lunedì 31 dicembre 2007

La morte ha fatto 7


E di oggi la notizia che la tragedia della ThyssenKrupp ha fatto la settima vittima. Bene ha fatto il sindaco di Torino a fermare i festeggiamenti di fine anno. In questa situazione non c’è nulla da festeggiare ma solo la nostra capacità di interrogarci sul perché non si riesce a fermare questa micidiale macchina omicida. Cinque morti sul lavoro al giorno sono davvero tanti. Infatti nelle statistiche ufficiali (4 morti al girono) mancano quei lavoratori, dagli immigrati alle vittime di esposizione ad agenti cancerogeni e tossici che quasi mai o a grande fatica riescono a dimostrare che la causa della loro morte è il lavoro e quindi non entrano nelle “statistiche ufficiali”.
Secondo lo studio dell’Eurispes “Infortuni sul lavoro: peggio di una guerra” i morti sul lavoro in Italia hanno superato i morti della seconda Guerra del Golfo. Lo studio ha evidenziato come dall'aprile 2003 all'aprile 2007 i militari della coalizione che hanno perso la vita sono stati 3.520, mentre, dal 2003 al 2006, nel nostro Paese i morti sul lavoro sono stati ben 5.252. E’ questo il preoccupante bollettino di guerra dei morti sul lavoro in Italia. Una strage tanto più grave in quanto più culturalmente accettata e spesso sottaciuta dalla grande stampa.
Elaborando i dati Inail, l'Eurispes ha messo in evidenza che ogni anno dal Nord al Sud, in Italia, muoiono in media 1.376 persone per infortuni sul lavoro. L'edilizia si conferma come settore ad alto rischio, visto che poco meno del 70% dei lavoratori (circa 850) perdono la vita per cadute dall'alto di impalcature nell'edilizia. Fra le cause seguono il ribaltamento del trattore in agricoltura e gli incidenti stradali nel trasporto merci per le eccessive ore trascorse alla guida. Un dato «impressionante», figlio del meccanismo dei subappalti, nei quali di risparmia sulla sicurezza e sul costo dei lavoratori, spesso scegliendo maestranze poco preparate e precarie. Ma altre cause di questa continua strage che sconvolge migliaia di famiglie è l’organizzazione del lavoro comprese le leggi sulla deregolamentazione del lavoro e della precarietà. Aumento dei carichi e dei ritmi lavorativi, insicurezza, mancato rispetto delle norme, riduzione dei costi, ecc. sono le conseguenze di questa organizzazione del lavoro che non è neutra rispetto al modello sociale che si persegue.
Troppo spesso di dimentica che nei luoghi di lavoro si muore tutti i giorni dell'anno come dei condannati alla pena capitale o vittime di una guerra civile dove il "dio denaro" tutto precarizza e tutto mercifica, compresa la vita. Mentre la tv e i media se ne occupano solo quando "costretti" da gravi tragedie, come quella della ThyssenKrupp, ma con il rischio di trasformarlo in un altro "caso" da talk show. Sarebbe importante che ogni giorno i telegiornali raccontassero la storia di un morto sul lavoro, spiegando chi fosse, quale lavoro svolgeva, quali sono state le cause immediate o mediate che ne hanno provocato la morte e cosa questo ha voluto dire per i famigliari, gli amici i compagni di lavoro. Sarebbe una grande operazione non solo di verità ma anche di formazione e di cultura.
Molti compagni hanno scritto anche sul Blog della Filcams Cgil in rete su questa catena omicida. Io credo che la proposta di un momento di riflessione ma anche di critica proposto dal compagno Luigi debba trovare una sua concretizzazione nei primi mesi del 2008. Un piccolo impegno che dobbiamo ai nostri compagni morti ingiustamente sul lavoro, colpevoli solo di lavorare per dare un futuro di dignità ai propri figli.
Un mondi di auguri per un 2008 di lotta.
Ezio Casagranda Filcams Cgil del Trentino
Trento 31 dicembre ’07

lunedì 24 dicembre 2007

Il coraggio di una scelta

La finanziaria, così come il pacchetto del welfare sono diventati legge con il voto di fiducia del parlamento; Gli infortuni sul lavoro, nel 2007, hanno superato abbondantemente quota 1000; Oltre sei milioni di lavoratori stanno attendendo il rinnovo del contratto nazionale;Alitalia viene svenduta allo straniero e il conto sarà pagato dai lavoratori in termini di perdite di posti di lavoro;mentre i prezzi al consumo aumentano in modo vertiginoso e le tredicesime sono falcidiate dall’Irpef, Confesercenti, ci informa che quest’ anno le vendite di vestiti e di elettronica di consumo sono scese del 15% mentre quelle del pane e della pasta del 5/7%. Senza voler contare le questioni dei rincari energetici e delle tariffe (acqua, elettricità, metano, ecc.), il quadro di fine anno appare alquanto desolante e moralmente inaccettabile.
Stando alla stampa locale anche i mercatini di natale hanno registrato una flessione dovuta all’impoverimento complessivo delle famiglie e dei cittadini e anche per i giornali stranieri l’Italia è un paese sempre più povero.
Anche noi non ne possiamo più e chiediamo alla sinistra di assumenrsi il compito del cambiamento.
Nonostante questo quadro sembra che l’unica cosa importante per i nostri parlamentari (quasi tutti) sia andare a votare con la nuova legge elettorale e quindi i problemi sopra richiamati sono quisquilie rispetto alla grande discussione su percentuali, circoscrizioni, accorpamenti, premi di maggioranza, deputati, senatori.
Anche la “cosa rossa” sembra essere risucchiata in questa logica di tecnocrazia istituzionale senza capire che quello che serve all’Italia ed ai cittadini italiani sono scelte chiare in materia di mercato del lavoro, economia e giustizia che cancellino le “riforme” del precedente governo e quindi, nessuna riforma elettorale renderà il lavoratore meno precario, un’impresa più competitiva sul versante della qualità, ne aumenterà i fondi per la ricerca e per l’innovazione. Servirà solo a Confindustria per continuare a governare, (sarebbe più corretto dire spremere) questo paese in nome del suoi interessi immediati.
Per il 2008, accanto ad una ipotetica riduzione delle aliquote irpef sui salari, (come alternativa ai CCNL?) il governo prevede il rilancio delle grandi opere (TAV) la costruzione della base di Vicenza e quindi un modello di sviluppo che poggia sul concetto di un’Italia vista come base logistica piuttosto che come entità produttiva.
Una scelta che rompe qualsiasi dialogo con tutti quei movimenti che, a livello di singolo territorio, si battono contro questo modello di sviluppo che sarebbe deleterio dal punto di vista sociale ed occupazionale.
Alla sinistra si chiede il coraggio di rimettere in agenda il programma con cui questo governo si è presentato agli elettori in 10 aprile del 2006 e pretenderne la sua completa attuazione a partire dal ritiro delle truppe dall’Afganistan.
Per quanto riguarda la legge elettorale proporrei alla sinistra della cosa rossa di pretendere che questa legge sia discussa in Parlamento alla luce del sole. In termini chiari, semplici, comprensibili dai cittadini e con la diretta televisiva. Oggi, invece, è peggio della nebbia in Val Padana in quanto viene discussa fra due “leader” fuori dal parlamento in sfregio alla democrazia parlamentare ed al ruolo del parlamento.
Accettiamo anche questo con la scusa che altrimenti viene il berlusca? Mi sbaglio o in politica economica e del lavoro, questo Governo, è stato in perfetta continuità con la politica attuata da Berlusconi e che oggi sta dettando l’agenda politica al Walter segretario del PD?
A tutti i migliori auguri di Buone Feste e di un 2008 di grande felicità e senza morti sul lavoro.
Ezio Casagranda - Filcams Cgil del Trentino
Trento, 24 dicembre ’07

