Mentre le associazioni dei consumatori e le parti sociali ripetutamente segnalano l’aumento dei prezzi, questi ultimi, in realtà, continuano a salire in misura superiore all’inflazione reale, rilevata dall’ISTAT.
Già si parla del fatto che nei prossimi mesi ci saranno ulteriori aumenti per generi di prima necessità non alimentari, quali acqua, gas, luce e tariffe comunali.
Ogni volta si spendono milioni di parole per individuare “ il colpevole “, dimenticando che, forse, il problema è a monte, ovvero nella struttura distributiva e nelle politiche redistributive.
Oggi, il problema aumento dei prezzi, come quello dei tassi sui mutui, è fortemente sentito, in quanto da diversi anni il salario dei lavoratori non riesce a coprire tali aumenti. In buona sostanza la sola contrattazione ( nazionale e aziendale ) non tutela più il salario rispetto all’inflazione, così ad ogni aumento dei prezzi il cittadino lavoratore e consumatore si trova più povero di prima.
Non crediamo che la crescita esponenziale dei prezzi, specialmente quelli di prima necessità, dipenda solo da questioni legate a presenze monopolistiche o all’assenza di monitoraggio, o ancora, al mancato rispetto del protocollo provinciale sui prezzi. Eventualmente ciò riguarda l’ultimo anello della catena distributiva, che sicuramente non è ininfluente, anche se in maniera assai ridotta rispetto alla formazione dei prezzi.
A nostro parere il problema della formazione dei prezzi va affrontato da due versanti:
1) il primo aspetto riguarda la filiera produttiva e la catena distributiva sulla quale poco si sta facendo da parte della Provincia e del Governo. Infatti uno dei costi principali riguarda i trasporti e quindi la delocalizzazione degli impianti di trasformazione, che arricchiscono da un lato gli imprenditori, ma dall’altro non riducono i costi che vengono pagati dai cittadini-consumatori ( lo stesso discorso può valere per le aperture domenicali e festive i cui maggiori costi vengono poi scaricati sul prezzo finale ).
Crediamo che su questo terreno debba aprirsi in sede provinciale una franca discussione, poiché, a nostro parere, molto spesso l’aumento dei prezzi dipende da spinte speculative, che avvengono all’interno della filiera alimentare e della catena distributiva;
2) il secondo aspetto riguarda le modalità di distribuzione della ricchezza e la struttura delle retribuzioni, le quali non riescono a tenere il passo non solo con l’aumento dei prezzi, ma neppure con l’inflazione reale che viene rilevata.
Riteniamo che per porre un freno al sistematico rialzo dei prezzi al consumo una proposta potrebbe essere quella di collegare in modo diretto i salari con la dinamica dei prezzi; solo così potrà fermarsi la politica speculativa sui prezzi, costringendo tutti gli interessati ( imprese e governo ) a misurarsi con i prezzi e quindi ad adottare le necessarie misure di contenimento degli stessi.
Il resto si riduce solo a buoni propositi che, puntualmente, vengono smentiti dai fatti, come risulta ampiamente dimostrato da: il petrolio e il prezzo della benzina. Il petrolio sale ed il prezzo sale, il petrolio scende ed il prezzo rimane stabile. Ciò è dimostrato dal fatto che allo stesso valore del prezzo del greggio di qualche anno fa, circa 78 dollari al barile, il prezzo della benzina era decisamente inferiore : 1.100 € al litro allora contro l’attuale 1.305!!; l’arrivo dei grandi supermercati Coop. Anche in questo caso, dopo qualche anno, i prezzi si sono livellati verso l’alto, a dispetto della sbandierata concorrenza, che avrebbe dovuto sortire l’effetto contrario
In conclusione riteniamo che per venire incontro alle esigenze e alle attese dei lavoratori e dei consumatori occorra un cambio radicale nelle politiche di redistribuzione , sperimentando la reintroduzione della contingenza, come strumento di protezione dei salari; tale azione potrà anche servire per un reale controllo dei prezzi.
