giovedì 8 novembre 2007

Il declino dei diritti di cittadinanza

Il processo di flessibilizzazione dei salari e del mercato del lavoro in Italia è iniziato esattamente nel 1984, con il decreto Craxi sulla scala mobile e con la legge n. 863, che ha introdotto i contratti di formazione-lavoro seguita poi, nel 1987, dalla legge 56 che diede la possibilità di estendere il contratto a termine a tutti i settori.
Sul lato del salario e dei diritti sindacali, dopo il fallimento del referendum è iniziato il processo di revisione della stessa scala mobile che sfocerà poi nell'accordo del 31 luglio 1992, che sanciva l'abolizione degli scatti di contingenza. Al riguardo, ricordiamo che alla base di quel (nefasto) accordo, accettato con tribolazione da Trentin, allora segretario generale della Cgil, in nome dell'unità sindacale e della supina accettazione del Trattato di Maastricht c'era l'inizio, anche in Italia del processo di convergenza verso l'armonizzazione monetaria europea, il cui costo verrà esclusivamente scaricato sul lavoro dipendente e precario, sia in termine di organizzazione che di salario.
Con l’accordo sul costo del lavoro del 23 luglio 1993 si conclude il processo di flessibilizzazione del salario, iniziato con il decreto Craxi nel 1984, vincolandolo al tasso d'inflazione programmato. Poiché, il tasso d'inflazione programmato è costantemente inferiore al tasso d'inflazione effettivo, si assiste ad una riduzione sistematica del potere di acquisto delle retribuzioni.
In meno di 10 anni la Confindustria è riuscita ad ottenere che il salario venga sempre più assoggettato alle esigenze di profittabilità delle imprese. Il processo non è ancora completato, manca la destrutturazione del CCNL, ma con il protocollo sul welfare del luglio scorso si è fatto un grande passo avanti in questa direzione.
Il processo di deregolamentazione della prestazione lavorativa e del mercato del lavoro è proseguita più lentamente ed ha trovato una forte accelerazione con la legge 196/97, denominata "pacchetto Treu", che introduce il "lavoro interinale", estende l'uso dei contratti a termine, 'allungamento della durata dei contratti di formazione-lavoro nelle aree depresse e lo sviluppo dei contratti di apprendistato. la conseguenza è stata quella di flessibilizzare il lavoro in entrata favorendo il processo di sostituzione del lavoro a tempo indeterminato con lavoro precari al quale è seguita la privatizzazione del collocamento e il predominio della chiamata individuale su quella numerica.
Con la legge 30 arriva a compimento l'intero processo di deregolamentazione del mercato del lavoro e si dipana così sotto i nostri occhi un disegno totalizzante che tende a regolare la prestazione lavorativa unicamente sulla base del rapporto tra singolo individuo e datore di lavoro.
Siamo all'essenza del rapporto di sfruttamento capitale-lavoro, nella sua immediatezza, senza intermediazioni politiche, sociali e giuridiche, così come si era sviluppato nel secolo scorso. A farne le spese sono soprattutto i giovani che entrano nel mercato del lavoro con contratto atipico con percentuali che in alcune regioni superano il 75%. Dati che dimostrano come la precarietà assume caratteristiche sempre maggiori tanto da investire oltre che la sfera del lavoro anche la sfera sociale.
Un processo di deregolamentazione che è iniziato oltre 20 anni fa e che continua, a prescindere dai governi in carica con l’obbiettivo di arrivare anche alla flessibilità in uscita e cioè all’abrogazione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. I segnali ci sono tutti ed il silenzio della Cgil sulla riforma contrattuale proposta da Confindustria e Cisl, non lascia ben sperare.
Per questo oggi è importante battersi contro questa deriva politico culturale per ridare alla Cgil la sua autonomia di analisi, di iniziativa e di mobilitazione che sembra venuta meno in questa legislatura.
Ezio Casagranda - Filcams Cgil del Trentino
Trento, 9 novembre ’07

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