sabato 22 dicembre 2007

Chiediamo la Vostra Solidarietà

CONTRATTO TERZIARIO: I LAVORATORI CHIEDONO LA SOLIDARIETA' DEI CONSUMATORI: «CI SARETE D'AIUTO SE SABATO 22 RINUNCIATE AGLI ACQUISTI»I lavoratori del commercio, che sabato 22 saranno in sciopero per il rinnovo del contratto nazionale, chiedono ai consumatori di essere solidali con la loro battaglia.
«Ci sareste di grande aiuto rinunciando a fare gli acquisti, sabato 22 dicembre», è l'appello che gli attivisti sindacali stanno in questi giorni rivolgendo ai clienti degli iper e dei supermercati.
«Per le donne e gli uomini che incontrate nei negozi, alle casse o che stanno allestendo gli scaffali o che vi informano sulle iniziative e sugli sconti, non sarà un bel Natale, perché sono costretti a scioperare», dice il foglio, e avvisa: «sabato potreste trovare il negozio chiuso o comunque dei disservizi, per i quali ci scusiamo. Vi informiamo affinché possiate organizzarvi e chiediamo la vostra solidarietà».
«I supermercati, gli ipermercati, i negozi nei quali andate a fare la spesa, vorrebbero pagare sempre meno i lavoratori, li vorrebbero sempre più flessibili e spesso li costringono a turni sempre più massacranti e i prezzi continuano ad aumentare anche per i dipendenti di questo settore».
Lo sciopero dei lavoratori delle aziende del commercio e dei servizi sarà ; effettuato sabato 22 per chi lavora su 6 giorni la settimana, mentre chi è impegnato su 5 giorni la settimana la giornata di sciopero è venerdì 21.
La Filcams Nazionale
Roma 20 dicembre 2007

mercoledì 19 dicembre 2007

Pena di morte e morti sul lavoro


Ieri, l’assemblea generale delle Nazioni Unite ha votato la risoluzione per la moratori sulla pena di morte. Un voto importante che mette al centro i diritti delle persona umana contro le barbarie della pena di morte.
Grande risalto è stato dato da parte dei telegiornali a questo importante voto, mentre per i 5 morti di ieri sul lavoro il tg1 ha dedicato ben 25 secondi e si è limitato all’elenco dei soli nomi dei morti ammazzati sul lavoro dimenticando le aziende e che queste persone hanno anche un cognome e forse una famiglia.
Sarebbe ora che da parte del governo, delle imprese e di tutte le istituzioni si avviasse una campagna per abolire la “pena di morte” sul posto di lavoro. Si perché questi lavoratori sono solo “colpevoli” di dover lavorare anche in condizioni di vero e proprio ricatto occupazionale o in condizioni di estrema insicurezza dove le norme sulla salvaguardia dell’integrità fisica dei lavoratori.
Sono 1012 (quasi 4 al giorno) i morti sul lavoro al 15 dicembre 2007. Un vero e proprio bollettino di una guerra silenziosa ma devastante per quanti ogni mattina devono recarsi al lavoro per dare il necessario sostegno alla loro famiglia. Un bollettino che tanti tentano di nascondere dietro frasi di rito e pentimenti e autocritiche che durano la bellezza di un mattino.
Sembrava che dopo i morti di Torino la questione sicurezza sul posto di lavoro fosse al primo posto nelle iniziative del Governo e delle Istituzioni e che le Imprese avessero un sussulto rispetto al tema del lavoro. ci siamo sbagliati e basta vedere la pubblicità del nuovo fiorino della Fiat per capire che anche Montezemolo è ancora distante anni luce da una consapevolezza della necessità di investire sulla sicurezza del lavoro.
Per chiudere in bellezza alcune riflessioni su alcuni dati presi dal sito di ANNO ZERO: “NUMERI (a cura di Giusy Arena e Filippo Barone)
Sicurezza:
774: morti sul lavoro da gennaio a settembre 2007
930.051: incidenti sul lavoro nel 2006 (Inail)
8.450: ispettori per 5 milioni di aziende
30: ispettori a Torino per 68 mila aziende (1 ogni 2.266 aziende)
Impunità:
93%: condannati in primo grado che non va in carcere (Mario Almerighi, magistrato)
150 mila: processi che ogni anno vanno in prescrizione (Ministero Giustizia)
+ 8,1%: profitti generati da un dipendente per l’azienda in un anno
+ 0,4%: salario di un dipendente ogni anno
+ 90%:profitti delle grandi imprese industriali in dieci anni
+ 5%: redditi di un dipendente in dieci anni (Ires-Cgil)
Investimenti in sicurezza ?
832 milioni di euro E' il volume d’affari del comparto sicurezza nel 2006 (-2,1% rispetto al 2004) Assosic

Quanto sono cresciuti i profitti?
+8,1% Sono i profitti generati da ciascun dipendente per la propria azienda ogni anno
+0,4% Il salario di un dipendente ogni anno
+90% i profitti delle grandi imprese industriali in dieci anni
+5% I redditi di un dipendente in dieci anni (Ires-Cgil)
Credo che non servano altre argomentazioni per dire che la sicurezza sul lavoro è la vera emergenza sociale e politica del paese. Altro sindaci sceriffi e caccia ai rom e lavavetri. A quando una presa di coscienza di questa realtà e la proclamazione di uno sciopero generale con manifestazione a Roma sul tema sicurezza?
Attendo fiducioso..



Ezio Casagranda - Filcams Cgil del Trentino



Trento, 19 dicembre ’07

martedì 18 dicembre 2007

Filcams:"adottata" scuola Argentina

La Filcams Cgil del Trentino “adotta “ una scuola in Argentina, la “Escuela 609” di Posadas, nell’ambito delle proprie iniziative per quanto riguarda la solidarietà internazionale e assume la decisione, su proposta del segretario Ezio Casagranda, di adoperarsi per aiutare questa scuola. Una realtà che è diventata l’unica alternativa al reclutamento dei bambini da parte dei corrieri della droga e della criminalità organizzata, un progetto che deve essere sostenuto al fine di togliere questi bambini dalle fauci dei loro sfruttatori.
La scuola, che coinvolge oltre 100 bambini a tempo pieno, a causa delle scelte politiche del governo argentino non ha risorse per essere autosufficiente sia per la fornitura della carta su cui scrivere, senza contare l’assenza dei libri di testo, sia per la fornitura dei pasti giornalieri.
Il direttivo della Filcams Cgil del Trentino, come prima iniziativa, assume la decisione di rinunciare al gadget di fine anno e devolve la pari quota di euro 1.500 come primo intervento di solidarietà a favore di questa scuola. Inoltre impegna la segreteria ad attivarsi su un preciso progetto solidaristico al fine di intervenire, coinvolgendo altre realtà locali, onde poter fornire una sala infermeria, oggi inesistente, e una mensa dignitosa.
Quindi il Comitato Direttivo si impegna in modo continuativo al fine di permettere il recupero delle risorse necessarie per dare attuazione al progetto sopra riportato, impegna la segreteria della Filcams del Trentino a coinvolgere la Cgil del Trentino, il Caaf, la Filcams Nazionale e altri soggetti locali, nel progetto di solidarietà per i bambini della “Escuela 609”


