La grande manifestazione di ieri a Roma contro ogni forma di precarietà dove, oltre un Milione di persone, lavoratori, donne, giovani e precari, hanno gridato forte e chiaro che la precarietà non può essere l’unico orizzonte di vita e l’unica condizione per accedere al mondo del lavoro.
Un corteo che non si vedeva da tempo al quale la sinistra ha il dovere di farsene carico e quindi dare continuità alla richiesta di cambiamento che stenta a trasformarsi in iniziativa politica dando piena e coerente applicazione al programma di governo con il quale il Governo ha chiesto il voto nell’aprile scorso.
Sarebbe un grave errore se questo protagonismo, questa domanda di partecipazione e di mobilitazione che viene da un popolo di a sinistra che non vuole mollare, che chiede coerenza, democrazia partecipata, che vuole discutere, approfondire, manifestare e non essere solo un passivo "televotante", non trovasse le adeguate risposte a livello politico ed istituzionale.
Cittadini contrari alle grandi opere (TAV, Mose, ecc) chiedevano di essere ascoltati, coinvolti in quanto ritengono tali opere devastanti per il loro territorio, inutili dal punto di vista produttivo, costose oltre che dannose per il sistema sociale.
Cittadini di Vicenza, ma non solo, rivendicavano il loro diritto a dire NO alla nuova base militare americana, di poter decidere sul futuro del loro territorio e del loro (nostro) futuro per evitare che l’Italia diventi una nuova base logistica per la guerra permanente.
Cittadini lavoratori che rivendicavano maggiore solidarietà, maggiori diritti sociali (casa, scuola, sanità, ambiente, natura) e nel lavoro e sul lavoro per potersi costruire un futuro dignitoso anche dal punto di vista previdenziali. Chiedevano cambiamenti profondi al protocollo su pensioni e stato sociale, maggiore equità sociale, risposte all’emergenza salariale (che sembra passata nel dimenticatoio) il rinnovo dei contratti e quindi una nuova politica del lavoro.
Tutte queste richieste, molto articolate sono l’espressione di diversi movimenti presenti sul territorio che chiedono al Governo di dare applicazione al programma stracciando il dodecalogo della scorsa primavera perché in contrasto con gli impegni assunti con gli elettori.
Una manifestazione che ha spiazzato molti, compresi gli organizzatori, per la sua straordinaria partecipazione popolare, con parole d’ordine che rispecchiavano le mille realtà di un mondo sempre più incerto e precario, anche dal punto di vista ambientale.
Vorrei riflettere sul fatto che la manifestazione del 20 ottobre 07 ha fatto emergere la presenza di uno spezzone di società, di tipo carsico, forte e convinto e che non vuole arrendersi, che ne la sinistra, ne il sindacato, ne i cosiddetti movimenti hanno saputo individuare. Un movimento che chiede non solo una risposta politico istituzionale ma anche di essere ascoltato dalla sinistra, dal sindacato e dai vari movimenti.
Un corteo che non si vedeva da tempo al quale la sinistra ha il dovere di farsene carico e quindi dare continuità alla richiesta di cambiamento che stenta a trasformarsi in iniziativa politica dando piena e coerente applicazione al programma di governo con il quale il Governo ha chiesto il voto nell’aprile scorso.
Sarebbe un grave errore se questo protagonismo, questa domanda di partecipazione e di mobilitazione che viene da un popolo di a sinistra che non vuole mollare, che chiede coerenza, democrazia partecipata, che vuole discutere, approfondire, manifestare e non essere solo un passivo "televotante", non trovasse le adeguate risposte a livello politico ed istituzionale.
Cittadini contrari alle grandi opere (TAV, Mose, ecc) chiedevano di essere ascoltati, coinvolti in quanto ritengono tali opere devastanti per il loro territorio, inutili dal punto di vista produttivo, costose oltre che dannose per il sistema sociale.
Cittadini di Vicenza, ma non solo, rivendicavano il loro diritto a dire NO alla nuova base militare americana, di poter decidere sul futuro del loro territorio e del loro (nostro) futuro per evitare che l’Italia diventi una nuova base logistica per la guerra permanente.
Cittadini lavoratori che rivendicavano maggiore solidarietà, maggiori diritti sociali (casa, scuola, sanità, ambiente, natura) e nel lavoro e sul lavoro per potersi costruire un futuro dignitoso anche dal punto di vista previdenziali. Chiedevano cambiamenti profondi al protocollo su pensioni e stato sociale, maggiore equità sociale, risposte all’emergenza salariale (che sembra passata nel dimenticatoio) il rinnovo dei contratti e quindi una nuova politica del lavoro.
Tutte queste richieste, molto articolate sono l’espressione di diversi movimenti presenti sul territorio che chiedono al Governo di dare applicazione al programma stracciando il dodecalogo della scorsa primavera perché in contrasto con gli impegni assunti con gli elettori.
Una manifestazione che ha spiazzato molti, compresi gli organizzatori, per la sua straordinaria partecipazione popolare, con parole d’ordine che rispecchiavano le mille realtà di un mondo sempre più incerto e precario, anche dal punto di vista ambientale.
