Confindustria, Cisl e Uil sono contro «gli arcaismi e le rigidità» del contratto nazionale, che deve restare solo come «paracadute».
Firmato "il contratto" parte l'offensiva sulla riforma del modello contrattuale. Nella direzione, come spiega il ministro del Lavoro Cesare Damiano, di una triennalizzazione della durata dei contratti (oggi, secondo le regole del luglio '93, suddivisi in due bienni economici e in un quadriennio normativo), e degli incentivi alla contrattazione decentrata (che oggi riguarda circa il 10% delle imprese), strada già aperta dal disegno di legge che ha recepito il protocollo sul welfare.
«Abbiamo firmato l'accordo che dovevamo firmare», dice il presidente degli industriali, Luca di Montezemolo, «un accordo positivo solo se lo si guarda in un ottica tradizionale». «Per i dipendenti - continua Montezemolo - credo non si possa più continuare a ragionare con un rigido contratto nazionale che non tiene conto delle diversità geografiche e delle differenze tra le stesse imprese». «La chiusura della vertenza dei metalmeccanici è di per sè un fatto positivo - dice Emma Marcegaglia, candidata alla presidenza di Confindustria - ma non possiamo più andare avanti con assetti contrattuali vecchi che risalgono a 35 anni fa, serve un forte legame tra contratti e produttività».
Non è sola Confindustria nell'invocare una stagione di «modernizzazione, contro gli arcaismi di un contratto nazionale che ingessa». Cisl e Uil sono esattamente sulla stessa lunghezza d'onda, non ne hanno mai fatto mistero e ieri sono tornate a ribadirlo. E la "modernizzazione" di cui si parla consiste nello svuotamento progressivo del contratto nazionale che deve rimanere come «un paracadute», per dirla alla Marcegaglia, o come «salvaguardia minima», per usare le parole del presidente di Federmeccanica, Massimo Calearo.
«Sono d'accordo con Montezemolo - sono le parole del segretario generale Cisl, Raffaele Bonanni - Il modello di contrattazione è arcaico». «Il contratto nazionale è stato troppo sopravvalutato, ha una funzione importante perché deve servire esclusivamente a coprire i buchi determinati dall'inflazione. Questo e solo questo, non può essere usato per altri scopi perché altrimenti snerva». Stessa musica in casa Uil: «Concordo con Montezemolo che il sistema di contrattazione è arcaico, ma lui ha molte responsabilità nell'avere determinato questa situazione e nel non avere operato a sufficienza per cambiarlo».
Fosse per Confindustria, Cisl e Uil, insomma, il contratto nazionale sarebbe già stato messo in soffitta.
Restano comunque da rinnovare alcuni importanti contratti (pubblico impiego e commercio in primis). Ed era stato lo stesso ministro Damiano, nei giorni scorsi, a calendarizzare cinque tavoli di concertazione con le parti sociali, su pressione fiscale, modello contrattuale e produttività, rinnovi, prezzi e tariffe e sicurezza sul lavoro. I tavoli sarebbero dovuti partire dalla fine di gennaio, ma con gli avvicendamenti di ieri, e una maggioranza che non c'è più (dopo l'uscita di Mastella), nulla è certo.
Il contratto delle tute blu passerà ora al vaglio delle strutture di Fiom, Fim e Uilm, mentre domani si riunirà l'"assemblea dei 500", a cui partecipano dirigenti nazionali e delegati dai territori, per il via libera all'intesa. Successivamente partiranno anche le assemblee nei luoghi di lavoro, per presentare l'intesa raggiunta ai lavoratori, che saranno chiamati a validarla nel referendum.
Rete 28aprile – S.A.F.- Jesi 24 gennaio 2008
Nessun commento:
Posta un commento