le spese militari del 24% !!
Ancora più grave per me è il fatto dei soldi investiti in armi pesanti. Due esempi sono gli F35 e le fregate FREMM. Gli F35 ( i cosiddetti Joint Strike Fighter ) sono i nuovi aerei da combattimento (costano circa 110 milioni di Euro cadauno). Il sottosegretario alla Difesa Forcieri ne aveva sottoscritto, a Washington, lo scorso febbraio, il protocollo di intesa.
In Senato, alcuni (solo 33) hanno votato a favore dell’emendamento Turigliatto contro il finanziamento degli Eurofighters, ma subito dopo hanno tutti votato a favore dell’ articolo 31 che prevede anche il finanziamento ai satelliti spia militari e le fregate da combattimento FREMM.
Per gli Eurofighters sono stati stanziati 318 milioni di Euro per il 2008, 468 per il 2009, 918 milioni per il 2010, 1.100 milioni per ciascuno degli anni 2011 e 2012 !
Altrettanto è avvenuto per le fregate FREMM e per i satelliti spia.
E’ grave che la Sinistra, anche la Radicale, abbia votato massicciamente per tutto questo, con la sola eccezione di Turigliatto e Rossi, e altri due astenuti o favorevoli. Purtroppo il voto non è stato registrato nominativamente! Noi vogliamo sapere come ogni senatore vota!
Tutto questo è di una gravità estrema! Il nostro paese entra così nella grande corsa al riarmo che ci porterà dritti all’attacco all’Iran e alla guerra atomica.
Trovo gravissimo il silenzio della stampa su tutto questo: una stampa sempre più appiattita!
Ma ancora più grave è il nostro silenzio : il mondo della pace che dorme sonni tranquilli. E’ questo silenzio assordante che mi fa male. Dobbiamo reagire, protestare, urlare!
Il nostro silenzio, il silenzio del movimento per la pace significa la morte di milioni di persone e dello stesso pianeta. La nostra è follia collettiva, pazzia eretta a Sistema. E’ il trionfo di ”O.Sistema”. Dobbiamo riunire i nostri fili per legare il Gigante, l’Impero del denaro. Come cittadini attivi non violenti dobbiamo formare la nuova rete per dire No a questo Sistema di Morte e un Sì perché vinca la Vita.
Alex Zanotelli

Le firme di adesione vanno inviate a:
alex.zanotelli@libero.it

lunedì 19 novembre 2007

Accordo Festività Natalizie

Oggi è stato siglato l’accordo per il trattamento economico per i lavoratori del commercio che lavorano nelle domeniche natalizie. Un accordo che, ferma lavolontarietà del lavoro domenicale, eleva la percentuale della maggiorazione salariale al 70% per quanti lavorano nelle domeniche del 25 novembre il 2,9,16 e 23 dicembre e nella festività dell’8 dicembre. Non è prevista l’apertura dei negozi per la domenica del 30 dicembre come da accordo con L’assessore Mellarini per il festival dell’economia.
Un accordo importante che riconosce parzialmente il disagio di quanti devono sacrificare la domenica per seguire “gli andamenti del mercato”. Tutti sappiamo che, nei fatti, vuoi per le pressioni o altri motivi questo è un diritto di non lavorare la domenica rischia di rimanere sulla carta. Per questo serve un accordo provinciale che regoli in via definitiva questa annosa questione delle aperture domenicali dei negozi. Solo così si potrà tutelare al meglio gli interessi di quanti lavorano in questo settore a partire dalle esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori.
Nel frattempo con grande difficoltà procede la trattativa per il rinnovo del contratto provinciale che riguarda la gestione dell’orario di lavoro all’interno dei negozi e la definizione di un accordo com0lessivo su tutte le tematiche della piattaforma a partire da quella del salario e del riposo festivo.
Anche oggi abbiamo ribadito, al tavolo negoziale la nostra ferma contrarietà affinché Trento e Rovereto siano considerate città turistiche con la conseguente apertura indiscriminata delle domeniche.
Infatti tale situazione non solo penalizza, senza motivo, i lavoratori e le lavoratrici del settore, ma sarebbe anche un duro colpo ai piccoli negozi ed a qualsiasi ipotesi di rilancio del centro storico delle due città. Quanto successo a Pergine in questi giorni dovrebbe far riflettere i nostri amministratori e quindi affrontare il problema del commercio dal versante della tutela delle peculiarità del dettaglio e dei diritti dei lavoratori.

P.la Filcams Cgil del Trentino
Ezio Casagranda
Trento, 19 novembre 2007

Folgaria: Difendere il territorio

Riceviamo e volentieri pubblichiamo un appello sulla lotta dei cittadini di Folgaria, Lavarone e Luserna contro i disastri ambientali degli “impiantisti di ultima generazione”.

Ciò che ci spinge a chiedere il vostro sostegno è la certezza che non possiate rimanere insensibile di fronte a quanto i politici locali e provinciali stanno cercando di realizzare sull’Altopiano di Folgaria, Lavarone e Luserna. Da molto tempo stiamo facendo sentire il nostro NO all’ampliamento del carosello sciistico folgaretano con la realizzazione di nuovi impianti per lo sci da discesa (7 nuove seggiovie e 12 piste) nell'incontaminato ecosistema di Val delle Lanze - Costa d'Agra - Passo Coe, sul confine fra Trentino e Provincia di Vicenza.
Ci teniamo a sottolineare che le motivazioni che ci spingono ad opporci a questo folle progetto non sono solamente di matrice ambientalista, ma esprimono una forte preoccupazione per l'aspetto economico e soprattutto sociale dell'operazione e sono quindi facilmente condivisibili.

Pochi dati per inquadrare il problema:
- Le pendenze medie delle nuove piste sono ridicole (12%) tanto che molti esperti del settore hanno definito la nuova area "stazione di non ritorno", senza cioè alcuna attrattiva per chi ci scia;
- La quota massima è bassissima (1820 mt) e l'esposizione delle piste è rivolta a sud; ciò richiede l'inevitabile ricorso all'innevamento artificiale per il quale è prevista la realizzazione a Passo Coe di un bacino da 100.000 mc d'acqua che verrà raccolta attraverso le precipitazioni ma anche pescando dall'Astico, dalle scarse sorgenti del Monte Maggio e di Pioverna e, se non basterà, direttamente dalle pompe dell'acquedotto comunale;
- La Carosello Ski, società che gestisce le piste attuali e realizzerà e gestirà il nuovo collegamento, è già fortemente indebitata (circa 12 milioni e mezzo di euro di debiti) e per sostenerla l'Amministrazione di Folgaria ha deliberato l'avvio dell'ennesima speculazione edilizia con la realizzazione di nuove seconde case a Serrada (6000 mc - circa 60 appartamenti) e a Fondo Grande (20000 mc - circa 100 appartamenti); anche ai Fiorentini (Lastebasse - Vi) sono previsti 42000 mc di appartamenti;
- Tutto questo progetto, e questa probabilmente è la cosa più grave, è stato pensato e pianificato senza informare né tanto meno coinvolgere la popolazione residente degli Altipiani.
A questo punto crediamo vi siano chiari i gravi danni che provocherebbe tale progetto e forse vi stupirete (come è successo a noi) nello scoprire che la nostra Provincia è pronta a versare un contributo di ben 17 milioni di euro, per finanziare uno sviluppo che non è sostenibile né socialmente, né economicamente e tanto meno dal punto di vista ambientale. Non solo, L'Adige ha recentemente scoperto che esiste un accordo segreto pronto alla firma, tra PAT, Agenzia per lo Sviluppo, comuni di Folgaria, Lavarone e Luserna e società impiantistiche per il versamento di questo contributo: un accordo che fra l’altro impegna le parti a "non divulgare a terzi, alcuna notizia, informazione o dato riguardante l'operazione" (art. 9). Continua quindi anche in Provincia l'atteggiamento antidemocratico dimostrato negli ultimi mesi soprattutto dall'Amministrazione Comunale di Folgaria che è arrivata al punto di negare l'uso della piazza principale del paese (chiesta per informare la popolazione sul progetto) ad iniziative che non fossero organizzate dal Comune o dallo stesso sponsorizzate. Ed è anche riguardo allo sperpero di denaro pubblico che la stessa Amministrazione folgaretana si è distinta: infatti sono stati spesi 200.000€ per commissionare tre studi di fattibilità di tale progetto: ben due studi su tre hanno dato parere negativo. L’unico studio che si è schierato favorevolmente è quello commissionato alla SWS di Trento che da sempre progetta impianti di risalita per la Carosello Ski.
La crisi della rappresentanza è quanto mai evidente a Folgaria dove il Consiglio Comunale in carica sta reagendo con grande arroganza alle richieste di chiarimento di una popolazione che, giorno dopo giorno, rende sempre più manifesta la propria contrarietà a questo modello di sviluppo. Forte del risultato ottenuto alle ultime elezioni, il sindaco Olivi (DS), al suo terzo e ultimo mandato, pare non aver più alcun interesse a farsi ben volere dal proprio elettorato e, di fronte alle costanti richieste dell'apertura di un dialogo con la popolazione, reagisce sistematicamente trincerandosi dietro alla “sacralità” della politica istituzionale e intimando di avere maggiore rispetto per chi è stato democraticamente eletto e accusando chi lo contesta di mirare soltanto a prendere il suo posto alle prossime elezioni.