Approvato all’unanimità dal Comitato Direttivo della Filcams Cgil del Trentino

Trento, 18 dicembre 2007

ContrattoTerziario:Unica Lotta



Abbiamo appreso da un comunicato unitario delle segreterie nazionali del commercio che nell'incontro dello scorso 11 dicembre per il rinnovo del CCNL della Distribuzione Cooperativa "sono stati raggiunti ulteriori importanti risultati sul Mercato del Lavoro nonché un primo risultato sul Salario".
In attesa di sapere quali sono i precedenti risultati ottenuti, entriamo nel merito di quelli raggiunti fino ad ora:
-sul Salario: le Associazioni Cooperative hanno accettato la richiesta delle
. organizzazioni sindacali di erogare una prima trance di aumento ménsile, dallo gennaio 2008, di 50 euro riparametrate con riferimento al IV° livello (comprensive di LV.C.). Dopo il precedente della Fiat, che unilateralmente ha deciso di anticipare 30 euro sui futuri aumenti salariali del contratto dei metalmeccanici, adesso sono le stesse organizzazioni sindacali a chiedere alle controparti degli anticipi sui futuri aumenti contrattuali. Crediamo che il compito del sindacato sia quello di rinnovare i contratti nazionali e di difendere, e possibilmente di aumentare, il potere di acquisto dei salari, e non quello di limitarsi a "contrattare la miseria". E il ruolo e la funzione del Contratto Nazionale? Vogliamo aiutare le organizzazioni datoriali a smantellarlo?
-sul Mercato del Lavoro e orario di lavoro: si spacciano come conquiste l'elevazione del part-time da 18 a 20 ore, la trasformazione dei contratti a termine a tempo indeterminato dopo 36 mesi senza utilizzare l'ulteriore proroga prevista dalla recente legge e l'elevazione della percentuale di conferma dell'apprendistato dal 70 al 75%: un po' pochino per contrastare la precarietà dilagante nel nostro settore. Infatti in materia di orario di lavoro si effettuano ulteriori pesanti concessioni dando la disponibilità ad elevare, dalle attuali 16 a 24, le settimane con orario flessibile, ossia le hanno portate a una su due!…con il risultato che, quello che prima doveva essere contrattato con le RSA ora diventa un diritto per le aziende cooperative. Una prima risposta alla decontribuzione degli straordinari prevista dalla finanziaria, che sicuramente non aiuterà la riduzione degli infortuni sul lavoro!
Come Comitato Direttivo della Filcams Cgil del Trentino non possiamo che dare un giudizio negativo. su questa logica che rischia solo di divedere il mondo del lavoro. Ormai è chiaro che le Coop, dimostrano di non avere più nessuna “distintività” rispetto ai padroni privati se non nei toni e nel metodo del confronto.
Chiediamo quindi che le giornate di sciopero del 21 e 22 dicembre proclamato nel settore del commercio, vengano estese nel settore della Distribuzione Cooperativa.
IL Comitato Direttivo della Filcams Cgil del Trentino
Approvato all’unanimità
Trento, 18 dicembre 2007

domenica 16 dicembre 2007

La sinistra e il NO alla Guerra

«Se saremo più di venti mila, la manifestazione è un successo»; questa la posizione del Presidio Permanente alla vigilia del corteo. Ieri a Vicenza eravamo oltre 70/80 mila un grande successo di partecipazione nonostante il vergognoso silenzio della stampa, dei media e delle Istituzioni locali a nazionali.
La manifestazione è stata grande, gioiosa, multicolore, multietnica e trasversale nella sua rappresentanza, con la partecipazione di intere famiglie, tanti giovani e molti cittadini europei che nei loro paesi si oppongono allo scudo spaziale americano.
Una manifestazione che ha visto una forte presenza di una sinistra di movimento che si vede costretta a prendere le distanze dai piani istituzionali e dai partitici della sinistra «di governo e di lotta». Un popolo di sinistra che si sente "tradito" nella sua lotta politica e che fatica sempre più a riconoscersi un questa sinistra di palazzo troppo impegnata nel proprio narcisismo politico, dal bilancino dei ruoli, dai ripensamenti sui nuovi partiti e le nuove federazioni a venire.
Un'altra cosa, giusta e veritiera emerge dalla manifestazione di Vicenza e cioè che il rischio che la sinistra istituzionale sta perdendo precipitosamente il contatto con la sua base di riferimento.
E forse la loro assenza al corteo di ieri è dovuta anche a questa perdita di contatto con la galassia politica formata da molti militanti (in primis i giovani Prc) dei partiti della “cosa rossa” i cui vertici continuano a non assumersi la responsabilità di rompere con la guerra.
Il corteo di ieri era tutt'altro che confinato nel perimetro del no alla guerra “senza se e senza ma”. Era un corteo cha ha dimostrato una grande voglia di fare opposizione al modello neoliberista ( di cui la guerra è solo uno degli strumenti di morte) che sicuramente sarà presente anche su altre questioni, a cominciare dall'istruzione e dal lavoro. A mio modesto avviso i partiti della sinistra più o meno radicale, ma anche la Fiom per la prima volta dal 2001 assente dalla manifestazione, dovrebbero farci un pensierino al messaggio che ieri è arrivato da Vicenza. Nessuna nuova sigla o patto di azione potrà prescindere dal dare risposte concrete, credibili e coerenti alle domande ineludibili poste dalla manifestazione che ieri, contro la base militare americana, è sfilato per le vie di Vicenza.
Il messaggio politico della giornata è tutto qui: sinistra attenta: il contatto con il tuo popolo rischia di interrompersi.
Ezio Casagranda - Filcams Cgil del Trentino
Trento, 16 dicembre 2007

sabato 15 dicembre 2007

Lavoro nero e precarietà

789 lavoratori in nero, 568 quelli irregolari sono quanto la guardia di finanza di Trento ha rilevato nelle ispezioni nel corso del 2007 e come dice il comandante generale Bartoletti senza accanimento alcuno.
Dati preoccupanti che mostrano una realtà diversa del nostro autonomo e ricco Trentino da quello emerso dalle statistiche ufficiali pubblicate nei giorni scorsi. Complessivamente i controlli hanno evidenziato 1357 lavoratori irregolari che risulta essere la più grande azienda trentina se escludiamo il pubblico impiego. Ora sicuramente inizieranno le campane delle varie associazioni di categoria, albergatori, artigiani e Unione che diranno che non bisogna fare di ogni erba un fascio e che le colpe sono della burocrazia, dei troppi vincoli, delle rigidità degli Ispettori e delle troppe tasse.
La verità è un'altra. L'aumento della precarietà, la riduzione dei diritti, la nuove leggi sul lavoro sono alla base di questa impennata del lavoro nero ed irregolare in quanto i lavoratori oggi, sono più ricattabili e quindi costretti ad orari di lavoro superiori a quanto previsto dai CCNL o costretti al nero. Questa situazione di estrema precarietà che in molti casi si trasforma in 'ricattabilità' nei confronti di quanti pretendono il rispetto delle norme contrattuali, di legge e antinfortunistiche. Dalla privatizzazione del collocamento, passando per la Treu e la legge 30, fino all'ultimo accordo sul welfare rappresentano il brodo di cultura nel quale crescono e prolificano irregolarità, evasioni e lavoro nero.
Contrastare questa situazione richiede innanzitutto che la politica prenda atto dello stretto collegamento che oggi esiste fra precarietà, liberalizzazione del mercato del lavoro e evasione contributiva, fra diminuzione dei diritti dei lavoratori e aumento del lavoro nero e quindi agisca di conseguenza. Servono leggi che, a differenza dell'accordo sul welfare, aumentino i diritti dei lavoratori e quindi la possibilità per questi di far valere i propri diritti di lavoratori e di cittadini. Serve dare valore e dignità al lavoro anteponendo, anche sulla scala dei valori sociali, la persona all'impresa, la sicurezza sul lavoro al profitto ed alla speculazione.
Non è un caso se i settori più interessati a questi fenomeni di evasione siano edilizia, commercio, artigianato e turismo. Quei settori dove la presenza sindacale è debole e frastagliata, non trova applicazione l'art 18 dello statuto dei lavoratori e quindi viene meno anche quel minimo controllo esercitato dai delegati sindacali. Inoltre, se un lavoratore può essere assunto per 36 mesi con svariati contratti a termine, poi con contatti interinali e di apprendista, la possibilità di rivendicare i suoi diritti, dall'orario alla regolarizzazione contributiva non solo è nulla, ma praticamente impossibile.
Per questo sarebbe importante usare la nostra autonomia come fucina di nuove norme, di nuovi valori morali e culturali capaci di fare del rispetto di quanti lavorano la base per una nuova convivenza sociale e civile, isolando e non proteggendo i 'furbetti della facile evasione'.
Di conseguenza diventa fondamentale assumersi la responsabilità politica di percorrere strade diverse da quelle attuali altrimenti, aldilà delle proteste, continuerà a prevalere la logica mercantile, che in nome del profitto e della globalizzazione tutto mercifica: Diritti, persone, regole e convivenza civile.
Ezio Casagranda - Filcams Cgil del Trentino
Trento, 15 dicembre 2007

