domenica 6 gennaio 2008

Povertà, stangate e contratti

In arrivo la stangata, titolavano i giornali e davano i numeri degli aumenti delle tariffe comunali, dell’energia, e dei generi di prima necessità e in fondo all’articolo il dato più importante che i consumi sono calati del 6% rispetto al dicembre 2007. Ricordo alcuni aumenti: il pane (+12,4%) il latte (+6,4%), il pollame (+7,3%), la pasta (+7,7%) la frutta (+4,7%), la benzina (+ 9,8%), il gasolio ( +11,2%) e i combustibili liquidi per la casa con il + 12,1%, mentre le tariffe comunali aumenteranno del 3,4% dai rifiuti al consumo di acqua potabile e via aumentando. Senza contare il prossimo aumento degli affitti Itea, come “naturale” conseguenza della sua privatizzazione.
L’ultimo rilevamento Istat dice che sono il 16% le famiglie italiane sotto la soglia di povertà. 1 italiano si 6 è povero mentre i ricchi sono sempre più ricchi e la distribuzione del reddito continuano a premiare le rendite e le classi abbienti.
Un quadro allarmante che richiede interventi strutturali e non soluzioni tampone e parziali, per porre un freno a questi aumenti, che pesano su un bilancio di una famiglia operaia attorno ai 1400 euro annui. Bisogna intervenire contro la speculazione finanziaria intervenendo sulle filiere distributive. Le stesse associazioni degli agricoltori denunciano le speculazioni che avvengono lungo la filiera distributiva. Forte è il rischio che come tutte le cose, passato l’effetto annuncio tutto rientri nella normalità alla faccia delle richieste avanzata dalle varie associazioni sociali e di categoria. Ormai siamo talmente abituati a questo modo di agire che si plaude al fatto che gli aumenti del 2,7% (vedi autostrada del Brennero) siano minori per i pendolari dell’autostrada.
E’ concertante che nessuno ponga il problema che, stando al florido bilancio dell’A22 , questi aumenti, sono ingiustificati ma servono per pagare i costi elevati che la partecipazione al tunnel del Brennero comporta. Sicuramente non servono per dare un servizio migliore visto che dopo le ultime gare di appalto al massimo ribasso (aree di servizio) il servizio è peggiorato sia nella sua qualità sia nelle condizioni di quanti vi lavorano. La stessa cosa vale per le altre tariffe i cui aumenti spesso non servono per migliorare il servizio ma solo per rimpinguare i bilanci della società e quindi drenare risorse per i lauti compensi dei manager o dei vari consulenti.
Allora servono due cose: da parte della politica, imporre il blocco dei prezzi nelle aziende controllate (dall’A22, alla Trentino servizi passando per l’Itea). Utopia. Non penso visto che in passato è stato fatto per i trasporti. L’altra questione è più generale e riguarda la politica sindacale A livello locale, prendere atto che la battaglia per gli aumenti differenziati secondo i parametri Icef sta dando risultati insufficienti e rischia di essere perdente e subalterna alle grandi lobbie speculative in quanto non affronta il problema degli aumenti ingiustificati. Bisogna rivendicare una politica di prezzi amministrati per alcuni generi di prima necessità (dagli alimentari, alla casa, alle tariffe,ecc). Sul versante nazionale, se si vuole davvero tutelari i salari ed i redditi da lavoro, bisogna rivendicare una copertura automatica dei salari e dei redditi da lavoro (co.co.pro compresi) degli aumento dei prezzi e una revisione del paniere inserendovi anche i mutui della prima casa ed il costo dell’affitto.
Il tutto senza dimenticare che vanno rinnovati i Contratti nazionali e rivendicata la restituzione di quanto il fisco a tolto ingiustamente ai lavoratori dipendenti (drenaggio fiscale) in quanto la sola battaglia sulla riduzione del fisco rischia di essere insufficiente e senza un riequilibrio del peso fiscale fra lavoro e rendite finanziarie, rischia di ridurre le spese per sanità, sicurezza, scuola e servizi sociali penalizzando quei lavoratori e quei cittadini che si vorrebbe tutelare.
Ezio Casagranda – Filcams Cgil del Trentino
Trento, 6 gennaio ’08

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Care/ compagne/i, ultimamente sono spinto ad intervenire con frequenza per me esagerata..vorrei astenermi..ma le sollecitazioni sono enormi. Sperando mi passi al più presto quest'incontinenza per non ammorbarvi ulteriormente, volevo segnalarvi un'interessante dichiarazione che tratteggia plasticamente la distanza siderale che c'è oggi fra direzioni sindacali e istanze della classe operaia anche in Trentino, e che, inevitabilmente, va a suffragare le critiche che anche Ezio ha riportato nei suoi due ultimi interventi. Il responsabile industria della CGIL trentina Paolo Burli ha affermato che bisogna:"...sostenere maggiormente chi investe nei processi di innovazione.(..)..premiare attraverso incentivi e sgravi fiscali chi si mette davvero in gioco.".(Corriere del trentino 4/1). Pungolare quella parte di padronato che ha il "braccino corto" va bene ci mancherebbe, ma la domanda è: se davvero bisogna continuare a foraggiare "a perdere" gli appetiti dei padroni (cosa che non credo assolutamente visto i sontuosi profitti che lorsignori inanellano annualmente) o se non sarebbe meglio legare tali elargizioni ad altri indicatori più in sintonia con le aspirazioni dei lavoratori? Chessò, legare il "presunto" virtuosismo di un'azienda al "tasso" di sicurezza? (anche il 2007 ci ha dimostrato che la sicurezza non è mai troppa)al "tasso" di precarietà? (quanti sono i precari da 2 o 3 anni con inquadramenti infimi!)alla presenza o meno di un decente contratto integrativo? (se davvero riteniamo centrale la questione salariale)alla presenza o meno di un sindacato in azienda? (non dappertutto c'è il sindacato)al numero di ore di straordinario effettuate? (sfruttamento spinto dei lavoratori per evitare nuove assunzioni). Se leghiamo sgravi e contributi solo all'innovazione non incidiamo assolutamente sulla qualità del lavoro, della vita e del salario delle maestranze. E credo che sia questo il baricentro per un sindacato che voglia ancora svolgere la sua funzione sociale. Non mi sfugge che l'innovazione tecnologica abbia come ricadute la produttività, la competitività e quindi il consolidamento di fette di mercato, ma non esiste automatica traduzione in benefici reali (leggi miglioramenti)per i lavoratori. Se invece affianchiamo al criterio delineato da Burli gli indicatori che elencavo (volendo ce ne sarebbero altri) automaticamente sarebbero anche i lavoratori a migliorare la loro posizione. Sia chiaro non c'è nulla di personale (manco lo conosco!), ma trovo che la sua proposta sia il termometro che misura il grado di inadeguatezza della proposta sindacale (nazionale e trentina) alle sfide che oggi ci vengono lanciate. Per capirci è una proposta che risente dell'egemonia cislina che oggi permea anche il nostro sindacato e che, come diceva Ezio (e altri compagni che sono intervenuti) ha al centro solo l'impresa e la competitività.
Stando così le cose, la missione che ci viene assegnata oggi è proprio quella di costruire una strategia alternativa, con proposte alternative e quindi una direzione di marcia alternativa, sottraendoci al deleterio influsso di un'organizzazione ipermoderata (quando non filopadronale) come la CISL e restituendo così la giusta credibilità alla nostra organizzazione e quindi nuove speranze alla classe lavoratrice.
Un fraterno abbraccio

luigi bozzato

Anonimo ha detto...

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Anonimo ha detto...

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