Con l'aiuto di tutti voi, siamo certi che riusciremo a riportare il potere decisionale nelle mani dei cittadini che – cogliamo l'occasione per ricordarlo al signor Sindaco – non sono tali soltanto al momento dell'elezione, ma anche per tutta la durata del mandato che deleghiamo a questi signori, che altri non sono che nostri dipendenti.

Una cittadina di Folgaria

Folgaria, 19 novembre 2007

Per maggiori informazioni: www.folgaria235.com oppure http://altipiani.splinder.com/

domenica 18 novembre 2007

A Genova 6 anni dopo

Un grande, pacifico e colorito corteo ha attraversato, ieri, la città di Genova per dire che la storia siamo noi e che non si può essere processata e stavolta da interessi di parte.
"Ritornare a Genova perché la storia siamo noi" Questo, in sostanza, il motivo che ha spinto oggi migliaia di cittadini, lavoratori, donne, uomini e tantissimi giovani ad aderire alla mobilitazione convocata a livello nazionale da un ampio fronte che racchiude, oltre ai Centri Sociali, anche alcune aree sindacali e politiche e una larga parte del movimento. Oltre 100.000 persone, (otre 150 i trentini) che in carne e ossa sono venute a Genova per far sentire il loro dissenso su come pezzi della magistratura e del Governo vogliono riscrivere quei giorni del luglio di 6 anni fa.
Un dissenso contro l'affossamento delle commissione di inchiesta, contro il tentativo di individuare 25 giovani come capri espiatori delle devastazione effettuate dai “blak block” che hanno potuto agire indisturbati mentre la polizia attaccava un corteo pacifico di oltre 300 mila persone.
Oggi è nuovamente in piazza l'Italia pacifista che rivendica un mondo migliore dove democrazia e partecipazione popolare siano i pilastri fondanti dei nuovi rapporti sociali e mondiali. Rivendica un mondo di pace dove sia bandita la guerra e la violenza economica e i popoli possano decidere il loro futuro senza essere schiavi delle multinazionali della guerra e del mercato.
Una manifestazione pienamente riuscita per la sua grande partecipazione che manda un preciso segnale a questo Governo il quale non può sacrificare sull'altare della sua sopravvivenza e della governabilità il diritto alla verità sui fatti di Genova del 2001. Dalla morte di Carlo Giuliani alla macelleria sociale che hanno caratterizzato quei giorni di protesta contro l'arroganza dei G8.
Una verità è stata gridata: non sarà e non potrà essere un magistrato a cancellare la storia e la verità di quelle tragiche giornate. Non accettiamo che i responsabili dei disordini di quei giorni (dal questore ai poliziotti) siano promosso ed ad essere condannati siano questi hanno subito violenze e soprusi di ogni genere colpevoli solo di aver esercitato il diritto costituzionale di manifestare le proprie idee ed i propri ideali di pace e di giustizia.
Ezio Casagranda
Genova 18 novembre 2007

sabato 17 novembre 2007

"Cittadella Militare" NO Grazie

In seguito alla serata di giovedì 15 novembre, citata nel titolo e pubblicata negli appuntamenti di questo blog, vorrei informare della buona riuscita dell'iniziativa. Al teatro parrocchiale di Mattarello l'altra sera erano presenti circa un centinaio di persone, una partecipazione massiccia, una platea composta da diverse realtà, politiche, istituzionali, associative, agricole, movimentiste-pacifiste, dalle quali è scaturito dopo la mia relazione introduttiva, un dibattito molto interessante e ricco di spunti che saranno molto utili se la cosa potrà (si spera) avere un seguito. Forse domani (sabato, o domenica) uscirà qualcosa sulla stampa locale vista la presenza in sala di due giornalisti. La cosa come prima accennavo potrebbe avere un seguito perchè tra i presenti è trapelato il forte dissenso verso la costruzione di questa imponente infrastruttura "bellica" che andrebbe ad occupare un'area di ben 30 ettari di terreno agricolo, un altro importante tassello da aggiungre alla indiscriminata occupazione dello stretto corridoio della Val d'Adige. Ma va evidenziato in primis il fatto che anche per quest'opera, come per molte altre ben più imponenti in attuazione, se non già in avanzato stadio di progettazione, le comunità il loco ne devono subire la presenza senza esserne nemmeno preventivamente informate. Durante il dibattito sono uscite tra i vari interventi molti accenni alle parecchie contraddizioni che viviamo giorno per giorno, infatti per chi non ne fosse informato ricordo che è stato avviato da poco meno di un anno, con il patrocinio della PAT,un percorso partecipativo chiamato "Agenda21" che vuole coinvolte le relatà locali nella gestione partecipata del territorio. L'idea che credo molto importante è nata da un progetto molto ambizioso, proposto dall'ONU all'inizio degli anni 90' e previsto per l'intero pianeta, il primo esperimento nella nostra piccola realtà è partito con il proclama "progetto gestionale pertecipativo di un area fra due città" che in questo caso interessa il territorio compreso fra Trento e Rovereto con proposte, uscite dai primi incontri, di introduzione di "parchi agricoli" percorsi ciclopedonabili sfruttando le strade interpoderali con annesse possibili fattorie didattiche, bicigrill e quant'altro. C'è motivo però di pensare che un paesaggio che scherzosamente si potrebbe definire da "Mulino Bianco" potrà essere drasticamente ridimensionato da tutt'altre strutture, oltre a quella in oggetto, come: nuovi svincoli autostradali, rotatorie, tangenziali, insediamenti artigianali con capannoni che magari rimarranno sfitti per diversi anni,.... i cantieri per la TAV !!?? Il quadro non è certo esaltante ma con la partecipazione attiva dei cittadini le cose si potranno sicuramente ridimensionare portandoci ad immaginare progetti volti ad una migliore razionalizzazione nell'uso del territorio.
Tessadri Franco.
Trento, 17 novembre 2007

venerdì 16 novembre 2007

Riflessioni sul Direttivo Cgil

Con la presente vorrei esprimere alcune considerazioni in merito al direttivo della Cgil del 9 novembre 2007. In primo luogo non ho capito il perché bisognava ribadire che i Sì avevano vinto, io non avevo nessun dubbio in merito, perché sappiamo tutti come è facile “pilotare” un referendum o consultazione che sia all’interno di un’assemblea sindacale ed ancor meglio ( o peggio ) quando una persona si presenta davanti ad un’ urna gestita in modo “confederale” dove tutti sono per il Sì.
Si poteva valutare la portata del voto ma anche questo, pur con la buona volontà del segretario Purin, non si è voluto fare anzi la maggior parte degli interventi, non tutti per la verità, erano attacchi più o meno velati al “nemico” di chi non la pensa come te (ci metto dentro tutti non salvo nessuno); ho assistito ad una gazzarra indegna della Cgil, almeno di quella che io ho conosciuto negli anni, e la cosa mi ha rattristato.
La cosa peggiore, comunque, è stato il comportamento del segretario nazionale che, lasciando stare i movimenti della testa in senso affermativo o negativo durante gli interventi a seconda di chi parlava che comunque indispettiscono, nella sua relazione finale invece di fare “il pompiere” ha gettato benzina sul fuoco, ha parlato di fare “un passo avanti” ma nel contempo ha bacchettato, peggio di quello che accadeva nei collegi una volta, chi si era espresso per ilNo.
Dulcis in fondo il segretario nazionale, al termine della sua relazione, ha detto che magari l’accordo era passibile, durante l’iter parlamentare, di emendamenti sfavorevoli come la reintroduzione del “Job a call” (lavoro a chiamata) del resto, secondo me, era l’unica cosa rimasta fuori della legge 30.
Alla fine della relazione e del direttivo si doveva andare alla votazione di un ordine del giorno, personalmente ero per votare no, però visti certi comportamenti visto che “a chiamata”(legge 30 già applicata come fosse un D.L.) alcuni compagni sono venuti a votare (un segretario di categoria ha firmato la presenza alle 14.07 dichiarando a me “sono venuta per votare”) me ne sono andato; io non l’ho fatto a comando, anzi la mia intenzione come quella di altri 4/5 era di rimanere, ma per una forma di protesta civile, non credo che dopo un direttivo così si doveva votare, a me interessa poco se c’era o non c’era numero legale, era meglio per tutti darsi un altro appuntamento e rinfrescarsi le idee.