giovedì 13 dicembre 2007

Da Cordoba : NO dal Molin

Compagni ci vorrei essere anche io questo 15 de dicembre in piazza a Vicenza per dire no al dal Molin, di persona, però sono impedito perché mi trovo a 13.000 km de Trento in nel mio paese di nascita in Argentina che da sempre ha subito le politiche imperialiste dell’America. Sono in Argentina ma per poter organizzare una resistenza alle politiche di esproprio delle risorse naturali. Lo fa con altri tipi di armi però le conseguenze sono comunque devastanti, sta portando avanti le costruzione delle basi militari e con la strategia delle multinazionali tengono soldati mercenari al soldo della USA per produrre soia e cereale ai fine de produrre il biodiesel con le tragica conseguenza che, essendo necessarie grandi estensioni di terreno per questo tipo di produzione si procede alla distruzione delle foreste che nelle regioni del Nord sta distruggendo la civiltà delle comunità indigene che vivono da sempre dei prodotti di questi boschi. Richiano die ssere vittime di un lento stermino con l’aggravante che nessuno nel mondo sa che questo sta succedendo e per quello che ho voluto creare un nesso fra il bisogno di lottare con tutte le nostre forze perche nostro governo e nostri governanti in Italia non siano succubi, per matenere il potere, della guerra che rappresenta il Governo di Bush.
Per questo ho voluto esprimere la mia rabbia di chi ha votato una sinistra che è parte di un governo sucube delle politica di guerra della Americana. Il guerrafondaio Bush non può essere accettato per un paese che ha pagato il presso di due guerre.
Tutte le organizzazione che rappresentano il mondo sindacale come la CGIL, i movimenti di base che lottano per il rimpetto dell’ambiente, dei diritti umani, quei partiti politici che si battono per la pace, semplici lavoratori sono in piazza per far sentire che quella del NO da Molin è una lotta che ci tocca di brutto come costruzione di un futuro di pace che ci può dare un futuro in quanto le logiche di guerra saranno la nostra distruzione.
So che tutto quello che esprimo può essere letto come retorico pero basta seguire la guerra in Iraq, in Afganistan e tante altre guerra per capire che il popolo è unito contro la guerra per non essere sottomesso con il rischio di lasciare le macerie ai nostri figli e nipoti.
Nel Chaco le comunità Wichi,Toba e Mocugia stanno pagando il prezzo dello sterminio per l’indifferenza del mondo “civile” degli Argentini. Questo paese che ha fatto del 60 % di popolazione di origine italiani merita da parte nostra che il 15 dicembre tutti siamo in piazza per dire a questi signori della guerra: No dal Molin, ritornate a casa vostra, americani di merda si de merda ( non volgarità ma semlice realtà). Sono un compagno e gaucho quando se vuole se vuole

Hasta la victoria sempre

Omar Elvio Serra

Cordoba, 13 dicembre ’07

mercoledì 12 dicembre 2007

Sabato a Vicenza: No dal Molin

Sabato 15 dicembre ’07 sarò alla manifestazione di Vicenza sia come cittadino elettore del centro sinistra e come sindacalista della Cgil per esprimere la mia totale contrarietà alla guerra ed alle politiche americane e governative che con la costruzioni delle basi logistiche ne costituiscono la premessa e nello stesso tempo l’ossatura di una guerra permanente. Una scelta coerente con il programma che “pensavo di aver votato il 10 aprile del 2006” e che invece vedo “tradito” ad ogni finanziaria ed ogni volta che la questione pace entra in parlamento. Una scelta coerente con le scelte dell’ultimo congresso della Cgil del marzo 2006 e che questo gruppo dirigente a livello nazionale e locale, in nome della “governance” purtroppo, troppo spesso, dimentica di battersi per la pace senza se e senza ma.
Contro questa modo di fare politica, che genera delusione, rabbia nei cittadini normali, la manifestazione di sabato a Vicenza segnerà un importante spartiacque per la politica e anche per il sindacato. Il tempo delle parole è terminato. Sabato i cittadini comuni, i lavoratori, e quanti hanno a cuore la pace e il destino del mondo dirà non solo NO alla base militare di Vicenza e alle spese militari ma anche NO alla solidarietà parolaia o ad impegni contro la guerra che poi si infrangono alla davanti alla scelta di garantire continuità a questo governo.
Dopo il 2 dicembre 2006 e lo scorso 17 febbraio, il 15 dicembre sarà un importante momento in cui le varie comunità si troveranno a Vicenza per difendere la terra, per un futuro senza basi di guerra, per ritrovarsi, con le proprie differenze e specificità ancora una volta nelle strade e nelle piazze di Vicenza, dietro ad uno striscione tanto semplice quanto chiaro: No Dal Molin.
Sarò in paizza perché sono convinto che la nuova base di guerra Dal Molin, è una questione che ci riguarda direttamente sia come cittadini e come lavoratori. Riguarda tutti perché la guerra colpisce soprattutto i più deboli, i lavoratori che vedono messi in mora diritti fondamentali come quello del lavoro, le libertà individuali e collettive, ogni forma di democrazia diretta e partecipata.
Inoltre le scelte governative, in perfetta coerenza con il governo Berlusconi ed in perfetta sudditanza agli interessi USA è destinata a contribuire a nuovi focolai di guerra (basti vedere il Kossovo, il libano, la Nigeria, ecc.). Inoltre una parte consistente (41%) dei costi di questa scelta nefanda di logistica militare sarà pagata dai cittadini attraverso l’aumento delle spese militari che nelle ultime due finanziarie sono aumentate del 24%.
Sarò a Vicenza per dire a questo governo che io non ho votato una cambiale in bianco ma un programma che prevedeva impegni precisi in materia di riduzione della spesa e delle servitù militari. Riguarda tutti noi anche perché, come denunciato dal “Comitato di Mattarello”, la ristrutturazione delle caserme di Trento sarà funzionale (si parla di piste per elicotteri da ricognizione) alla base militare di Vicenza e quindi anche il Trentino sarà pienamente coinvolto direttamente e non solo per le piste da sci del primiero.
Alla mia Cgil chiedo un atto di coerenza e quindi schierarsi senza se e senza ma contro queste logiche di guerra strusciante ed alla costituenda “cosa rossa” il coraggio di chiudere con questa politica servile nei confronti degli USA anche a costo di far cadere il Governo.
La pace non ha prezzo, il mondo non può essere in balia delle lobby economiche e guerrafondaie che sostengono il petroliere e “pistolero” Bush.

Ezio Casagranda - Filcams Cgil del Trentino

Trento 12 dicembre ’07

Note:per partecipare alla manifestazione ed iscriversi telefonare ai numeri 0461263510 (PRC); 0464 423206 (Il Comitato trentino ‘per un futuro senza atomiche’

