venerdì 25 gennaio 2008

Laicità e libertà: il caso Maiani

Il Senato ha bloccato la nomina del fisico Luciano Maiani a presidente del CNR. La sua colpa? Aver firmato il documento sul papa.
Tempi duri per i laici, ma anche per milioni di cattolici onesti in Italia. Tempi così duri da evocare davvero il processo "onesto e giusto" contro Galileo Galilei. Così duri da evocare le liste di proscrizione dei regimi totalitari. Così duri da paventare che presto tra i requisiti per accedere alla docenza universitaria potrebbe essere necessario un giuramento di fedeltà a Benedetto XVI.
In un'Italia dove non si possono condannare i corrotti, dove mafiosi, inquinatori, evasori fiscali, arricchiti a spese del bene comune, politici corrotti e imbroglioni di ogni risma agiscono indisturbati, in questa babilonia di illegalità e di arroganza, sono finiti sul banco degli imputati un gruppo di scienziati. Il muovo nemico è il laico. Laico come alieno, laico come grillo parlante, come paria in uno stato che ha scelto una versione confessionalista della laicità.
Ma veniamo al caso specifico. Nella seduta del 16 gennaio della 7a commissione del Senato, al prestigioso fisico Luciano Maiani non è stata ratificata la nomina a presiedere il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) perché “colpevole” di essere tra i firmatari della famosa “lettera dei 67” del 20 novembre scorso, con la quale si riteneva inopportuno l'invito a Joseph Ratzinger per l'inaugurazione dell'anno accademico dell'Università di Roma La Sapienza.
Solo il 21 dicembre scorso, il fisico romano Luciano Maiani era stato nominato Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche e, sulla base dei suoi titoli, tutti si erano dichiarati soddisfatti. Restava la ratifica del Senato, un proforma da tenersi ovviamente solo sulla base del curriculum scientifico dello studioso. Ma non è andata così: con un dibattito surreale in Senato la sua nomina non è stata ratificata ed è stata chiesta un'audizione del ministro Fabio Mussi. La colpa di Maiani è apertamente ammessa: ha firmato la “lettera dei 67” e quindi sarebbe incompatibile con l’incarico. Il dibattito in Commissione è simbolico dell'Italia di oggi e merita di essere riassunto.
Per il senatore di Forza Italia, Franco Asciutti, alla luce della posizione espressa contro il papa, Maiani sarebbe "incompatibile con un atteggiamento equilibrato e laico".
Prova a difenderlo Andrea Ranieri del PD, ma la pezza è peggiore del buco: “suvvia, Maiani è su posizioni moderate, ha firmato sì la lettera ma solo per il Rettore, non voleva diventasse pubblica”. Insomma, per Ranieri Maiani è colpevole, ma di peccato veniale. In generale, gli interventi del PD sono tutti improntati a prudenza e cerchiobottismo. Si rendono conto della pretestuosità, della gravità e della pericolosità come precedente, ma preferiscono restare nel mezzo, ribadire la loro condanna dei rei e alla fine far passare uno scandaloso rinvio.
Dopo Ranieri prende la parola Maria Agostina Pellegatta, Verde lombarda, che finalmente dice una cosa banalmente sensata: "siamo chiamati a giudicare i titoli di Maiani, non le sue opinioni".
Basta ciò per fare impazzire di rabbia l'italoforzuto Egidio Sterpa. E' il più noto tra i coinvolti, già ministro in quota PLI durante la prima repubblica, con una condanna in via definitiva per tangenti nel caso Enimont: "abbandono l'aula per protesta contro l'intolleranza". Amen.
Da lì, se mai ve n'era stato, si perde il lume della ragione. Luca Marconi dell'UDC teme addirittura che Maiani non sia in grado di assicurare la libertà d'espressione.
Ma è Giuseppe Valditara di AN che passa il segno: “Maiani deve chiarire la sua posizione per poter valutare se è compatibile con l'incarico”. Che "chiarire la sua posizione" riecheggi l'abiura chiesta a Galileo non può sfiorare Valditara. Parlano vari altri, ma alla fine la decisione è presa, il Senato della Repubblica non ratifica la nomina di Maiani e convoca il Ministro Mussi.
Questo è quanto è successo in Commissione. Luciano Maiani passerà, prima sotto le forche caudine, poi, a meno di incredibili novità, come presidente del CNR. Ma il segnale che viene dato al paese e all'Università è gravissimo: abbiamo i vostri nomi e possiamo danneggiarvi nella vostra carriera come stiamo facendo con il più potente di voi. In questi giorni centinaia di docenti, ricercatori e precari della ricerca, oltre a migliaia di liberi cittadini stanno firmando due appelli (<http://www.historiamagistra.com/news.php> e <http://www.petitiononline.com/386864c0/petition.html>) . E', di fatto, una lista nera. Come accaduto in Senato per Maiani, come possiamo essere sicuri che domani non accadrà per un concorso universitario o per un posto pubblico?

Tratto dal Blog di Gennaro Carotenuto. Sintesi di Sigrid Marchiori


Trento, 25 gennaio 2008

1 commento:

Anonimo ha detto...

Si, per i laici sono tempi duri anche a causa della nostra rinuncia a dare battaglia sui temi della laicità per paura che cadesse il Governo Prodi. Basta vedere cosa è successo in questi due ani di legislatura. Mentre si affinava l’attacco del Vaticano alla laicità dello Stato, dopo tante discussioni della legge sui PACS e sui DICO non c’è neppure l'ombra. Al contrario, il centrosinistra si spacca sul Family day mentre la controffensiva laica stenta a riempire piazza Navona; si scrivono leggi speciali contro gli immigrati violenti mentre le donne subiscono violenza da mariti e compagni al motto "i panni sporchi si lavano in famiglia!"; il Pd inciampa a Roma sul registro delle coppie di fatto dopo l'appello vaticano ai consiglieri comunali cattolici: "sarebbe un offesa al carattere sacro della città"; si fa strada una regressione integralista che appare in tutto il suo "peso" quando il papa si scaglia contro l'aborto, e il suo fedele scudiero Ferrara orrendamente equipara la pena di morte con l'interruzione volontaria di gravidanza; La mancata “visita” del papa alla Sapienza è motivo di attacco alla laicità dello stato tanto che il vaticano organizza una manifestazione, alla quale partecipano anche laici del centro sinistra, (i Voti!!) per chiedere uno stato confessionale, privilegi fiscali compresi, in spregio all’art. 20 che stabilisce: “ Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d’una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività.”
La difficoltà è grande anche perché questa situazione non riguarda solo Roma, ma anche la periferia. Infatti nelle regioni (a governo di centrosinistra) si assiste da anni allo stravolgimento della Costituzione: dal finanziamento delle scuole (art. 33) Infine non avendo neppure il coraggio di dire che s’impicciassero dei fatti loro, fa si che le gerarchie clericali considerino l’Italia come terra da colonizzare approfittando di questo il marasma morale, civile, sociale e politico che stiamo subendo.
Quello che serve è uno scatto di reni e iniziare una difficile battaglia culturale sulla laicità.
Ezio Casagranda