Mariano Fronza

giovedì 15 novembre 2007

Noi andiamo a Genova

"Ritornare a Genova il 17 novembre perchè la storia di quelle giornate la dobbiamo scrivere noi." Questo, in sostanza, il motivo che spinge i sottoscrittori dell'appello trentino - di cui Alex Zanotelli è il primo firmatario - ad organizzare per sabato prossimo la partenza di Treni e pullman che da Trento e Rovereto raggiungeranno la manifestazione che si svolgerà nel capoluogo ligure. Una mobilitazione convocata a livello nazionale da un ampio fronte che racchiude, oltre ai Centri Sociali, anche alcune aree sindacali e politiche e una larga parte del movimento che sei anni fa diede vita alle giornate del G8. A Trento si stanno mobilitando il Centro sociale Bruno, Rifondazione Comunista e la Filcams-CGIL. Se le ultime due organizzazione stanno organizzando i pullman (prenotazione al numero:0461263510), gli attivisti del Bruno lanciano l'appuntamento davanti alla stazione dei treni di Trento alle 7 e 30 di sabato per raggiungere Genova con i treni ad un prezzo "politico" (info: 3381580265). I motivi della manifestazione che dopo sei anni ripercorre le strade genovesi sono legati alla richiesta fatta dai PM contro i manifestanti imputati: 225 anni di carcere, "mentre le posizioni dei poliziotti colpevoli delle atrocità che tutti hanno visto e alcuni di noi subito sono archiviate o invio di certa prescrizione" - dicono gli organizzatori, che sottolineano anche la mancata istituzione della commissione di inchiesta sui fatti di Genova e l'archiviazione dell'omicidio di Carlo Giuliani.
PER PRENOTAZIONE PULLMAN: 0461263510
PER INFO TRENI: 3381580265

UCT e Ispettori del Lavoro

Noi sosteniamo gli Ispettori del lavoro
Abbiamo letto sulla stampa locale il pesante attacco portato al Servizio Lavoro della provincia da parte dell'Unione e Commercio e come sindacato del settore intendiamo intervenire per ribadire che il ruolo degli Ispettori è importante per l'individuazione di tutte quelle forme di evasione contributiva e di elusione contrattuale che sono tipiche nei nostri settori. Basti pensare al settore del pulimento o del turismo in alta stagionalità.
Non entriamo nel merito di quanto riportato dal giornale dell'unione ma non possiamo condividere le affermazioni che accusano il Servizio Lavoro di utilizzare mezzi della "Gestapo" in quanto sono offensivi del lavoro degli Ispettori, ma anche della memoria di quanti i metodi della Gestapo gli hanno subiti nel ventennio fascista.
Non condividiamo lo strillare da parte dell'UCT, che accodandosi ad artigiani ed Asat, prendono a scusante un caso (sul quale faranno chiarezza quanti di dovere) per "criminalizzare" un servizio fondamentale come quello ispettivo, che ricordiamo ha anche il compito si scavare, ricercare ed individuare le situazioni di violazione delle norme contrattuali e di legge.
Non è sparando sul Servizio Lavoro che si pone fine o si cancella una situazione di forte elusione. Non è colpa degli ispettori se ad ogni verifica la guardia di finanza individua in questi settori lavoro nero, evasioni contributive e fiscali.
Questa situazione si risolve se tutti, parti sociali comprese, assumono come valore fondante dei rapporti sociali e del lavoro il rispetto delle regole, dei contratti e delle leggi e quindi si combatte veramente la cultura dei furbetti del quartiere.
Un passo importante sarebbe quello di arrivare in tempi brevi alla firma dei contratti provinciali del commercio e del turismo che sono fermi da oltre 10 anni. Una trattativa che se nel commercio procede a rilento nel turismo è ferma per indisponibilità dell'UCT e dell'Asat.
Indisponibilità che contrasta con gli stessi impegni assunti formalmente da queste associazioni alcuni mesi fa davanti agli assessori Mellarini e Dalmaso. Impegni disattesi e quindi sarebbe opportuno ripartire da qui per definire quelle soluzioni contrattuali che possono essere utili ai lavoratori ed al settore.
Per quanto riguarda la situazione a livello nazionale invitiamo il presidente Gianni Bort (che è vice presidente nazionale di Confcommercio) ad attivarsi per firmare il Contratto Nazionale del Commercio che è scaduto da oltre 10 mesi e quindi la Confcommercio è in palese violazione delle norme previste dall'accordo del 1993 sulla contrattazione. Invece, dobbiamo constatare che in settembre la Confcommercio ha unilateralmente rotto le trattative, senza motivi reali, ma al solo scopo di non riconoscere il diritto dei lavoratori al rinnovo del Contratto Nazionale.
I lavoratori e le lavoratrici del commercio, nell'ambito dello sciopero nazionale, domani mattina saranno davanti alla sede dell'UCT di Trento per manifestare la loro rabbia per questo atteggiamento del padronato, per rivendicare il diritto alla contratto nazionale, per un aumento dei loro salari e per dire che il ruolo degli organi ispettivi (Servizio Lavoro, Guardia di Finanza, Carabinieri, ecc.) sono fondamentali non solo per la tutela dei lavoratori, la dove l'agire sindacale non arriva, ma anche per difendere quelle aziende che operano e lavorano nel rispetto delle normative vigenti, a partire dalla sicurezza sul lavoro, senza dimenticare i diritti dei lavoratori.

P la Filcams Cgil – Fisascat Cisl - Uiltucs Uil

E.Casagranda – G.Agorstini – G.Tomasi

Trento, 15 novembre 2007

mercoledì 14 novembre 2007

Difendo il Contratto Nazionale

Da quando ho iniziato a lavorare ad oggi, ( e ne è passato di tempo),ho visto via via peggiorare le mie condizioni lavorative e di vita, è da quando lavoro (e ne sono passati di lustri) che questo paese attraversa una crisi economica,è da quando lavoro che mi si sta dicendo che serve il mio aiuto per risanarlo, e questo ho fatto.
Ma, è difficile vedere che fatti tutti questi sacrifici ancora una volta una parte del paese continua ad arricchirsi ( sui miei sacrifici),mentre io continuo ad impoverirmi.
Mi piace ricordare che nel lontano 1984, con la cancellazione della scala mobile che ci assicurava una certa salvaguardia del potere d’ acquisto, iniziava l’ attacco al potere dei lavoratori.
Iniziavano cosi’ a diminuire i salari e per far fronte a questo nel 1993 attuarono l’ accordo sulla concertazione di secondo livello che avrebbe dovuto renderci ricchi visto che si dividevano i proventi del maggior guadagno delle aziende.
Anche questa volta qualcosa andava storto, le aziende si arricchivano e portavano i soldi all’estero e per noi ad ogni rinnovo del contratto integrativo significava perdere qualcosa.
Dalle aziende tanti pianti e per noi pochi soldi e “COSTANTEMENTE” perdita ulteriore di qualche diritto. Ahh…questa concertazione!!
Continuano a dirmi che il mondo del lavoro è cambiato, questo è certo.
Dopo averlo reso flessibile e precario, sempre perché noi potessimo coniugare i tempi di vita con quelli del lavoro, eccoci qui ad essere alla mercé delle aziende, come una qualsiasi merce di scambio. E le pensioni? Ne vogliamo parlare? Alza l’età, taglia i coefficienti, (bella parola per dire che prendi meno soldi, per non dirla in un altro modo!)
Pensavamo fosse finita lì? NOOOO….
Ci hanno obbligato a fare le pensioni integrative (bella cazzata!) che guarda casa riguarda sempre solo noi, e guarda caso è pure sempre in perdita. Eppure le banche e le finanziarie da questi soldi ci hanno e ci stanno guadagnando. Che sfiga! Siamo sempre dalla parte sbagliata.
Luglio 2007, altra data nefasta, ODDIO!, c’è da salvare il governo, traballa, sembra che cada se non sopraggiungono i paladini, ma guarda caso sempre con i soldi e i diritti degli altri, per aiutarli si lascia intatta la legge 30. E vai con un’altra stangata! E poi cosa potremmo ancora fare per aiutare questo governo?
Ci sarebbe da svuotare, dal poco potere che gli è rimasto, il contratto nazionale di categoria, e poi? Lo sostituiamo con il secondo livello di contrattazione e gli facciamo pensare (tanto sono i soliti creduloni) che è pure meglio.
Ma allora l’abbiamo finita o no, di pensare ai diritti ed ai problemi degli altri? ( per me sono governo e controparte) che sono in una posizione di salvaguardia migliore e riescono a tutelarsi da soli e torniamo a mettere al centro dell’interesse il lavoratore che parte del sindacato ha dimenticato ormai da troppo tempo di tutelare.
A chi legge “ aprite gli occhi” informatevi, leggete, non fatevi strumentalizzare!
Se siamo arrivati a questo punto è colpa nostra, l’indifferenza, il nostro egoismo momentaneo ed il delegare ad altri (vedi associazioni di categoria) senza interessarsi di quello che avrebbero fatto, ci sta portando ad eliminare tutte le minime tutele guadagnate da lotte feroci. Dobbiamo riappropriarci di quello che ci riguarda, parlare con i nostri segretari di categoria e spingerli verso una svolta.
Siamo noi ricattati tutti i giorni sui posti di lavoro, dobbiamo uscire dal nostro torpore ed iniziare a lottare per avere un futuro lavorativo migliore.
ED E’ PER QUESTO CHE VENERDI SCIOPERERO’, NON TANTO PER I CONTENUTI DI QUESTO CONTRATTO, MA PER DIFENDERLO DAI CONTINUI ATTACCHI DI TUTTE LE CONTROPARTI MA ANCHE DA QUELLA PARTE DI SINDACATO CHE PENSA BENE DI TOGLIERCELO.
Tenuta Swetlana - delegata ORVEA - Trento