martedì 11 dicembre 2007

Terziario: Un contratto per tutti

Altri due giorni di sciopero – il 21 e 22 dicembre prossimo - per conquistare il contratto di lavoro,Quello che doveva essere un diritto, per Confcommercio deve essere pagato dai lavoratori attraverso un peggioramento delle condizioni di lavoro. Confcommercio parla solo di recuperi di produttività (lavorare di più) e pretende mano libera sulla gestione degli orari di lavoro.
Anche dalle dichiarazioni sulla stampa risulta evidente la volontà di Confcommercio di avere mano libera sui tempi di vita e di lavoro delle donne e uomini che lavorano nel commercio, ovvero vieni a lavorare quando c’è bisogno - oggi puoi lavorare 10 ore domani 4 e poi si vede di volta in volta.
Vuole introdurre per contratto, rendendolo strutturale, il lavoro a chiamata anche per il commercio come è stato introdotto dall’accordo sul welfare per il turismo. Quello che è in gioco in questo rinnovo non è soltanto la sopravvivenza del Contrato nazionale e le condizioni materiali del lavoro ma anche la posizione del sindacato che non può lasciare che il tempo di vita e di lavoro delle lavoratrici e dei lavoratori sia deciso unilateralmente e individualmente dalle imprese. Quindi nessun scambio deve avvenire fra salario e gestione dell’orario di lavoro a partire dalle deroghe sul riposo settimanale.
Sancire il diritto ad una vita dignitosa significa mantenere quel contesto di diritti a partire dall’orario di lavoro e dal salario che non possono essere sacrificati sull’altare dei profitti. In gioco non ci sono solo i soldi, c’è ben altro: il contratto collettivo nazionale di lavoro che oggi definisce diritti e tutele per tutti i lavoratori dalle piccole alle grandi imprese e quindi Confcommercio vuole minare alla base la solidarietà e l’unità fra lavoratori.
L’arroganza di Confcommercio obbliga i lavoratori del Terziario ad un natale di lotta per rinnovare un contratto nazionale, ricordandolo agli imprenditori, scaduto da 12 mesi.
Per contrastare questa protervia di Confcommercio bisogna unificare il mondo del terziario e quindi ritengo sbagliatA la scelta di non coinvolgere tutti i lavoratori del settore in modo da rendere più forte la nostra iniziativa e per evitare ulteriori differenziazioni fra lo stesso settore. Infatti, le aperture fatte agli altri tavoli di trattativa, senza sottovalutarne l’importanza, sembrano rispondere più a manovre dilatorie finalizzate ad evitare gli scioperi, che vere scelte di rottura del fronte padronale. Lo stesso calendario degli incontri dimostra che non esiste una reale volontà di chiudere positivamente il Contratto Nazionale prima di Natale. Forse sarebbe anche l'occasione per unificare il mondo del terziario attraverso un UNICO CONTRATTO NAZIONALE di LAVORO che valga per tutti, da Confcommercio alla Cooperazione, in quanto i problemi dei lavoratori sono uguali in tutti i supermercati e negozi a prescindere dall'insegna esposta all'esterno del negozio.

Ezio Casagranda - Filcams Cgil del Trentino

Trento,. 11 dicembre ’07

lunedì 10 dicembre 2007

Salgono i prezzi, calano i salari

Salgono i prezzi e calano i salari, potrebbe essere questo l’assunto di quanto sta avvenendo in questi mesi sul potere di acquisto delle retribuzioni. L’inflazione si è messa a correre (l'aumento tendenziale balza al 2,4%) mentre molti contratti sono fermi da oltre un anno e ne Confcommercio ne Confindustria ne tengono conto nelle loro “preoccupate dichiarazioni” dei giorni scorsi.
Mentre i dati ISTAT ci dice che ad aumentare l’Inflazione media sono stati gli aumenti del pane (+12,4%) del latte (6,4%), del pollo (7,3%), della pasta (7,7%) e della frutta (4,7%), la benzina (+ 9,8%), il gasolio ( +11,2%) e i combustibili liquidi per la casa con il + 12,1%, I dati del CNEL ci dicono che la contrattazione nazionale langue e quella aziendale è in forte declino sia nelle piccole che nelle grandi aziende.
E a proposito della diminuzione del potere d'acquisto dei salari c'è anche da considerare che la rate dei mutui non sono comprese nel paniere dell'indice dei prezzi al consumo, visto che sono considerati investimenti.
Questo aumento dei prezzi colpisce in modo proporzionalmente inverso i poveri in quanto gli aumenti incidono proporzionalmente di più sui bassi salari.
Una specie di tassa sulla povertà che richiama la tassa sul macinato. Io credo che sia giunto il momento di riprendere l’iniziativa per rivendicare una nuova scala mobile per tutelare i salari ed i redditi dei lavoratori.
Questa perché non mi convince la scelta di Cgil Cisl e Uil di chiedere una monitoraggio dei prezzi per evitare “situazioni speculative”.
La realtà e che si vuole nascondere che questo governo è organicamente liberista e che i provvedimenti fatti finora sono in continuità con la politica di Berlusconi. Basta vedere cosa fa in politica economica (flessibilità, pensioni, privatizzazioni), sulla guerra (Afghanistan, Vicenza, aumento delle spese militari), per non parlare della “subordinazione” al Vaticano in materia di laicità dello stato (dico).
Quello che mi preoccupa e nello stesso tempo mi fa arrabbiare è il fatto che da parte del sindacato e della sinistra ogni volta che in gioco ci sono questioni vitali per i lavoratori, dalla Guerra al pacchetto welfare, si inventino vere e proprie contorsioni linguistiche per giustificare un sostegno a politiche economiche che vanno contro i lavoratori, i meno abbienti e la povera gente. Ci dicono che bisogna fare l’unità a sinistra, altrimenti arriva Berlusconi, senza accorgersi che le sue politiche di privatizzazione e di smantellamento dei diritti sociali e del lavoro procede a spron battuto con il consenso politico della sinistra e del sindacato.
Una ripresa dell’iniziativa sui salari deve ripartire dalla messa in discussione di questa politica.
Ezio Casagranda - Filcams Cgil del Trentino
Trento, 10 dicembre 2007

domenica 9 dicembre 2007

Brennero: rilanciare la lotta

Lunedì 3 dicembre 2007 sono iniziati i lavori per il cunicolo esplorativo ad Aicha (BZ) per il tunnel del Brennero. I potentati, economici e politici della regione hanno deciso di procedere senza minimamente consultare la popolazione ma, solo dopo la pressione dei gruppi NO TAV, hanno informato i cittadini della provincia di Bolzano con una lettera generica e carente di informazione sui danni ambientali che questa opera andrà generando.
Una forte battuta di arresto per quanti, a Bolzano ed in Alto Adige, si battono contro il Tunnel, sia per i comitati di base che per quanti propongono alternative a questo tracciato meno costose e meno impattive. Una lezione per quanti credono che su sulle grandi opere siano possibili mitigazioni o soluzioni diverse dai progetti originali. Infatti il problema riguarda la politica economica che il nostro paese sta adottando. Una realtà che vede la produzione industriale in gran parte delocalizzata, la ricerca e l'innovazione tecnologica praticamente inesistente e i grandi gruppi economico finanziari, incapaci di competere sul famoso mercato, che hanno scelto di investire (sic!) nei servizi e grandi opere. Nei servizi dove i profitti sono sicuri in quanto non soggetti a concorrenza e nella grandi opere, TAV in primis dove i meccanismi che ne sono alla base garantiscono profitti altissimi e senza rischi. Se a questo aggiungiamo la costruzione dei termovalorizzatori ( inceneritori) e la costruzione dei rigassificatori il modello sociale che si vuole definire per l’Italia appare molto chiaro nella sua gravità sociale ed ambientale oltre che economica.
Corridoi ferroviari, autostradali, e porti che trasformino il nostro territorio in luoghi di smistamento e di passaggio delle merci dall'Oriente stanno alla base del un modello industriale che colloca l'Italia come piattaforma logistica dell'Europa.
Idea demenziale perché questa attività è tra quelle che comporta il maggior costo ambientale e territoriale senza dare un vero sviluppo produttivo e tecnologico e occupazionale al paese.
Questo modello economico e sociale va contrastato con iniziative di carattere generale ma acnhe rilanciando la lotta contro il Tunnel del Brennero. Se abbiamo perso una battaglia (impedire l'avvio dei lavori) non significa che fermare è impossibile fermare questo "MOSTRO" che si chiama TAV.
Per questo, diventa importante rilanciare anche a Trento la lotta contro la TAV del Brennero costruendo una rete di comitati, di associazioni con il compito di avviare una campagna di informazione su larga scala delle nefaste conseguenze che il progetto del Brennero comporta.
Ripartire dalla gente, informare e chiamare tutti alle proprie responsabilità in quanto, anche se le iniziative di denuncia e di mobilitazione fatte nel 2007 (incontri con la popolazione, manifestazione a Campo di Trens, ecc.) non hanno raggiunto l’obbiettivo di impedire l’inizio dei lavori (come avvenuto in Val di Susa) non dobbiamo lasciarci prendere dallo sconforto ma rilanciare la nostra iniziativa superando in positivo quelle differenze che, fino ad oggi, hanno frenato la nostra iniziativa di denuncia e di mobilitazione.
Questa battaglia sarà sicuramente difficile, qualcuno dice impossibile, ma non importa, noi la dobbiamo fare per il futuro dei nostri figli e perchè l'ambiente non è una risorsa limitata e non rinnovabile.
Ezio Casagranda - Filcams Cgil del Trentino
Trento, 9 dicembre 2007

