Grande ressa al centro commerciale di Pergine, titola oggi il giornale IL TRENTINO e dalla cronaca della giornata di ieri sembra che passare il tempo in un centro commerciale a fare shopping sia diventata la nuova frontiera di aggregazione e di consumismo e, a mio avviso, esasperato da una situazione in cui i valori sociali sono in caduta libera.
Nel ribadire la posizione della Filcams Cgil del Trentino sul lavoro domenicale e festivo tengo a precisare che la domenica non può essere considerato un giorno come un altro. Infatti nella nostra cultura occidentale la domenica è il giorno della socializzazione della vita associativa, del nostro vivere in comunità oltre che della famiglia intesa come entità sociale e parte fondamentale della nostra comunità. Valori a cultura che sembrano essere schiacciati da una morsa formata dalla frenesia consumistica degli individui, assunta a nuova ideologia, e e come che trova momenti convergenti fra una concezione individualistica e chiusa della società e quanti con quanti, in nome del profitto calpestano diritti, tradizioni e culture.
E questo chiama in causa le nostre responsabilità, individuali e collettive, in quanto ritengo che una società che vuole essere di esempio non può accettare che dei suoi cittadini debbano lavorare la domenica per soddisfare le velleità consumistiche e la voglia di profitto.
Ho letto le riflessioni di Don Maffeis ed in parte condivido la sua analisi sulla carenza di momenti di aggregazioni diversi, il venir meno di una socialità solidale e l’assenza di iniziative culturali in grado di essere alternative alla semplice frenesia del consumo come unico metro di misurazione dello standard sociale. La nostra incapacità di comunicare e di socializzare, il nostro essere schiacciati dall’individualismo della televisione e dei mass media, ci porta a ricercare della “grande ressa” dove ci sembra di essere meno soli ma in realtà la nostra solitudine si sfoga nell’acquisto di beni che non sempre sono indispensabili per il nostro vivere quotidiano e che è una delle cause di indebitamento delle famiglie.
Ciò premesso vorrei richiamare l’attenzione di quanti frequentano il centro commerciale per chiedere loro se si sono posti il problema che per i dipendenti del centro commerciale lavorare la domenica significa rinunciare alla famiglia. Emblematica poi è l’affermazione di quanti si dicono contenti delle aperture domenicali perché così possono fare la spesa che non riescono a fare durante la settimana. Da questo ne discende una prima considerazione e cioè che lo stress quotidiano, le forme della precarietà, e le incombenze del lavoro ormai non lasciano più tempo fare la spesa. Una seconda considerazione concerne che si presume che al centro commerciale si vada con la famiglia ed è grave non porsi il problema che per chi è costretto la lavoro domenicale è preclusa la possibilità di trascorrere la domenica con i propri familiari.
Siamo davanti non solo ad una caduta di ogni forma solidaristica ma anche ad una preoccupante regressione sociale in quanto le condizioni dell’altro non interessano e quello che prevale è solo la propria “ soddisfazione “ dello shopping domenicale.
Infine quanto succede al centro commerciale di Pergine è l’ennesima dimostrazione che senza una regola precisa e concordata sulle aperture domenicali quello che prevale è un modello sociale puramente legato al consumo, il conseguente deterioramento dei rapporti sociali sacrificati sull’altare dell’individualismo collettivo e del profitto privato. In poche parole il prevalere degli interessi delle cosiddette “orde consumistiche”.
Ezio Casagranda - Filcams Cgil del Trentino
Nel ribadire la posizione della Filcams Cgil del Trentino sul lavoro domenicale e festivo tengo a precisare che la domenica non può essere considerato un giorno come un altro. Infatti nella nostra cultura occidentale la domenica è il giorno della socializzazione della vita associativa, del nostro vivere in comunità oltre che della famiglia intesa come entità sociale e parte fondamentale della nostra comunità. Valori a cultura che sembrano essere schiacciati da una morsa formata dalla frenesia consumistica degli individui, assunta a nuova ideologia, e e come che trova momenti convergenti fra una concezione individualistica e chiusa della società e quanti con quanti, in nome del profitto calpestano diritti, tradizioni e culture.
E questo chiama in causa le nostre responsabilità, individuali e collettive, in quanto ritengo che una società che vuole essere di esempio non può accettare che dei suoi cittadini debbano lavorare la domenica per soddisfare le velleità consumistiche e la voglia di profitto.
Ho letto le riflessioni di Don Maffeis ed in parte condivido la sua analisi sulla carenza di momenti di aggregazioni diversi, il venir meno di una socialità solidale e l’assenza di iniziative culturali in grado di essere alternative alla semplice frenesia del consumo come unico metro di misurazione dello standard sociale. La nostra incapacità di comunicare e di socializzare, il nostro essere schiacciati dall’individualismo della televisione e dei mass media, ci porta a ricercare della “grande ressa” dove ci sembra di essere meno soli ma in realtà la nostra solitudine si sfoga nell’acquisto di beni che non sempre sono indispensabili per il nostro vivere quotidiano e che è una delle cause di indebitamento delle famiglie.