Trento, 14 novembre 2007

lunedì 12 novembre 2007

E i diritti di chi lavora ?

Grande ressa al centro commerciale di Pergine, titola oggi il giornale IL TRENTINO e dalla cronaca della giornata di ieri sembra che passare il tempo in un centro commerciale a fare shopping sia diventata la nuova frontiera di aggregazione e di consumismo e, a mio avviso, esasperato da una situazione in cui i valori sociali sono in caduta libera.
Nel ribadire la posizione della Filcams Cgil del Trentino sul lavoro domenicale e festivo tengo a precisare che la domenica non può essere considerato un giorno come un altro. Infatti nella nostra cultura occidentale la domenica è il giorno della socializzazione della vita associativa, del nostro vivere in comunità oltre che della famiglia intesa come entità sociale e parte fondamentale della nostra comunità. Valori a cultura che sembrano essere schiacciati da una morsa formata dalla frenesia consumistica degli individui, assunta a nuova ideologia, e e come che trova momenti convergenti fra una concezione individualistica e chiusa della società e quanti con quanti, in nome del profitto calpestano diritti, tradizioni e culture.
E questo chiama in causa le nostre responsabilità, individuali e collettive, in quanto ritengo che una società che vuole essere di esempio non può accettare che dei suoi cittadini debbano lavorare la domenica per soddisfare le velleità consumistiche e la voglia di profitto.
Ho letto le riflessioni di Don Maffeis ed in parte condivido la sua analisi sulla carenza di momenti di aggregazioni diversi, il venir meno di una socialità solidale e l’assenza di iniziative culturali in grado di essere alternative alla semplice frenesia del consumo come unico metro di misurazione dello standard sociale. La nostra incapacità di comunicare e di socializzare, il nostro essere schiacciati dall’individualismo della televisione e dei mass media, ci porta a ricercare della “grande ressa” dove ci sembra di essere meno soli ma in realtà la nostra solitudine si sfoga nell’acquisto di beni che non sempre sono indispensabili per il nostro vivere quotidiano e che è una delle cause di indebitamento delle famiglie.
Ciò premesso vorrei richiamare l’attenzione di quanti frequentano il centro commerciale per chiedere loro se si sono posti il problema che per i dipendenti del centro commerciale lavorare la domenica significa rinunciare alla famiglia. Emblematica poi è l’affermazione di quanti si dicono contenti delle aperture domenicali perché così possono fare la spesa che non riescono a fare durante la settimana. Da questo ne discende una prima considerazione e cioè che lo stress quotidiano, le forme della precarietà, e le incombenze del lavoro ormai non lasciano più tempo fare la spesa. Una seconda considerazione concerne che si presume che al centro commerciale si vada con la famiglia ed è grave non porsi il problema che per chi è costretto la lavoro domenicale è preclusa la possibilità di trascorrere la domenica con i propri familiari.
Siamo davanti non solo ad una caduta di ogni forma solidaristica ma anche ad una preoccupante regressione sociale in quanto le condizioni dell’altro non interessano e quello che prevale è solo la propria “ soddisfazione “ dello shopping domenicale.
Infine quanto succede al centro commerciale di Pergine è l’ennesima dimostrazione che senza una regola precisa e concordata sulle aperture domenicali quello che prevale è un modello sociale puramente legato al consumo, il conseguente deterioramento dei rapporti sociali sacrificati sull’altare dell’individualismo collettivo e del profitto privato. In poche parole il prevalere degli interessi delle cosiddette “orde consumistiche”.
Ezio Casagranda - Filcams Cgil del Trentino

Trento, 12 novembre 2007

domenica 11 novembre 2007

NO dal Molin: lettera a MELA

Egregio Signor Mela,
siamo le donne e gli uomini del Presidio Permanente No Dal Molin di Vicenza.
Come sa, in questi giorni abbiamo presidiato gli ingressi dell’aeroporto Dal Molin per impedire ai lavoratori della Sua azienda di accedere e proseguire nel lavoro di bonifica iniziato lo scorso 17 ottobre. Con queste righe vogliamo spiegarle le ragioni della nostra iniziativa.
Naturalmente noi non abbiamo nulla in contrario allo svolgimento di una bonifica bellica; purtroppo, come lei sottolinea nella Sua intervista a Il Sole 24 Ore, il mondo è pieno di ordigni, tra cui le mine antiuomo, che quotidianamente mietono decine di vittime.
La bonifica in corso all’interno dell’aeroporto della nostra città, però, ha uno scopo ben preciso: quello di permettere l’edificazione di una nuova installazione militare statunitense per ospitare la 173° Brigata Aerotrasportata. Da più di un anno ci battiamo per impedire la realizzazione di questo progetto che farebbe di Vicenza un avamposto di guerra e che sarebbe devastante dal punto di vista ambientale ed urbanistico.
Non vogliamo che la nostra città diventi il punto di partenza delle future guerre che porteranno morte e distruzione nel mondo, così come non vogliamo che l’equilibrio idrogeologico del nostro territorio venga compromesso irrimediabilmente. Lei certamente sa che, sotto l’aeroporto Dal Molin, c’è la più grande falda acquifera del nord Italia e che l’area è l’ultimo grande polmone verde della città; d’altra parte, è sicuramente a conoscenza del fatto che la nuova base sarebbe edificata ad appena 1.500 m in linea d’aria dal centro cittadino di Vicenza, patrimonio Unisco, con tutte le conseguenze che ne derivano.
Non avremmo mai pensato di interrompere una bonifica bellica se ciò fosse stato il preludio per un utilizzo a soli scopi civili del territorio; ma la bonifica che la Sua azienda sta svolgendo è funzionale alla realizzazione del progetto statunitense di militarizzazione della nostra città.
Noi continueremo a batterci perché la nuova base Usa non venga realizzata; abbiamo apprezzato le Sue parole su Il Sole 24 Ore e ci auguriamo che Lei voglia confermare la determinazione a non proseguire i lavori per non rendersi complice della realizzazione di un’opera che è stata imposta alla comunità locale.
D’altra parte, pur portando grande rispetto per coloro che lavorano, vogliamo ribadirle la nostra intenzione di continuare a mettere in campo iniziative di blocco e boicottaggio dei lavori di bonifica, fino a quando questi saranno utili alla realizzazione di un’installazione militare. Continueremo, inoltre, a sensibilizzare le tante realtà che, in tutta Italia, ci sostengono e che in questi giorni hanno organizzato iniziative di solidarietà e appoggio.