sabato 8 dicembre 2007

Morire sul lavoro

Ma in quanti dobbiamo morire prima che si faccia qualcosa?
Non è ora di fermare le stragi sul posto di lavoro, dobbiamo aspettare che Montezemolo dica che siamo così fannulloni da morire piuttosto che lavorare?
Perchè finirà come sempre che la colpa è di chi lavora, perchè i padroni ci hanno spiegato che "noi dobbiamo rispettare la 626", chè se non la rispettiamo loro ci possono licenziare per giusta causa, chè se noi siamo sbadati, se andiamo di fretta, se usiamo utensili non idonei, se usiamo macchine non manutenute, se siamo stanchi i padroni non sono responsabili.
Le aziende non sono mai responsabili di nulla.
Le aziende possono usare il cuneo fiscale per trasferire le fabbriche altrove e nessuno le obbliga ad impiegare i soldi che ricevono dallo Stato, e quindi da noi lavoratori che paghiamo per poter lavorare, per mettere in sicurezza gli impianti ed i cantieri.
Sono disgustata, non una edizione straordinaria, un comunicato della cgil nazionale, uno sciopero generale. Ha ancora senso fare rappresentanza sindacale se non riusciamo nemmeno ad indignarci per tutti questi morti?
Fiorenza Addivinola, rsu Consorzio Interregionale Coop. Consumo Anzola E.
8 dicembre 2007

giovedì 6 dicembre 2007

La Morte nel Chaco

L'impenetrabile e l'indescrivibile
Dopo due giorni di permanenza nella zone del Chaco chiamata l'impenetrabile, descrivere quanto abbiamo visto è impossibile, tanta è la violenza sociale che si è abbattuta su queste popolazioni indigene nel completo disinteresse delle amministrazioni locali e nazione e direi del mondo intero.
Abbiamo visitato villaggi, visto bambini denutriti, nell'ospedale di Castelli, ridotto semplice centro di assistenza per vecchi e bambini ormai irrimediabilmente, a causa della denutrizione, condannati ad attendere il passaggio alla morte. Degenti che hanno percorso oltre 100 Km a piedi per recarsi in ospedale. Gente rassegnata a peggio dove il giungere all'ospedale è considerato una grande fortuna.
Lunedì' 3 dicembre nel villaggio di Villa Rio Bermajto un bambino è morto per denutrizione anche se dalle voci circolate nel villaggio sembra che il dottore abbia fatto una diagnosi diversa. Nessuno ha chiesto l'autopsia ma abbiamo saputo che la polizia non ha fatto entrare la stampa nell'ambulatorio medico.
Nel paese di Villa Rio Bermajto, sono molte, troppe, le realtà dove gli indigeni vivono in "abitazioni" costruite con fango e paglia, dove manca luce, l'acqua, le fognature ed il mangiare. Sono condizioni di vita che non riesco a descrivere in quanto non ci sono sufficienti vocaboli per definire o rispondere agli interrogativi che venivano da quei profondi e espessivi occhi dei bambini che sembravano chiederti: ma cosa ci fate qui, voi occidentali che siete complici swi responsabili del nostro dramma? Occhi tristi e rassegnati quelli dei loro genitori che ci chiedevano, non elemosima, ma impegno a porre fine al loro assurdo dramma sociale. Persone colpevoli solo di essere indigeni e di voler difendere con i denti la terra e le loro tradizioni. In tutti noi è stato forte il senso di dolore, di rabbia e di colpevole impotenza difronte a questo scandalo umano.
Una violenza che non è dovuta al caso ma è il risultato di politiche neoliberiste accompagnate da un potere politico che esclude, come hanno più volte denunciato senza successo, le comunità indigene.
Scandalo che avviene in una realtà dove la provincia di Trento ha investito, negli ultimi anni svariati milioni di euro ( si parla di 26) attraverso l'associazione Trentini nel mondo. Quello che a noi appare incomprensibile è non solo, come sia possibile che nella terra del primo produttore mondiale di carne una parte consistente di indigeni sia ridotti alla miseria e i bambini muoiono per denutrizione, ma anche come la cooperazione non abbia "occhi per vedere" questa tragica realtà.
A nostro avviso qualcosa non funziona nel meccanismo della cooperazione e nelle modalità di gestione fatta dalle amministrazione delle Municipalità locali.
Dalle lunghe discussione con i rappresentanti di alcune associazioni locali emerge come basterebbe dare loro la terra e gli strumenti per lavorarla, uscire delle monocolture e puntare sulle produzioni locali, per risolvere questo dramma sociale che rischia di assomigliare sempre più ad un genocidio.
Basterebbe poco, alla politica, per dare una speranza di vita a queste popolazioni e quindi stare a quadrare è complicità con i responsabili di questa situazione.
Questa tragica realtà dei bambini indigeni del Chaco non è una novità per quanti vivono in questa regione, anche se il potere locale tenta di minimizzare e/o negare. Per questo appare sempre più assurdo il silenzio e la latitanza dei rappresentanti della PAT di Trento che "ignorano" il fatto che questa Amministrazione sia responsabile di questo e continui ad elargire, milioni di euro, in contributi.
Abbiamo riscontrato, nel loro agire e nei loro racconti che queste popolazioni indigene sono pieni di iniziativa e di spirito di collaborazione. Hanno raccontato che, vista la "sordità" del potere, hanno raccolto oltre 1000 firme e con il contributo personale di un signore di Buenos Aires si sono costruiti una scuola elementare dove far studiare i loro figli. Per tutta risposta il Governo nazionale ne ha costruita un'altra scuola nelle vicinanze. Altre comunità indigene hanno situazioni diverse, meno drammatiche di quelle riscontrate a Villa rio Bermajto, ma unite da un unico filo conduttore di un potere politico poco trasparente e fortemente autoritario.
Appena ritornati a Trento, con la documentazione, testimoniale e cartacea, sarà' nostro impegno chiedere lumi e informazioni su quanto abbiamo trovato nella regione del Chaco.
Ezio Casagranda e il gruppo del Cammino Indigena
Villa Rio Bermajto, 6 dicembre 2007

mercoledì 5 dicembre 2007

CCNL, Democrazia e Riforma Contrattule

Alla fine di dicembre e' un anno che il Contratto nazionale del Commercio (terziario) e' scaduto e per ora non si intravvedono soluzioni positive all'orrizzonte. A livello nazionale sono state proclamate altre due giornate di sciopero a sostegno della piattaforma contrattuale dopo lo sciopero del novembre scorso.
Questo atteggiamento di netta chiusura di Confcommercio fa pan dan con quello di Federmeccanica e di altre associazioni datoriali ai tavoli dei rinnovi contrattuali, rappresenta il tentativo, ormai palese di costringere le Confederazioni a mettere in soffitta lo strumento del Contratto nazionale e quindi ridurre ulteriormente i salari e i diritti.
Se questa e' la realta' appare alquanto strana la posizioni delle Confederazioni che, anche in presenza della mancata applicazione di un accordo come quello del 1993, che ha ingabbiato i salari, si apra una trattativa senza prima chiedere che siano chiusi i Contratti nazionali sulle piattaforme presentate.
I lavoratori sono pronti a scendere in piazza e lottare contro questo atteggiamento del padronato e gli scioperi dei mesi scorsi lo hanno dimostrato, ma chiedono anche coeranza da parte del loro sindacato che dovrebbe mettere in campo tutto il suo peso per chiudere i Contrati nazionali e quindi riconsocere il dovuto ai lavoratori e alle lavoratrici.
Lasciare sole le categoria in questo momento avra' solo il risultato di indebolirre ulteriormente non solo il sindacato, ma anche la capacita' di lotta dei lavoratori e delle lavoratrici.
Noi lottiamo per i nostri diritti e chiediamo al nostro sincacato coerenza e sostegno vero e quindi di sospendere qualsiasi trattativa sulla riforma della contrattazione se prima non si fiermano i Contratti nazionali e non si consultano i lavoratori su tale delicata materia come quella del Contrato nazionale.
Ezio Casagranda - Filcams Cgil del Trentino
Trento, 5 dicembre 2007

