domenica 30 settembre 2007

Welfare - chi guadagna e chi perde ?

Il compianto Bruno Trentin nel lontano 1992, prima dell’accordo sulla contingenza, in polemica con Cisl e Uil aveva apostrofato alcuni dirigenti sindacali come “venditori di Tappeti”. Se non sbaglio tale definizione voleva richiamare alla realtà quanti stavano “magnificando” le sorti della contrattazione a seguito dell’abolizione della scala mobile. Tutti sappiamo come è andata. Diminuzione costante del potere di acquisto dei salari, forte ridimensionamento del potere contrattuale in azienda e nel territorio.
Ora, sembra che sullo scalone Maroni qualcuno tenti di vendere fumo anziché tappeti. Cgil Cisl e Uil sostengono che con l’accordo del 23 luglio 07 si è superato lo scalone Maroni e che in alternativa a questo accordo i lavoratori avrebbero dovuto tenersi la legge Maroni. Ma davvero questo accordo, in materia di scalone e pensioni, è vantaggioso per la stragrande maggioranza dei lavoratori e lavoratrici ?
Una prima domanda riguarda: quanti lavoratori traggono benefici da questo accordo rispetto alla legge Maroni ? Il nuovo accordo prevede: età pensionabile a 58 anni nel 2008; dal 1 luglio 2009 con 59+36 o 60+35. Dal gennaio 2011 con 60+36 o 61+35. dal 1 gennaio 2013 anticipando di 1 anno la Maroni si va in pensione con 61+36 o con 62+35. Sostanzialmente dal 1 lulgio 2009 tutti vanno in pensione con 60 anni di età e 35 di contributi. Ora i lavoratori che ci guadagnano, rispetto alla Maroni, sono quelli nati del 1949, nel 1950, 1951, cioè il 7,5% dei lavoratori (media matematica). Infatti per quanti sono nati dopo il 1 gennaio 1952 si trovano, rispetto all’età anagrafica, aumentata anche l’età minima contributiva che passa dai 35 ai 36 anni. Questo anche per i lavori usuranti. Se la matematica non è un’opinione ci troviamo davanti ad un aumento dell’età pensionabile per tutti rispetto a prima (salvo i primi 4 anni).
Una seconda domanda riguardai giovani: si dice che per i giovani è previsto l’obbiettivo (quindi tutto da verificare) di arrivare con 40 anni di contributi al 60% della pensione. Ora io mi domando? Ma di quale equità sociale si parla se si accetta che dopo 40 anni Un giovane arrivi al 60% della pensione mentre gli anziani all’80%? Il tutto senza affrontare, anzi consolidando, le cause di queste ingiustizia che si chiamano legge 30, riduzione dei diritti ( sanità scuola,ecc) e precarietà nel lavoro.
Se anche teniamo in considerazione l’aumento delle pensioni minime (3 milioni di pensionati su 14 milioni) e dell’indennità di disoccupazione questo accordo appare come un dare a pochi per togliere a molti. Forse mi sbaglio ma i dati mi danno questa lettura. Forse non è un caso che nelle assemblee e nelle riunioni sindacali si parli, anziché dei contenuti, dell’ipotesi che se non passa questo accordo ci sarà la crisi di governo e quindi verrà il Ba-bau Berlusconi.
Ezio Casagranda - Filcams Cgil del Trentino
Trento, 30 settembre ’07

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