Cordiali saluti,
Il Presidio Permanente No Dal Molin
Vicenza, 9 novembre 2007

sabato 10 novembre 2007

Mobbing: informare e contrattare

Mobbing: è il risultato del perpetrarsi di comportamenti, atti, di carattere vessatorio che riguardano sia la prestazione lavorativa che la tutela dell'integrità della persona in tutti i suoi aspetti, compreso quello sessuale.
Su questo tema si è discusso ieri in un convegno organizzato dalla consigliera di parità della PAT Eleonora Stenico con il contributo di molti economisti e studiosi del tema e la presenza dell’Assessora Berasi e dalla vicepresidente Cogo che si sono impegnate nel sostenere le iniziative di prevenzione atte a combattere anche sul paino sociale e all’interno della famiglia le situazione di mobbing.
Gli argomenti portati alla discussione sono stati molti ed interessanti anche se nessuno ha affrontato la questione centrale e cioè che l'aumento delle forme di mobbing son anche il risultato del venir meno della solidarietà e quindi di quel processo di individualizzazione del salario e del lavoro che inevitabilmente comporta l'esposizione del lavoratore alle forme vessatorie.
Allora, se è importante ed auspicabile l'apertura di una sportello per il mobbing non va dimenticata, da parte delle forze sindacali di rilanciare la contrattazione collettiva dando nuovamente ruolo e titolarità reale sulle condizioni di lavoro sul posto di lavoro.
Infatti, non possiamo nasconderci dietro i dati generali che colloca l'Italia sotto la media Europea (4% rispetto al 16% dell’Inghilterra) in quanto questo dato, a mio avviso, è il risultato della forte presenza della contrattazione collettiva presente in Italia rispetto all'Europa.
La professoressa Scarponi è invece intervenuta sulla rilevanza giuridica e penale oltre che sulle responsabilità dell’azienda nei comportamenti di mobbing.
Comportamenti che riguardano le discriminazioni, le molestie sessuali in quanto violano l’integrità fisica e mentale della persona
Rientrano nel mobbing anche quelle vessazioni finalizzate alle dimissione del lavoratore, la violazione di norme contrattuale trasferimento, l’apertura posta, il demansionamento, comportamenti vessatori, visite fiscali e provvedimenti disciplinari eccessivi, l'isolamento, le battute pesanti, mansioni impossibili atte a distruggere e degradare la vittima. E’ però necessario valutare la pretestuosità del provvedimento, il concetto di ritorsione o il grado di ripetitività della frequenza e durata del fattispecie di mobbing altrimenti rientra nel normale rapporto di lavoro.
Importante è che questa discussione esca dalle mura della individualità per essere patrimonio comune delle lavoratrici e dei lavoratori, dei delegati/e e dell’intera organizzazione sindacale.
Per questo, la Filcams Cgil del Trentino, in accordo con la Consigliera di parità, ha in procinto un corso di formazione per delegate sul tema della condizione lavorativa della donna nel settore del commercio. Un corso finalizzato a fornire gli strumenti contrattuali e legislativi per coniugare tempi di lavoro e tempi di vita ma anche per dare quel bagaglio di informazioni e di strumenti necessario per contrastare le varie forme di mobbing. Dalla conoscenza delle norme legislative, dagli orientamenti giurisprudenziali alle normative previste dalle direttive europee in tema di parità e di discriminazione.
Ezio Casagranda - Filcams Cgil del Trentino
Trento, 10 novembre 2007

venerdì 9 novembre 2007

La democrazia fiorisce in Pakistan

Domani il comandante in capo del mondo libero, George W. Bush, può esclamare di nuovo: «Missione compiuta». Ha infatti ormai conseguito lo scopo cui si è dedicato indefesso da anni: esportare, magari con le armi, la democrazia nel mondo islamico. In fondo era solo questa la ragione invocata per invadere l'Iraq, una volta caduta la menzogna sulle armi di distruzione massa. Sotto gli occhi di tutti, la democrazia fiorisce da tempo in Arabia Saudita e in Egitto, ma soprattutto, da venerdì, in Pakistan. Il generale Pervez Musharraf ha fornito un esempio da manuale di esercizio di democrazia a mezzo carri armati. E ha fatto un enorme passo avanti in quella che Bush aveva definito la priorità delle priorità Usa, la «freedom agenda».
Con il suo secondo golpe, e con la conseguente repressione, Musharraf, ha smascherato la duplice faccia della superpotenza americana: la tracotanza dei bombardamenti da alta quota con alcuni, l'impotenza imbelle con altri. La notte prima, Condoleezza Rice aveva telefonato a Musharraf per implorarlo di non proclamare la legge marziale. L'indomani si è visto il peso che undici miliardi di dollari di aiuti militari conferiscono agli Stati uniti sulla vita pakistana. Mai un alleato aveva affibbiato una tale sberla a Washington, facendosi scudo del proprio ruolo nella lotta contro Al Qaeda e i taleban, per altro non proprio efficace: i taleban hanno ripreso piede in Afghanistan e parte dello stesso Pakistan sfugge al controllo dell'esercito, intento solo a ottenere prebende per i propri generali in pensione. Ma Musharraf se la prende non con gli integralisti islamici, ma con avvocati, giudici, attivisti dei movimenti umani, giornalisti. L'unica consolazione è che con questa vicenda Bush ha portato un po' di allegria nel mondo islamico: ogni volta che parla di democrazia, tutti scoppiano a ridere.
Marco D'Eramo - il manifesto 7-11-2007

giovedì 8 novembre 2007

Il declino dei diritti di cittadinanza

Il processo di flessibilizzazione dei salari e del mercato del lavoro in Italia è iniziato esattamente nel 1984, con il decreto Craxi sulla scala mobile e con la legge n. 863, che ha introdotto i contratti di formazione-lavoro seguita poi, nel 1987, dalla legge 56 che diede la possibilità di estendere il contratto a termine a tutti i settori.
Sul lato del salario e dei diritti sindacali, dopo il fallimento del referendum è iniziato il processo di revisione della stessa scala mobile che sfocerà poi nell'accordo del 31 luglio 1992, che sanciva l'abolizione degli scatti di contingenza. Al riguardo, ricordiamo che alla base di quel (nefasto) accordo, accettato con tribolazione da Trentin, allora segretario generale della Cgil, in nome dell'unità sindacale e della supina accettazione del Trattato di Maastricht c'era l'inizio, anche in Italia del processo di convergenza verso l'armonizzazione monetaria europea, il cui costo verrà esclusivamente scaricato sul lavoro dipendente e precario, sia in termine di organizzazione che di salario.
Con l’accordo sul costo del lavoro del 23 luglio 1993 si conclude il processo di flessibilizzazione del salario, iniziato con il decreto Craxi nel 1984, vincolandolo al tasso d'inflazione programmato. Poiché, il tasso d'inflazione programmato è costantemente inferiore al tasso d'inflazione effettivo, si assiste ad una riduzione sistematica del potere di acquisto delle retribuzioni.
In meno di 10 anni la Confindustria è riuscita ad ottenere che il salario venga sempre più assoggettato alle esigenze di profittabilità delle imprese. Il processo non è ancora completato, manca la destrutturazione del CCNL, ma con il protocollo sul welfare del luglio scorso si è fatto un grande passo avanti in questa direzione.
Il processo di deregolamentazione della prestazione lavorativa e del mercato del lavoro è proseguita più lentamente ed ha trovato una forte accelerazione con la legge 196/97, denominata "pacchetto Treu", che introduce il "lavoro interinale", estende l'uso dei contratti a termine, 'allungamento della durata dei contratti di formazione-lavoro nelle aree depresse e lo sviluppo dei contratti di apprendistato. la conseguenza è stata quella di flessibilizzare il lavoro in entrata favorendo il processo di sostituzione del lavoro a tempo indeterminato con lavoro precari al quale è seguita la privatizzazione del collocamento e il predominio della chiamata individuale su quella numerica.
Con la legge 30 arriva a compimento l'intero processo di deregolamentazione del mercato del lavoro e si dipana così sotto i nostri occhi un disegno totalizzante che tende a regolare la prestazione lavorativa unicamente sulla base del rapporto tra singolo individuo e datore di lavoro.
Siamo all'essenza del rapporto di sfruttamento capitale-lavoro, nella sua immediatezza, senza intermediazioni politiche, sociali e giuridiche, così come si era sviluppato nel secolo scorso. A farne le spese sono soprattutto i giovani che entrano nel mercato del lavoro con contratto atipico con percentuali che in alcune regioni superano il 75%. Dati che dimostrano come la precarietà assume caratteristiche sempre maggiori tanto da investire oltre che la sfera del lavoro anche la sfera sociale.
Un processo di deregolamentazione che è iniziato oltre 20 anni fa e che continua, a prescindere dai governi in carica con l’obbiettivo di arrivare anche alla flessibilità in uscita e cioè all’abrogazione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. I segnali ci sono tutti ed il silenzio della Cgil sulla riforma contrattuale proposta da Confindustria e Cisl, non lascia ben sperare.
Per questo oggi è importante battersi contro questa deriva politico culturale per ridare alla Cgil la sua autonomia di analisi, di iniziativa e di mobilitazione che sembra venuta meno in questa legislatura.
Ezio Casagranda - Filcams Cgil del Trentino
Trento, 9 novembre ’07