La gabbia liberista del salario

Con tempestiva sintonia Pietro Ichino, sul Corriere della Sera, e Tito Boeri, su La Stampa, intervengono sull’apertura del confronto tra Confindustria e sindacati sul sistema contrattuale.
La loro tesi di fondo, non si offendano i due professori, riprende sostanzialmente la vecchia legge bronzea dei salari, caposaldo di ogni impostazione liberista e conservatrice. Secondo questa impostazione ogni aumento collettivo dei salari frena l’economia e ne impedisce la crescita. Solo il legame stretto tra produttività del lavoro e retribuzione garantirebbe un effettivo incremento della busta paga. Insomma, solo l’aumento dei profitti si può tradurre in aumento dei salari o, come direbbe l’attuale presidente francese, guadagna di più chi lavora di più. Questi ragionamenti sono antichi, ma in Italia si ripropongono periodicamente quando sono in discussione il salario e i diritti dei lavoratori. Io li sentii la prima volta quando cominciò la campagna per l’abolizione della scala mobile. Campagna che durò diversi anni, dalla fine degli anni Settanta al 1992, passando attraverso il decreto Craxi che tagliava il salario dopo un accordo separato contro la Cgil. Chi allora nel sindacato, nelle imprese, nella politica era contro la scala mobile, spiegava che cancellando quell’istituto, le sue rigidità, i suoi automatismi, si sarebbe creato più spazio per la contrattazione. E’ lo stesso ragionamento che oggi viene applicato al contratto nazionale. E’ finita l’epoca degli aumenti salariali a prescindere, ha proclamato recentemente il segretario generale della Cisl. Il riformismo sindacale è disposto a ridurre sempre di più il salario contrattato nazionalmente, con l’obiettivo di creare così maggior spazio per quello aziendale. Domanda: ma questo serve ad aumentare le retribuzioni? I fatti non lo dimostrano. Non lo dimostra la vicenda dell’abolizione della scala mobile, una delle cause della catastrofe delle buste paga in Italia, ma non lo dimostra nemmeno quello che sta avvenendo ora. La Federmeccanica, ad esempio, rispondendo alla richiesta salariale dei metalmeccanici di 117 euro di aumento per tutti, ne ha controproposti 100, di cui però solo 66 per tutti i lavoratori, mentre gli altri 33 verrebbero dati mediamente a chi lavora di più, quando lavora di più. Per usare un esempio condiviso al tavolo della trattativa dagli stessi industriali metalmeccanici, se un operaio prende 330 euro di aumento perché fa molto straordinario e altri 9 lavorano le normali 40 ore non prendendo nulla, la media dell’aumento sarà di 33 euro. Uno solo ci guadagna, tutti gli altri ci perdono. E il risultato finale è che il padrone paga comunque di meno.
Potremmo fermarci qui, magari aggiungendo che sullo stesso quotidiano di Torino, sul quale esce l’articolo di Boeri, compare la notizia di fonte comunitaria che mette i lavoratori italiani in fondo all’Europa per i salari e in cima per gli orari di lavoro. D’altra parte siamo il paese degli infortuni sul lavoro, della fatica e delle ingiustizie sociali clamorose, il paese ove per vent’anni si è spremuto il lavoro fino a farlo arretrare di 10-15 punti nella distribuzione del reddito nazionale. Basterebbe questo per poter definire la riduzione del salario contrattato nazionalmente una scelta iniqua e regressiva.Vogliamo, però, aggiungere che la tesi di Ichino e Boeri è priva anche di validità teorica. Essa infatti nasconde il vero limite che in questi anni ha frenato la contrattazione e ha impedito al salario di crescere. Esso non è determinato dal contratto nazionale, ma dai vincoli che l’accordo del 23 luglio del 1993 ha imposto ad esso. Quell’intesa, abolendo la scala mobile, toglieva ogni copertura automatica ai salari, ma oltre a questo stabiliva un tetto alle rivendicazioni. Il sindacato non era libero di chiedere quello che voleva, il salario nei contratti nazionali non poteva aumentare più dell’inflazione programmata. Così, quando il sistema economico andava male le aziende potevano non rinnovare i contratti senza neppure pagare la scala mobile, mentre, quando il sistema andava meglio, il sindacato non poteva chiedere più dell’inflazione. Le perdite dei periodi di difficoltà così non venivano mai recuperare nei periodi di miglior andamento economico. Il sistema del 23 luglio è stato programmato proprio per ridurre il salario nazionale. Non è dunque il contratto nazionale a mettere in gabbia i salari, come invece sostiene il professor Tito Boeri, ma è la gabbia del 23 luglio che ha costretto quell’istituto a non seguire più l’andamento dell’economia. Certo, ci sono altre due cause determinanti nella catastrofe dei salari. Una è la precarietà del lavoro, l’altra è il sistema fiscale di classe che colpisce prima di tutto il lavoro dipendente. Ma resta il fatto che il freno al pieno funzionamento del contratto nazionale ha impedito la crescita delle retribuzioni.
Oggi è proprio il contratto nazionale che siede sul tavolo degli imputati tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria. Invece che il sistema concertativo che lo colpisce e lo frena, è il contratto stesso ad essere messo sotto accusa. E’ un classico rovesciamento tra l’aggressore e la vittima.
Se si volessero davvero aumentare i salari in Italia, con il nostro sistema industriale, la frantumazione del lavoro, le piccole imprese e le diversità territoriali, bisognerebbe rafforzare il contratto nazionale, prima di tutto eliminando proprio quei vincoli che impediscono alla contrattazione di svilupparsi ed estendersi. Paradossalmente rischia di accadere l’esatto contrario: invece che liberare il contratto nazionale dalla gabbia del 23 luglio 1993, si mantiene questa gabbia e ci si libera del contratto. La concertazione affossa così la contrattazione e dà via libera alla totale individualizzazione del salario.
Ichino e Boeri spiegano che i lavoratori devono accettare questo rischio, perché alla lunga se tutti lavoreranno di più il salario medio crescerà. Qui la tesi dei due professori è una favola campata in aria. Non c’è nulla che dimostri che così il salario è destinato a crescere. In realtà queste tesi non sono nuove, esse risalgono alle ideologie aziendalistiche degli anni Cinquanta. Purtroppo l’arretramento dell’autonomia e dell’indipendenza sindacale, la subalternità di tanta parte della politica all’ideologia dell’impresa e del mercato, l’assenza di una forte battaglia di sinistra nel sindacato e nella politica, la crisi della Cgil, fanno sì che tesi sulle quali Bruno Trentin avrebbe, da autentico riformista, sghignazzato, divengano il pensiero unico che domina le relazioni sindacali. Dopo i danni del Protocollo sul welfare, i lavoratori italiani non possono davvero permettersi il lusso di perdere, con le stesse procedure e gli stessi discorsi, anche il contratto nazionale. Nel sindacato, nella politica, nella cultura bisogna dire basta a questa insopportabile deriva liberista.
Giorgio Cremaschi