Già si parla del fatto che nei prossimi mesi ci saranno ulteriori aumenti per generi di prima necessità non alimentari, quali acqua, gas, luce e tariffe comunali.
Ogni volta si spendono milioni di parole per individuare “ il colpevole “, dimenticando che, forse, il problema è a monte, ovvero nella struttura distributiva e nelle politiche redistributive.
Oggi, il problema aumento dei prezzi, come quello dei tassi sui mutui, è fortemente sentito, in quanto da diversi anni il salario dei lavoratori non riesce a coprire tali aumenti. In buona sostanza la sola contrattazione ( nazionale e aziendale ) non tutela più il salario rispetto all’inflazione, così ad ogni aumento dei prezzi il cittadino lavoratore e consumatore si trova più povero di prima.
Non crediamo che la crescita esponenziale dei prezzi, specialmente quelli di prima necessità, dipenda solo da questioni legate a presenze monopolistiche o all’assenza di monitoraggio, o ancora, al mancato rispetto del protocollo provinciale sui prezzi. Eventualmente ciò riguarda l’ultimo anello della catena distributiva, che sicuramente non è ininfluente, anche se in maniera assai ridotta rispetto alla formazione dei prezzi.
A nostro parere il problema della formazione dei prezzi va affrontato da due versanti:
1) il primo aspetto riguarda la filiera produttiva e la catena distributiva sulla quale poco si sta facendo da parte della Provincia e del Governo. Infatti uno dei costi principali riguarda i trasporti e quindi la delocalizzazione degli impianti di trasformazione, che arricchiscono da un lato gli imprenditori, ma dall’altro non riducono i costi che vengono pagati dai cittadini-consumatori ( lo stesso discorso può valere per le aperture domenicali e festive i cui maggiori costi vengono poi scaricati sul prezzo finale ).
Crediamo che su questo terreno debba aprirsi in sede provinciale una franca discussione, poiché, a nostro parere, molto spesso l’aumento dei prezzi dipende da spinte speculative, che avvengono all’interno della filiera alimentare e della catena distributiva;
2) il secondo aspetto riguarda le modalità di distribuzione della ricchezza e la struttura delle retribuzioni, le quali non riescono a tenere il passo non solo con l’aumento dei prezzi, ma neppure con l’inflazione reale che viene rilevata.
Riteniamo che per porre un freno al sistematico rialzo dei prezzi al consumo una proposta potrebbe essere quella di collegare in modo diretto i salari con la dinamica dei prezzi; solo così potrà fermarsi la politica speculativa sui prezzi, costringendo tutti gli interessati ( imprese e governo ) a misurarsi con i prezzi e quindi ad adottare le necessarie misure di contenimento degli stessi.
Il resto si riduce solo a buoni propositi che, puntualmente, vengono smentiti dai fatti, come risulta ampiamente dimostrato da: il petrolio e il prezzo della benzina. Il petrolio sale ed il prezzo sale, il petrolio scende ed il prezzo rimane stabile. Ciò è dimostrato dal fatto che allo stesso valore del prezzo del greggio di qualche anno fa, circa 78 dollari al barile, il prezzo della benzina era decisamente inferiore : 1.100 € al litro allora contro l’attuale 1.305!!; l’arrivo dei grandi supermercati Coop. Anche in questo caso, dopo qualche anno, i prezzi si sono livellati verso l’alto, a dispetto della sbandierata concorrenza, che avrebbe dovuto sortire l’effetto contrario
In conclusione riteniamo che per venire incontro alle esigenze e alle attese dei lavoratori e dei consumatori occorra un cambio radicale nelle politiche di redistribuzione , sperimentando la reintroduzione della contingenza, come strumento di protezione dei salari; tale azione potrà anche servire per un reale controllo dei prezzi.
Pasquale De Matthaeis - Federconsumatori
Ezio Casagranda - Filcams Cgil del Trentino
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