mercoledì 7 novembre 2007

Salari in caduta libera

Sul Vostro giornale di oggi viene riportata la notizia riguardante la perdita del potere di acquisto delle retribuzioni dei lavoratori ed in particolare quelli operai dove la perdita è quantificata nella misura del 6%.
Come sempre i dati vanno valutati attentamente ma quello che emerge dall'articolo è la conferma di quanto come Filcams stiamo denunciando, quasi inascoltati, da tempo.
Oggi, anche Draghi si è accorto di questa realtà, ma le sue ricette propongono, camuffata da redistribuzione della produttività, un ulteriore riduzione dei livelli contrattuali e quindi una sostanziale riduzione del salario e delle politiche salariali solidaristiche per lasciare spazio alla discrezionalità aziendale sulle condizioni economiche dei lavoratori. Quindi secondo la ricetta Draghi si passa dal diritto ad un salario equo e dignitoso alla concessione, da parte del padrone, di una retribuzione. Ancora una volta si erige l’impresa a giudice unilaterale della prestazione lavorativa. Alla faccia della modernità si ripropongono soluzioni vecchie di oltre 100 anni.
Inoltre, da quanto pubblicato, ne discende anche un'altra importante considerazione. Le modalità con le quali si è ridistribuito il reddito. Dai dati si evince che questa redistribuzione rispecchia la diminuita la capacità contrattuale del sindacato e quindi della contrattazione collettiva. Il CCNL e la contrattazione aziendale non riescono a tenere il passo con l'inflazione.
Altro che riforma degli assetti contrattuali, come propongono Confindustria e Cisl, quello che serve è l'introduzione di un meccanismo automatico di difesa delle retribuzioni e dei salari dei lavoratori.
Mentre sempre più lavoratori sono alla "canna del gas" i contratti nazionali non vengono rinnovati generando una situazione socialmente iniqua. Il contratto nazionale Multiservizi delle lavoratrici (pulizie) è scaduto da oltre 29 mesi senza che si intravedano soluzioni all’orizzonte.
Questa situazione oltre che scandalosa è il risultato di "questo sistema degli appalti" che continua a puntare sulla riduzione dei costi anziché sulla qualità del servizio. Per questo oggi non servono analisi ma iniziative concrete per porre fine allo scandalo, tutto italiano, dei bassi salari.
Come lavoratrici del settore pulizie abbiamo manifestato e scioperato contro questa arroganza padronale, ma purtroppo dobbiamo constatare che i padroni possono continuare a mantener una posizione di chiusura alle nostre legittime richieste perché possono nascondersi dietro l'ente appaltante, il quale ha tutti gli interessi a risparmiare sulle pulizie per poter rimpolpare il budget delle consulenze.

Ezio Casagranda Filcams Cgil del Trentino

Trento, 7 novembre ’07

martedì 6 novembre 2007

Rinnovare i Contratti Nazionali

Rinnovare i Contratti Nazionali e tutelari i salari, a sentire i discorsi la Cisl, non sembra siano le priorità di questi giorni.
Oggi, approfittando dell’assemblea organizzativa, Cisl e Confindustria sono tornati a rilanciare l’idea di una riforma della struttura contrattuale che sposti il baricentro della contrattazione dal livello nazionale a quello aziendale. Forte è stato l’attacco al presunto “blocco” della Cgil che non sarebbe “pronta” a sottoscrive le modifiche contrattuali individuate da Cisl e Confindustria.
Da dieci anni Cisl e Confindustria lavorano per cambiare il sistema contrattuale e stando a quanto previsto dal protocollo sul welfare sembra che oggi questo traguardo sia dietro la porta. Quindi come lavoratori dobbiamo iniziare a preoccuparci.
Non è un caso che mentre fervono le discussioni sugli assetti contrattuali tutto tace sul fatto che quasi il 70 per cento dei lavoratori dipendenti è oggi in regime di "vacatio contrattuale". (non hanno rinnovato il CCNL alla scadenza) e i salari italiani sono, parola di Draghi, inferiori del 30-40 per cento rispetto ai livelli di Francia, Germania e Regno Unito. E mentre subiamo questa ingiustizia le aziende private, che si sono ristrutturate scaricando i costi sulla società (licenziamenti) hanno unilateralmente deciso erogare una manciata di euro nel misero tentativo di mettere fuori gioco il Contratto nazionale ed il sindacato più rappresentativo. La FIOM.
Ora, parlare che a livello aziendale è più misurabile la produttività mi sembra un’operazione demagogica. Innanzitutto di quale produttività parliamo. Quella generata dall’aumento dell’intensificazione della prestazione del lavoratore o quella derivante dagli investimenti, dalla formazione e dalle politiche di sistema.
Inoltre non dimentichiamo che la precarietà costringe di fatto i giovani in una condizione di sempre maggiore svantaggio relativo e impedisce che gli investimenti in istruzione vengano adeguatamente remunerati ed utilizzati di questo sistema che continua a fare perno sulla compressione dei diritti anziché sull’innovazione.
Infine ritengo sbagliato che si cerchi di superare questa situazione di deriva contrattuale che CGIL CISL e UIL stanno subendo sul versante dei contratti nazionali, della difesa del potere di acquisto dei salari e delle retribuzioni con scorciatoie come quella della contrattazione decentrata.
Come ai tempi della cancellazione della contingenza le “ingegnerie” contrattuali non hanno risolto la contraddizione fra capitale e lavoro ma solo impoverito le nostre misere retribuzioni. Serve rilanciare le lotte per i rinnovi dei contratti nazionali e per una nuova scala mobile.

Ezio Casagranda - Filcams Cgil del Trentino

Trento, 6 novembre ’07

lunedì 5 novembre 2007

Cara FILCAMS CGIL ti scrivo...

Abbiamo ricevuto e volentieri pubblichiamo le riflessioni di Nicola che ha vissuto in prima persona il dramma di lavoratore licenziato. Ecco quanto scrive Nicola che ringrazio per la sua passione e attaccamento alla Cgil.
Ciao, come spesso faccio leggo, occhi permettendo, il tuo interessante Blog. Nel leggere quelli scorsi ho letto quanto sotto ed ho fatto un sussulto, letteralmente sono saltato come una molla dalla sedia. (Leggere per credere)
Mi interesserebbe sapere un pò tutto della vicenda e per vari motivi. Quanto da te scritto, mi sembra l'ultimo e più odioso attacco alle liberta civili in questa provincia, adesso una persona licenziata non può più denunciare il fatto impugnandolo per non vedersi tolti anche quei quattro miserabili soldi (dei quali ho potuto godere se non dopo 6 mesi di ).I cosiddetti "imprenditori" hanno anche la pretesa di licenziarti senza giusta causa (sotto i 15 dipendenti) e di riassumerne altri (nel mio caso, ben quattro) per fare le stesse mansioni!!!!! Il lavoratore, così, è ricattabile su tutti i fronti e il paradosso (sogno o son desto) e che l'avvallo viene da Confindustria, ma anche da coloro che dovrebbero tutelare sulla correttezza di certi licenziamenti. Adesso capisco perché l'Agenzia del Lavoro, a suo tempo, si è prodigata, dopo che ha saputo dell'impugnazione, nel volermi dissuadere dall'andare avanti. O quando l'ispettore del lavoro, dopo che ho denunciato le assunzioni da parte della mia ex azienda (durante i sei mesi di moratoria delle assunzioni ) si è affrettato a dirmi, testuali parole, "per favore non si metta a fare casino perché tanto non serve a nulla e son cose che succedono tutti i giorni e tutti tacciono": e io mi sono detto e questi sono gli ispettori che dovrebbero anche vigilare sui cantieri e sul lavoro nero. Non ricordo il nome dell'individuo, altrimenti te lo direi.
Anche la CGIL non ha brillato, come da me denunciato al Purin a suo tempo, in quanto, arrivato al 5° mese di disoccupazione senza ingressi e coperto di debiti (la ditta non mi aveva dato neanche il tfr), ho dovuto cedere ai quattro soldi della conciliazione dopo che una degli avvocati mi ha detto "Che cosa volete pretendere voi lavoratori" (una frase che mi rimarrà sempre dentro in quanto per me rasentava la sconfitta del sindacato) a seguito del fatto che io volevo andare avanti con la vertenza e chiedevo solo di appoggiarmi in questo in quanto le mie ragioni erano molto limpide. Come poi avvenuto, l'azienda si è miracolosamente ripresa ( a seguito della conciliazione) ed ha assunto 4 persone. Ovviamente ho denunciato il fatto ed INPS, ISPETTORATO DEL LAVORO, AGENZIA DEL LAVORO se ne sono ampiamente fregati. E leggendo il tuo articolo ora mi risulta tutto più chiaro. Se quella è la direttiva, bisognerà andare a Fatima per aprire una vertenza.
Oltre alla mia esperienza posso denunciarti anche quella di alcune donne, che credo saranno le maggiori vittime di quanto da te denunciato nel blog, con le quali ho partecipato ad un corso dell'agenzia del lavoro e che sono state licenziate per riduzione del personale: subito dopo la stessa ditta a riassunto. Le due non hanno neanche avuto il coraggio di andare avanti con la denuncia a seguito di calorosi consigli a desistere.
Ma, attualmente, sono venuto a conoscenza di una ragazza che, come me, ha avuto un'operazione cardiaca, dopo il ritorno sul posto di lavoro sta avendo parecchi problemi. L'ho invitata a denunciare questo fatto, ma la paura di non essere protetta a livello istituzionale (agenzia lavoro, sindacati ecc.) sta avendo la meglio sulla sua tutela della salute. Ovviamente l'azienda se ne starà sbattendo a,piamente che ci rimanga secca o meno.
E chissà quanti altri casi analoghi ci sono in giro. Quindi è necessario sapere come stanno le cose e se le condizioni di tutela persistono. Sopratutto se esiste ancora un sindacato che ci possa difendere: spero che non li abbiano fatto passare sotto il naso anche questa.
Anch'io ho dovuto pensarci più volte prima di continuare sulla strada della denuncia della mia azienda, ed affidarmi all'avvocato della Cgil, ma credo che se queste cose vadano portate alla luce del sole senza mezzi termini. E per questo che ho continuato ad affidarmi alla CGIL in quanto credo nelle istituzioni sindacali e nel fatto che possano portare la legalità nel mercato del lavoro.
Quindi, fammi sapere su questo argomento e se vuoi fare una serata di denuncia fammi partecipe perché credo che sia in pericolo molto di quanto sin'ora conquistato ed il fatto che un organo istituzionale emani una direttiva così grave, mina le fondamenta delle libertà e della giustizia in questo paese e nella nostra provincia.
Saluti Nicola
Trento, 5 novembre 2007

