martedì 7 agosto 2007

Il 20 ottobre in piazza

Abbiamo ricevuto molte adesioni alla proposta di scendere in piazza, il 20 ottobre, che abbiamo avanzato ieri sul nostro giornale e su il manifesto . Potete leggere un primo elenco di nomi e alcuni messaggi nelle pagine interne del giornale. Quello che ci sembra molto importante è che abbiamo potuto registrare una buona unità della sinistra. Sia di quella sociale, che di quella sindacale e di quella politica. Naturalmente ci sono dei distinguo, qualcuno chiede una piattaforma più netta, più precisa di quella che abbiamo pubblicato ieri, come "base" per una discussione che poi ci porti fino al 20 ottobre. Qualcuno ancora non si è pronunciato. E' giusto che sia così, che ciascuno faccia le sue osservazioni, ragioni, chieda garanzie. Mi sembra però che una cosa sia chiarissima a tutti: il governo Prodi non può proseguire con il passo che ha tenuto sinora e soprattutto non può proseguire nella direzione sulla quale fin qui ha proceduto. Come abbiamo scritto ieri, serve una scossa, una svolta a sinistra.Molti amici e compagni ci fanno una osservazione e una domanda: rischia di diventare una manifestazione contro il governo ed è producente una manifestazione di sinistra contro un governo di centrosinistra?E' difficile rispondere a questa domanda. Sapete perché? Io credo perché la domanda è sostanzialmente sbagliata. Nel senso che non possiamo continuare in eterno a subordinare qualunque gesto, o pensiero, o azione, o parola della nostra politica - cioè della politica della coalizione del centrosinistra - ai dubbi sulla tenuta del governo. Altrimenti l'unica forza di questo governo diventa la sua debolezza, cioè la sua paura di cadere e l'imperativo categorico di restare in sella. Ma che politica è questa? Possiamo pensare di trasformare la prima esperienza di governo di centrosinistra (senza confini alla sua sinistra), anziché in un laboratorio di riforme e di trasformazione, in un semplice grande gioco della "sopravvivenza", quasi fosse un reality show televisivo?E' chiaro che nei cromosomi (recenti) del popolo della sinistra c'è stampato in modo indelebile il gene dell'antiberlusconismo, che provoca una insopprimibile paura del ritorno di Berlusconi e pone questa paura al di sopra di ogni altra considerazione politica. E' un gene pericolosissimo perché - come si dice in medicina - è "autoimmune". Nel senso che trasforma il terrore del berlusconismo in "berlusconismo realizzato". L'antidoto in malattia. Succcede che uno schieramento politico costretto nello stato di necessità finisce per fare qualunque cosa con l'unico obiettivo di impedire il ritorno di Silvio, e cioè finisce per fare esattamente le cose che avrebbe fatto Silvio. Se vogliamo uscire dalla subalternità alla destra, liberiamoci di questa ossessione. Rinunciamo alla religione della "stabilità di governo". Torniamo a considerare il governo uno strumento e non un idolo, non un feticcio. E allora scopriremo che nella coalizione ci sono due componenti: come dice il nome, una di centro, imperniata sul Partito democratico, e una di sinistra, più piccola ma combattiva. La componente centrista crede nel mercato, vuole riformarlo, migliorarlo, renderlo più forte e sano. La componente di sinistra critica il mercato, vuole riformarlo, renderlo meno invadente, più debole. La componente centrista preferisce le privatizzazione, la componente di sinistra è contraria e chiede l'intervento dello Stato in economia. La componente centrista punta sulle imprese e sulla competitività, la componente di sinistra sul lavoro e sulla solidarietà. Non si può immaginare un governo di coalizione che "assuma" come sua la filosofia di una delle due componenti. Occorre una mediazione. Questa mediazione era stata scritta nel programma, è saltata per l'invadenza del Partito democratico. Va ricostruita e ricontrattata. La manifestazione del 20 ottobre a questo serve: a verificare se è possibile una mediazione, cioè uno spostamento a sinistra dell'asse del governo.
di Piero Sansonetti

1 commento:

Postal ha detto...

la manifestazione deve essere anche contro l'accordo del 23 luglio
Postal