Ciò premesso vorrei richiamare l’attenzione di quanti frequentano il centro commerciale per chiedere loro se si sono posti il problema che per i dipendenti del centro commerciale lavorare la domenica significa rinunciare alla famiglia. Emblematica poi è l’affermazione di quanti si dicono contenti delle aperture domenicali perché così possono fare la spesa che non riescono a fare durante la settimana. Da questo ne discende una prima considerazione e cioè che lo stress quotidiano, le forme della precarietà, e le incombenze del lavoro ormai non lasciano più tempo fare la spesa. Una seconda considerazione concerne che si presume che al centro commerciale si vada con la famiglia ed è grave non porsi il problema che per chi è costretto la lavoro domenicale è preclusa la possibilità di trascorrere la domenica con i propri familiari.
Siamo davanti non solo ad una caduta di ogni forma solidaristica ma anche ad una preoccupante regressione sociale in quanto le condizioni dell’altro non interessano e quello che prevale è solo la propria “ soddisfazione “ dello shopping domenicale.
Infine quanto succede al centro commerciale di Pergine è l’ennesima dimostrazione che senza una regola precisa e concordata sulle aperture domenicali quello che prevale è un modello sociale puramente legato al consumo, il conseguente deterioramento dei rapporti sociali sacrificati sull’altare dell’individualismo collettivo e del profitto privato. In poche parole il prevalere degli interessi delle cosiddette “orde consumistiche”.
Ezio Casagranda - Filcams Cgil del Trentino
Trento, 12 novembre 2007
3 commenti:
condivido la tua analisi ed aggiungo che se questi commercianti vogliono tener aperto 52 domeniche e tutte le festività facciano pure ma in negozio stiano loro e non i dipendenti. potrei dare un consiglio alla gente che ha sostituito le vecchie piazze con i centri commerciali andate a spasso in qualche bosco o sulle ciclabili è tutta salute.
Dopo aver letto questo post e l'articolo pubblicato dal Trentino di martedì 13 a proposito di " shopping domenicale " mi chiedo alcune cose. Non credo che basti la solidarietà del sindacato ad una categoria costretta al lavoro festivo. Dico costretta perchè anche se, qualcuno ha detto e scritto che,nessuno ci obbliga, è una vera e propria costrizione.
Mi chiedo come mai siamo arrivati a lavorare così tante domeniche e giorni infrasettimanali festivi se coincidono con le esigenze di mercato.Lavoro nel settore commercio da alcuni anni... sicuramente mi sono"persa un pezzo " ma, aproffitto di questo mezzo per chiedere al sindacato nello specifico alla Filcams , quanto hanno contato le rappresentanze sindacali nella contrattazione. Una tempo,neanche troppo lontano,le aperture domenicali erano rare, le chiamavamo domenica d'argento e d'oro.Ho contato quelle in cui ho lavorato io. Nel 2006 sono state 10 e quest'anno saranno bel 12, compresi i giorni infrasettimanali festivi.Ora mi chiedo se tutto questo ha una logica. Qualcuno mi vuole spiegare in nome di chi o che cosa la categoria deve accollarsi queste aperture ? In nome delle esigenze del mercato ? Per dare un servizio in più ? Non credo che il benessere sia dato dall'apertura dei negozi alla domenica o con orari serali... non è trascorrere la domenica al centro commerciale. Credo invece che il benessere sia dato da altri servizi. Non aspettare tre quattro mesi per una prestazione sanitaria, magari trovare i servizi pubblici con orari decenti e che tengano conto delle reali esigenze dei pendolari. Questi,secondo me,sono i servizi su cui la classe politica e dirigente dovrebbe puntare. Da cittadina anch'io avrei la necessità di trovare alcuni uffici pubblici aperti in certi orari, magari con il personale al proprio posto di lavoro e non a spasso a fare shopping...o alla terza pausa caffè.....Ma mi devo far bastare il tempo che ho, chiedere un permesso per sbrigare le varie commissioni della vita quotidiana,e la mia settimana non termina il venerdì alle 13. !!!!
Caro Ezio la coscienza delle persone che fanno shopping alla domenica non è in ascolto.
per giusi...hai ragione non basta la solidarietà del sindacato ci vorrebbe la solidarietà tra i lavoratori (stare tutti a casa e dico tutti), la solidarietà di tutta la società civile e non solo di qualche esponente sindacale o di qualche esponente ecclesiastico, disertare tutte le aperture domenicali (da quelle d'oro a quelle di bronzo)le cose cambierebbero; ma la realtà non è così la maggior parte della classe dirigente cura il benessere delle proprie "scarsele" ed i lavoratori sono ricattabili o si fanno ricattare, i politici hanno le loro lobby da difendere e non intervengono e la maggior parte dei commercianti dichiara di guadagnare meno della metà dei loro apprendisti (magari girano con il cayenne)e dunque sono poveri e devono aprire la domenica per far quadrare i loro bilanci. saluti
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