Da Vicenza all'Europa

14, 15, 16 dicembre: 3 giorni di mobilitazione europea a Vicenza

Da oltre un anno, uomini e donne della città di Vicenza stanno lottando contro la costruzione di una nuova, immensa struttura militare statunitense, che non vogliamo sia costruita né nella nostra città nè altrove. Una lotta che vede accomunate persone di diversi orientamenti politici, con culture, linguaggi e storie diverse tra loro. Questa battaglia affonda le proprie radici nella difesa della terra e nel no determinato alla guerra, fonte di lutti e tragedie, nella richiesta di pace. La politica “ufficiale” ha mostrato, in tutta questa vicenda, il peggio di sé, tentando d’imporre una scelta del genere ad una comunità fortemente contraria. Senza alcuna differenza, i governi italiani di centrodestra e centrosinistra hanno deciso di passare sopra le teste dei cittadini. Difesa dei beni comuni e del territorio, no alla guerra e nuove forme di democrazia e partecipazione ai processi decisionali, piena autonomia rispetto alla “politica”: questi sono stati, per noi del Presidio Permanente contro il Dal Molin, i punti cardinali per mantenere la rotta dentro questa vicenda. Insieme a molti altri uomini e donne di tutta Italia, abbiamo dato vita a manifestazioni imponenti, a cui hanno partecipato centinaia di migliaia di persone. Eravamo partiti dai nostri quartieri, nel silenzio, con poche forze, siamo riusciti a portare la contraddizione sul piano nazionale.
Abbiamo appena concluso un festival, a cui hanno partecipato almeno 30.000 persone, per rilanciare la nostra lotta contro questo progetto di guerra. Siamo convinti che si debba però andare oltre, che anche questi stretti confini vadano superati. Abbiamo conosciuto, in questo nostro percorso, realtà in tutta europa molto simili alla nostra. Abbiamo incrociato forme di resistenza e di difesa dei beni comuni, del territorio e delle risorse naturali, così come comitati, associazioni e movimenti che lottano come noi per impedire l’installazione di nuove strutture militari funzionali alla guerra permanente e contro un folle processo di riarmo, e con tutte queste esperienze abbiamo condiviso l’assoluta mancanza di democrazia nei processi decisionali. Come un copione unico, abbiamo sentito le storie di chi, da Venezia con il Mose alla Val di Susa con l'Alta Velocità, da Napoli con i rifiuti a Cameri con la costruzione degli F-35, dalla Repubblica Ceca alla Germania, dall'Olanda a Heathrow, da Varsavia a Londra, ha impattato con un potere che si allontana sempre più dai bisogni e dalle volontà dei cittadini, imponendo dall’alto scelte non condivise.
Ora vogliamo superare nuovi confini. Siamo convinti che oggi sia possibile costruire uno spazio comune dei movimenti che, nelle loro differenze e peculiarità, portano avanti istanze di democrazia reale. Non vogliamo proporre forme di sintesi o semplificazione, non vogliamo costruire un movimento europeo che annulli le specificità di ognuno. Al contrario, vogliamo ragionare sulla costruzione di una rete in grado di far risaltare la ricchezza di questi movimenti. Per quel che ci riguarda abbiamo sempre preferito lavorare per allargare la partecipazione, per costruire spazi d’inclusione.
Siamo convinti che oggi l’Europa possa essere, allo stesso tempo, uno spazio attraversabile da queste istanze e una dimensione praticabile dai movimenti, nella loro autonomia, per produrre risultati effettivi, per misurare nel concreto la forza delle lotte. Abbiamo indetto, come Presidio Permanente contro il Dal Molin, un’iniziativa europea nei giorni 14, 15 e 16 dicembre, a Vicenza, con una grande manifestazione dei cittadini europei sabato 15 dicembre contro il progetto Dal Molin. Vogliamo, in quei giorni, far convivere queste complessità, metterle in relazione, con momenti di discussione e iniziative sul terreno della pace e del no alla guerra, della difesa del territorio e dei beni comuni, per ripensare assieme alle forme di partecipazione di fronte alla crisi della democrazia rappresentativa, sempre più autoreferenziale e lontana dai bisogni e dalle istanze dei cittadini. La proposta che facciamo è quella di costruire assieme un primo momento di discussione europeo, da tenersi a fine ottobre, per preparare nel migliore dei modi la scadenza di dicembre.

Presidio Permanente, 20 settembre 2007

domenica 4 novembre 2007

Le paure e i nuovi razzismi

Ad ogni telegiornale si assiste ad una campagna mass-mediatica di caccia al rumeno attraverso espulsioni, raid razzisti, sgomberi e intimidazioni. Ha ragione Marco Revelli sul manifesto di oggi. “quanto avvenuto in Italia in questa maledetta settimana di Ognissanti non ha paragoni con nessun altro pese civile. Che un crimine, per quanto orrendo che sia – e l’assassinio di Giovanna Reggiani lo è – produca come reazione la ritorsione collettiva, in alto e in basso, nelle Istituzione e nella Società, contro un intero gruppo etnico e un’intera popolazione,è fuori da ogni criterio di civiltà, giuridica ed umana.”
Sono indignato e preoccupato per la progressione con cui in nome della “sicurezza” si sposano le tesi della destra mettendo in discussione diritti e principi giuridici, si da spazio a forme di razzismo organizzato, e si cerca di utilizzare la paura per accaparrarsi qualche voto alle prossime elezioni. Infatti, l’approvazione in via d'urgenza di alcune norme sul “decreto sicurezza” poco a che fare con il grave fatto di sangue di Roma e molto con un cedimento pericoloso alla cultura della destra in materia di sicurezza.
Non è un caso che fette della destra leggono questa decretazione di urgenza come autorizzazione alle ronde autorganizzante che sono vere e proprie operazioni di caccia al rom o la rumeno, mentre la destra “istituzionale” chiede che vengano espulsi anche i poveracci. Sembra che questo governo abbia dimenticato i delitti contro i più deboli (donne, anziani, bambini, ecc..) che negli ultimi tempi hanno visto per protagonisti autori risultati italianissimi, anche se l'istinto xenofobo aveva subito criminalizzato uno straniero cattivo come nel caso della strage di Erba. Per non parlare di Pavia dove un gruppo di rom è stato deportato sotto scorta perché a rischio linciaggio da parte di una mischia che gridava “camere a gas” ed è grave che su questa vicenda il governo non abbia proferito parola.
Oggi in Italia esiste una forte “percezione di insicurezza” che non è data dalla presenza dei lavavetri e dei parcheggiatori abusivi, ma trova la sua genesi nella paura di perdere il posto di lavoro, di non riuscire a pagare il mutuo e quindi perdere la casa, di non riuscire ad arrivare a fine mese a causa dell’aumento del costo della vita, paure che derivano da un sistema sociale che ha patto della precarietà il perno centrale di un “impossibile sviluppo”. Senza contare che anche la situazione degrado sociale è fonte di situazioni di violenza e di paura che non sono superabili con decreti espulsivi ma con precisi interventi sulle cause del deterioramento del tessuto urbano di interi quartieri delle grandi città.
Ci pensa di supplire alla passiva accettazione di una politica di decadimento sociale e supplire ai ritardi nell'azione di contrasto culturale alla «percezione» di insicurezza con la «faccia feroce» verso i romeni, si troverà con il solo risultato di abbassare ulteriormente il livello di intolleranza verso «gli altri» e quindi fomentare odio, razzismo e xenofobia facendo tornare alla mente anni terribili che vorrei non ritornassero più.
Per questo invito la sinistra a non farsi prendere dall’onda mediatica e chieda un reale cambio di marcia di questo Governo sul tema della sicurezza, del lavoro e dei diritti di cittadinanza oggi messi pericolosamente in gioco dalla legislazione di emergenza.
Ezio Casagranda - Filcams Cgil del Trentino
Trento, 4 novembre 2007