lunedì 3 dicembre 2007

Cultura e Solidarieta´

Continuando il nostro "cammino indigeno" abbiamo ritenuto interessante riportare ai lettori del Blog le esperienze della visita alla scuola elementare del quartiere San Jorge e alla cominità aborigena di Tamandua.
La scuola elementare e situata in una zona degradata della citta' di Posadas che fino a pochi anni fa era adibita a discarica pubblica.
La scuola è situata in un grande capannone vecchio con il tetto in laniera. Le classi hanno divisorie fatte di assi in legno e i banchi sono decrepiti. Nell'ufficio della Direttrice è anche luogo adibito a magazzino e per l'attività non didattica.
Nella nostra visita abbiamo ricevuto un caloroso e toccante benvenuto con l'ammaina bandiera ed il canto , da parte degli scolari, dell'inno nazionale.
Peima di lasxiare Posadas abbiamo voluto incontrare la Direttrice Maria Teresa Verri e l'associazione "Ombre nuevo" rappresenata dal signor Felipe Ruben Benitez per capire più a fondo questa realtà. La Direttrice ci che ha illustrato l'importanza di questa scuola a tempo pieno, non solo per il ruolo di alfabetizzazione e di studio per i bambini, ma anche come strumento per evitare che questi siano "catturati" dalle attività criminose o dalla droga.
Per questo la scuola fornisce tre pasti al giorno in quanto per molti ragazzi è l'unica possibilità di mangiare in quanto a casa non hanno niente.
Purtroppo la "cucina" sono quattro mura ed un focolare aperto ed un formo in mattoni per il pane. L'acqua scarseggia ed il pavimento è in terra battuta.
Queste condizioni difficile, quasi al limite della soppravviveza, non impedisce alla scuola di funzionare con degli obbiettivi avanzati, quindi non solo dsattica, ma anche attività finalizate a farli uscire da una cultura assisenzialista.
Progetti sul lavoro del legno, allevamento di cunigli e altre attività fanno parte dell'insegnamento di questa scuola.
Come delegazione ci siamo impegnati ad attivarci per far arrivare risorse che posssano servire alla crescita e sviluppo di questa scuola, che per questo quartiere è fondamentale per mantenere una speranza di un futuro migliore.
Seguenro il nostro cammino indigeno, non senza difficoltá al nostro interno, siamo arrivati nella "Municipalità 25 de Mayo" dove vive la comunità indigena di etnia mbea guarani dei Tamandua. Una visita interessante per conoscere la loro storia, i loror rapporti con le istituzioni e con i non aborigeni. Siamo stati accolti da questa comunista con grande senso di ospitaliità davvero grande, tanto che per il nstro arrivo hanno chiamato a raccolta l'intera cominità.
Il Caceche Vera Guachu che a partecipato al nostro incontro ha raccontato la storia della comunità rispetto al le varie fasi che hanno caratterizzato la politica Argentina negli ultimi 80 anni. Storia che li ha fortemente penalizzati ed estromessi da ogni possibilita di decidere della loro vita la comunità e composta di 130 persone, vive sull'agricoltura e perca e produce quanto serve per il loro sostentamento. La comunità tiene una scuola di base con insegnanti indigeni e dove viene insegnata anche la loro cultura. Ritengono la scolarizzazione e la cultura strumenti importanti per la difesa della specificità dello loro comunità.
I rapporti sono positivi con le Municipalità 25 de Mayo ma difficili con l'Ammistrazione regionale che non vuole, nei fatti, riconoscere la specifictà e l esistenza stessa della comunità Tamandua.
Nella discussione fatta con i responsabili della cominità è emerso il loro interesse a partecipare alla riunione delle comunità indigene che si terrà a Trento nel prossimo 25 maggio organizzata dall associazione el puerto che lotta da anni per il diritto alla esistenza e dignita delle popolazioni aborigene.
Da questa visita alla comunità Tamandua ho ricevuto una grande lezione di cosa significa la dignità. In oltre un ora di confronto non è mai emersa alcuna richiesta per un vivere occidentale ma solo una forte e granitica convinzione e di una forte volontà di difendere, anche con la lotta, la loro terra, la loro cultura e le proprie tradizioni.
Ezio Casagranda Filcams Cgil del Trentino
Posadas, 2 dicembre 207

sabato 1 dicembre 2007

Notizie Argentine

Hotel Bauen e contadini in piazza: storia di lotte per il lavoro e per la terra.

Nel nostro viaggio ci siamo confrontati con le prime forma di lotta autorganizzata per la difesa del lavoro e della sua dignità.
A Buenos Aries abbiamo incontrato i lavoratori dell'Hotel Bauen occupato (recuperado) da oltre un anno per impedirne la chiusura decisa dalla proprietà. Riuniti in cooperativa stanno gestendo l'Hotel in modo del tutto autonomo. Nell'incontro dove i resposnsabili hanno spiegato il percorso di lotta effettuato e le difficoltá che ancora incontrano nella loro attività. Dalle difficoltá del credito al fatto che presso la magistratura pende un ricorso nei loro confronti dal quale può discendere l'ordine di sgombero.
Hanno tenuto a precisare il carattere e la peculiarità della loro cooperativa che non va confusa con la grande cooperazione "fittizia" presente sul territorio Argentino.
Una esperienza che, purtroppo, non ha visto la partecipazione del sindacato locale e quindi vissuta in modo totalmente autonono dalle organizzazioni sindacali e dalle forze politiche.
Oggi, gli stessi dirigenti non sanno dirti quale sarà il futuro di questa esperienza, infatti su di loro pende ul ricorso lagale, ma quello che sicuramente non si potrà cancellare è questa grande esperienza di resistenza alle logiche del mero profitto mercantile. Non è un prototipo di nuove forme ricetttive del settore turistico ma, forse, sara' un "modello" di come fronteggiare le situazioni di crisi, visto che nei giorni scorsi anche a Mar della Plata i lavoratori hanno occupato (recuperado) un altro grande hotel che la proprietà vuleva chiudere.
A Posadas invede abbiano trovato dei contadini in lotta da oltre 6 mesi per difendere la loro terra dalla multinazionale E.B.Y. Che dopo aver acquistato i terreni dal Governo ha deciso di liberarsi dei contadini che da quella terra traevano il loro sostentamento. Questi contadini hanno posteggiato i loro trattori davanti alle sede del Governatorato locale e stanno presidianto la piazza antestante con un presidio permanente di denucia nei confronti della E.B.Y. Ma anche contro l'immobilismo convivente delle autorità locali. Contadini che sono stati espropriati delle loro terre, in cambio si sussidi economici, per far posto ad una "grande opera" di unificare i fiumi per rendere la rgione energicamente autosufficiente. Ogggi, dopo 3 anni questi contadini si trovano senza terra e senza sussudi.
Una lotta quasi disperata alla quale i mass media locali non danno voce per paura di perdere i fiumi di soldi che entrano con la pubblicità da parte della EBY e delle altre società multinazionali e non.
Ma anche da parte dei cittadini ormai prevale il silenzio e indifferenza e quindi viene meno la solidarietà con le lotte, magari per stanchezza o per paura di perdere quelle elemosine elargite con il contagoccie dai potenti di turno.
Dobbiamo riflettere sui motivi per cui, anche in queste situazioni difficili, la lotta giusta e sacrosanta per la difesa della terra,del lavoro e della propria dignità e della propria identità non trovi momenti di solidarietà.
Mentre gli stati del sudamerica spendono miliardi di dollari in spese militari per, dicono, "difendere il paese" dimenticando che il loro paese, nella sua maggioranza, sta subendo le disastrose conseguenze di una guerra economico finanziaria che gli sta succhiando tutte le risorse. Una guerra che si "comatte" all'interno degli organismi mondiali del commercio (WTO, Banca Mondiale, ecc)dove gli eserciti non servono e i cittadini del mondo e gli stessi governi non hanno voce e sono trattati come numeri di un sudoko senza regole.
Io credo che un metro di valutazione sia il fatto che a livello mondiale, anche se sono presenti importanti movimenti di lotta, stia venendo meno la speranza di poter cambiare i processi di globalizzazione e di omologazione al sistema capitalista, anche nelle sue forme più brutali e violente
Diventa quindi importante che queste popolazioni prendendo cocienza delle loro condizioni di sfruttati per cambiare con la lotta questa tremenda realtà.
Compito nostro, della sinistra europea e delle organizzazioni mondiali sindacali è quello rimettere in moto la lotta per ridare a milioni di lavoratori, di contadini e semplici cittadini che un mondo migliore è possibile.
Ezio Casagranda Filcams Cgil del Trentino
Posadas, 1 dicembre 2007