Vorrei riflettere sul fatto che la manifestazione del 20 ottobre 07 ha fatto emergere la presenza di uno spezzone di società, di tipo carsico, forte e convinto e che non vuole arrendersi, che ne la sinistra, ne il sindacato, ne i cosiddetti movimenti hanno saputo individuare. Un movimento che chiede non solo una risposta politico istituzionale ma anche di essere ascoltato dalla sinistra, dal sindacato e dai vari movimenti.
Ezio Casagranda – Filcams Cgil del Trentino
Trento, 21 ottobre 2007
2 commenti:
Una manifestazione che rafforza il No della Fiom e la rende più vicina a chi lavora.
Bravi la Cgil che ha disobbedito alla "caz...te" di vietare le bandiere. Dopo questa manifestazione sarebbe demenziale una Cgil che vuole persistere sulla strada dei divieti o di richiamare all'ordine la Fiom.
Perchè Epifani non si accorge che viene preso a schiaffi da "Bonanni & c." ?
Più che processi serve una sana autocritica sul perchè si è "cancellato" un congresso !!!
Anonimo che ha manifestato a Roma
Sabato 20 ottobre 2007.
Un’altra volta il popolo italiano è dovuto scendere in piazza a pretendere dei diritti che sembravano già acquisiti. Un’altra volta si è messo in moto per dire basta alla precarietà e a ri-chiedere dal governo che i patti sottoscritti siano rispettati. Un’altra volta lavoratori e lavoratrici chiedono certezze per il proprio futuro.
La disarmante corsa verso una globalizzazione inumana stritola senza pietà operai nostrani, contadini cinesi ed Indios argentini riducendoli a mere marionette da buttare via quando inutili. Una corsa verso una sempre maggior crescita per pochi che lascerà il nostro paese lastricato di vittime della precarietà, dei debiti e delle guerre inutili combattute sino ad ora.
Il popolo del 20 ottobre chiede anche di non dover soccombere sotto tonnellate di scorie derivate da inutili opere faraoniche, che contribuiscono a far aumentare il debito pubblico e diminuire le certezze di una sanità per tutti. Il popolo della “sinistra ritrovata”, quella vera, chiede diritti e lavoro per tutti: richieste che si potrebbero definire strane, in quanto non si pensava che stessimo per perderle, ma che ora noi gridiamo per riaverli. Sacrificati sull’altare del consumismo ad ogni costo, dell’arrivismo inesistenziale ora vogliamo indietro il maltolto: i giovani illusi da promesse ridotte ad incomprensibili sms lo chiedono; quelli non più giovani che vedono fuggire sempre più in avanti il giorno della meritata pensione, lo chiedono a loro volta.
Una piazza gremita di bandiere rosse, con il simbolo della falce e martello (senza querce da farli di contorno), erano anni che non la si vedeva. Da qui si erge una sola voce Unità a sinistra.
Il Polo e il Partito Democratico, si reggono su tremanti puzzle che inveiscono tra di loro, incollati a questo paese da oscure trame . La Piazza a Roma chiede che un’unica forza si frapponga tra i due contendenti a difesa dei diritti civili, delle libertà democratiche e dei valori di una reale giustizia. Una forza che sappia proporre e criticare, affrontare i problemi senza prese di posizione nevrotiche dettate più dall’incapacità che da una coscienza.
Il principale tema della giornata era la lotta contro la precarietà, un cancro che sta devastando intere generazioni da nord a sud. Vittime di un sistema che contempla la crisi dei mutui e del sistema pensionistico: tutte ampiamente volute con lo scopo di minare il nostro diritto a protestare.
La precarietà conduce su strade che non vorremmo percorrere. Riduce la persona ad una larva manovrabile e confondibile, la spoglia dei più elementari sensi di solidarietà e convivenza: è molto più facile indicare uno straniero come responsabile, che affrontare le proprie frustrazioni e combattere il vero nemico.
Anch’io sono vittima di questo stato di cose. Un sistema che permette a datori di lavoro di licenziarti senza giusta causa a seguito di una malattia e di assumere persone al proprio posto senza che alcunché possa bloccarli. Un sistema che ti conduce ad una serie di contratti a termine con buste paga da fame. A Roma c’erano parecchie situazioni come la mia, e tutte gridavano a favore di un sindacato che li tuteli senza se e senza ma. Un sindacato che incominci a considerare il fatto che tutti i lavoratori sono sempre più deboli e non solo dei probabili clienti di infidi fondi pensione.
Il popolo sceso in piazza ha chiesto un Sindacato diverso da quello attuale.
Una giornata storica non deve fermarsi e quindi si chiede di proseguire con le istanze uscite da quel contesto. La sinistra italiana, contro ogni previsione, ha rivelato se stessa come rinnovata fonte di attrazione per i giovani e tutti i lavoratori e lavoratrici italiani, quindi non deve deluderli. Diritti ora, mai più precarietà.
Una nota storica, 90 anni fa avveniva la rivoluzione d’ottobre: gli ideali non invecchiano, ma si rinnovano ad ogni generazione affinché la speranza in un mondo migliore non si spenga.
Nicola Messina
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