sabato 3 novembre 2007

Appello per Genova

Le giornate di Genova del luglio 2001, anche per noi trentini, sono molto di più della riduzione penale che ne vogliono fare i tribunali. Attraverso le agghiaccianti richieste che hanno concluso le requisitorie dei PM genovesi – 225 anni di carcere per 25 imputati accusati di devastazione e saccheggio – si cerca di riscrivere la storia di un movimento che ha voluto opporsi ai veri saccheggiatori e ai più cinici devastatori del pianeta. Un movimento composto da uomini e donne che da strade diverse – i cattolici e gli antagonisti, i partiti e i sindacati, gli ambientalisti e i migranti – è confluito a Genova dopo aver tessuto i fili di una partecipazione inedita e profonda. Un percorso che ha coinvolto anche la nostra provincia con le ottocento persone che sono partite da qui per raggiungere – in quell'estate di sei anni fa – il cuore di una mobilitazione carica di idee e della voglia di costruire un mondo diverso ma che ha visto trasformarsi strade e piazze nel teatro di un massacro. La moltitudine che ha messo in atto mille forme di resistenza contro le ingiustizie del G8, che ha resistito ai soprusi e alle torture, tutti i testimoni dei pestaggi indiscriminati e le vittime delle violenze di una repressione inaudita, non possono permettere che la storia sia scritta da un tribunale che accusa 25 capri espiatori, archivia l'omicidio di Carlo Giuliani e assolve le responsabilità politiche di una vera e propria mattanza. La storia dell movimento di Genova è molto lontana da ciò che rischia di passare alla storia attraverso le pene esemplari che vogliono punire – in realtà – tutti noi. È lontana dalla voglia di insabbiare, coprire, assolvere, archiviare; lontana da coloro che negano di indagarla fino in fondo. La storia di Genova è la nostra storia, e tocca ancora a noi difenderla.
Per questo è giusto ritornare a Genova, contro un processo politico che colpisce il movimento di ieri ma che mina profondamente la libertà dei movimenti di oggi e di domani. È giusto ritornare a Genova per non lasciare sole quelle 25 persone che in quei giorni erano dalla nostra stessa parte. Ritorniamo a Genova il 17 novembre aderendo alla convocazione di una grande manifestazione che vede aggiungersi all'appello di "Noi, quelli di via Tolemaide" (dove primo firmatario è don Andrea Gallo) lo spessore e l'ampiezza del movimento di sei anni fa.
Ci rivolgiamo ai tanti che da questa Provincia hanno vissuto le giornate di Genova, a chi ha partecipato e costruito il movimento trentino che ha portato al G8 centinaia di uomini e donne. A chi c'era e a chi avrebbe voluto esserci. Vogliamo tornare a Genova con coloro che credono ancora che la storia la dobbiamo scrivere noi.
Primi firmatari dell’appello trentino:Alex Zanotelli, Donatello Baldo, Stefano Bleggi, Mavi Ciccinelli, Fabiano Malesardi, Alan Ravanelli, Lorenza Erlicher, Stefano Cò, Paolo Vitti, Giorgio Viganò, Antonio Rapanà, Ezio Casagranda, Andrea Trentini...
Trento, 3 noembre 2007
PS.: appuntamento per martedi 6 novembre, presso il Centro Sociale Bruno, ore 20,30 per discutere e organizzare la nostra partecipazione alla manifestazione di Genova del prossimo 17 novembre 2007.

venerdì 2 novembre 2007

Bassi salari e contrattazione

Oggi è di moda parlare dei bassi salari. I vari Draghi, Montezemolo, la Cisl e Uil si limitano a dire bisogna rivedere gli assetti contrattuali, per spostare la contrattazione a livello d'azienda, dimenticando che in un sistema di piccole imprese, quale è quello italiano, e' non solo inutile, ma porterebbe alla riduzione dei salari. La Confindustria si spinge oltre accusando il sistema fiscale che è sicuramente vessatorio nei confronti dei salari ma non è l’unico motivo del loro impoverimento dimenticando che le aziende, non hanno investito sulla qualità ma puntato sulla riduzione dei salari.

Con l’accordo del 1993 si è depotenziato il ruolo del contratto nazionale e quindi quella struttura contrattuale, in assenza del meccanismo di contingenza, non e stata in grado di tutelari i salari visto che attualmente i lavoratori non arrivano alla fine del mese. Questo significa che si è spostato il baricentro della distribuzione della ricchezza a scapito dei contratti e del salario.

Le aziende, infatti, non hanno premiato l’aumento di produttività che si è verificato utilizzando il secondo livello di contrattazione che è già attuale ed è previsto dai vari CCNL in quanto gli aumenti di produttività sono andati a benefico solo del management e della proprietà o azionariato che sia.

Quindi, non occorre alcuno stravolgimento degli assetti contrattuali, basta utilizzare bene quelli che ci sono e reintrodurre la contingenza per evitare, come è successo in questi ultimi anni, che i minimi salariali siano al di sotto della soglia di sopravvivenza.

Chi oggi propone revisioni della struttura contrattuale nei fati, porta acqua al mulino di quegli imprenditori Italiani che vogliono avere maestranze "cinesi", senza diritti e a basso costo.

giovedì 1 novembre 2007

Redditi, salari e contingenza

Non vi sembra che sia un paradosso il fatto che,oggi, a sollevare il problema dei bassi salari sono i banchieri e qualche ministri delle finanze e non la sinistra e le Organizzazioni dei lavoratori? Ma non facciamoci illudere dalla chimere di turno. Draghi ha parlato di bassi salari che, secondo lui, sono causati dalla bassa produttività (sic!) e si è ben guardato di parlare di quel grande processo di redistribuzione delle ricchezze prodotte a danno del lavoro dipendente e che ha favorito profitti e rendite. Quindi non illudiamoci, da quel pulito non verrà niente di buono.
Nel mentre i fatturati della grande industria crescono e l’occupazione cala, i prezzi al consumo, alimentari e non, continuano a salire con ritmi sempre alti (+ 2,1% ad ottobre) secondo l’ISTAT e senza contare gli aumenti dei mutui che non vengono conteggiati come consumi ma come investimenti.
La situazione sopra descritta trova è il risultato di almeno due fattori: la politica contrattuali che non è riuscita a tutelare i salari rispetto all’inflazione: il trasferimento della tassazione da diretta (irpef) a indiretta (tariffe) e quindi lo stesso aumento incide in modo inversamente proporzionale rispetto al reddito.
Infatti un aumento delle tariffe su un reddito di mille euro incide il doppio che su un reddito di duemila. E quindi ad ogni aumento dei prezzi il cittadino lavoratore e consumatore si trova più povero di prima.
Un primo intervento riguarda la questione fiscale e quindi si deve andare non solo verso una riduzione del carico fiscale sui redditi da lavoro ma verso una fiscalità diretta che colpendo gli alti redditi, i patrimoni e tutte le rendite e di conseguenza ridurre la fiscalità indiretta che pesa sui beni di prima necessità (alimentari, casa,sanità ecc) sulle tariffe.
Un secondo aspetto riguarda le modalità di distribuzione della ricchezza e la struttura delle retribuzioni, le quali non riescono a tenere il passo non solo con l’aumento dei prezzi, ma neppure con l’inflazione reale che viene rilevata.
Diventa ormai ineludibile, se si vuole tutelare i redditi da lavoro ed i salari, ripristinare un meccanismo di adeguamento automatico dei salari e delle pensioni al costo della vita per difenderne il potere di acquisto restituendo alla contrattazione il suo naturale ruolo di strumento di redistribuzione della ricchezza prodotta e del miglioramento delle condizioni nel lavoro e sul lavoro.
Difesa del reddito, della pensione pubblica dignitosa, la lotta alla precarietà e contro l’esclusione sociale richiedono che si rimetta il mondo del lavoro al centro della politica economica del Paese, cosa che questo Governo stenta a fare anche se previsto all’0interno del suo programma.
Il resto si riduce solo a buoni propositi che, puntualmente, vengono smentiti dai fatti.

Ezio Casagranda - Filcams Cgil del Trentino
Trento, 1 novembre ’07