Da quanto si legge oggi sulla stampa, dall'incontro dei Segretari nazionali di Cgil Cisl e Uil emerge che sull'accordo del 23 luglio 2007 non ci sarà referendum ma una "consultazione con voto certificato". Poco male, si potrebbe dire, l'importante è permettere ai lavoratori di votare, anche se al sottoscritto rimangono tutte le riserve del caso.
L'altra questione emersa e che, invece, risulta inaccettabile e che le assemblea siano tenute solo da sindacalisti favorevoli all'accordo. Una scelta che ci riporta indietro nel tempo, alle vecchie logiche centralistiche, che soffocano la dialettica sindacale e che si ritenevano superate. Una scelta, questa, che ritengo non solo sbagliata ma che segna un cambio di rotta rispetto al nostro congresso.
Infatti, quento deciso dalle Confederazioni ripropone la questione del come si pratica la democrazia nel rapporto con i lavoratori e lavoratrici e introduce una forzatura inaccettabile dello statuto della Cgil.
Infatti, non si capisce perché i lavoratori debbano decidere sentendo solo i decantatori di questo accordo e non chi si oppone in quanto ritiene questo accordo negativo per il futuro di giovani e anziani. E non si venga a dire che siccome devono decidere i lavoratori il loro giudizio non deve essere forzato da letture di parte. I lavoratori sono sufficientemente maturi per saper decidere rispetto alle due posizioni in campo.
Quello che sta avvenendo dentro la Cgil è preoccupante in quanto anche sulle modalità di consultazione dei lavoratori si accetta il diktat delle altre Confederazioni. Ma qualcuno può obbiettare che se non si accettava questo percorso non si faceva la consultazione. Questo modo di ragionare non appartiene alla Cgil in quanto il diritto di votare sugli accordi è un diritto dei lavoratori e non una consessione del sindacato. La democrazia, come i percorsi democratici non possono essere merce di scambio dei gruppi dirigenti delle confederazioni ma diritti esigibili dei lavoratori. Un concettto, questo, ripeso anche nel nostro ultimo congresso dove come Cgil si chiedeva con forza di definire una legge sulla rappresentanza che andasse a sancire questo diritto. La presenza di un governo di centro sinistra avrebbe dovuto rafforzare e non sminuire questo nostro concetto di democrazia.
Purtroppo, ancora una volta in nome della realpolitik, vengono sacrificati i nostri abbiettivi strategici e viene umiliata la democrazia sindacale. Il tutto per evitare un confronto di merito, con i lavoratori, sui contenuti di questo pessimo accordo che sostanzialmente recepisce anche come Cgil, dopo 5 anni, i contenuti del patto per l'Italia gettando alle ortiche la lotta di milioni di lavoratori e lavoratrici.
Una domanda su tutte: fare questo dietorfront giova a quanti vogliamo rappresentare? Attendo risposte.
L'altra questione emersa e che, invece, risulta inaccettabile e che le assemblea siano tenute solo da sindacalisti favorevoli all'accordo. Una scelta che ci riporta indietro nel tempo, alle vecchie logiche centralistiche, che soffocano la dialettica sindacale e che si ritenevano superate. Una scelta, questa, che ritengo non solo sbagliata ma che segna un cambio di rotta rispetto al nostro congresso.
Infatti, quento deciso dalle Confederazioni ripropone la questione del come si pratica la democrazia nel rapporto con i lavoratori e lavoratrici e introduce una forzatura inaccettabile dello statuto della Cgil.
Infatti, non si capisce perché i lavoratori debbano decidere sentendo solo i decantatori di questo accordo e non chi si oppone in quanto ritiene questo accordo negativo per il futuro di giovani e anziani. E non si venga a dire che siccome devono decidere i lavoratori il loro giudizio non deve essere forzato da letture di parte. I lavoratori sono sufficientemente maturi per saper decidere rispetto alle due posizioni in campo.
Quello che sta avvenendo dentro la Cgil è preoccupante in quanto anche sulle modalità di consultazione dei lavoratori si accetta il diktat delle altre Confederazioni. Ma qualcuno può obbiettare che se non si accettava questo percorso non si faceva la consultazione. Questo modo di ragionare non appartiene alla Cgil in quanto il diritto di votare sugli accordi è un diritto dei lavoratori e non una consessione del sindacato. La democrazia, come i percorsi democratici non possono essere merce di scambio dei gruppi dirigenti delle confederazioni ma diritti esigibili dei lavoratori. Un concettto, questo, ripeso anche nel nostro ultimo congresso dove come Cgil si chiedeva con forza di definire una legge sulla rappresentanza che andasse a sancire questo diritto. La presenza di un governo di centro sinistra avrebbe dovuto rafforzare e non sminuire questo nostro concetto di democrazia.
Purtroppo, ancora una volta in nome della realpolitik, vengono sacrificati i nostri abbiettivi strategici e viene umiliata la democrazia sindacale. Il tutto per evitare un confronto di merito, con i lavoratori, sui contenuti di questo pessimo accordo che sostanzialmente recepisce anche come Cgil, dopo 5 anni, i contenuti del patto per l'Italia gettando alle ortiche la lotta di milioni di lavoratori e lavoratrici.
Una domanda su tutte: fare questo dietorfront giova a quanti vogliamo rappresentare? Attendo risposte.
Ezio Casagranda - Filcams Cgil Trento
Trento 4 settembre 2007
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