sabato 8 dicembre 2007

Morire sul lavoro

Ma in quanti dobbiamo morire prima che si faccia qualcosa?
Non è ora di fermare le stragi sul posto di lavoro, dobbiamo aspettare che Montezemolo dica che siamo così fannulloni da morire piuttosto che lavorare?
Perchè finirà come sempre che la colpa è di chi lavora, perchè i padroni ci hanno spiegato che "noi dobbiamo rispettare la 626", chè se non la rispettiamo loro ci possono licenziare per giusta causa, chè se noi siamo sbadati, se andiamo di fretta, se usiamo utensili non idonei, se usiamo macchine non manutenute, se siamo stanchi i padroni non sono responsabili.
Le aziende non sono mai responsabili di nulla.
Le aziende possono usare il cuneo fiscale per trasferire le fabbriche altrove e nessuno le obbliga ad impiegare i soldi che ricevono dallo Stato, e quindi da noi lavoratori che paghiamo per poter lavorare, per mettere in sicurezza gli impianti ed i cantieri.
Sono disgustata, non una edizione straordinaria, un comunicato della cgil nazionale, uno sciopero generale. Ha ancora senso fare rappresentanza sindacale se non riusciamo nemmeno ad indignarci per tutti questi morti?
Fiorenza Addivinola, rsu Consorzio Interregionale Coop. Consumo Anzola E.
8 dicembre 2007

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Come non dare ragione alla compagna Fiorenza. Ogni morte alla fine lascia solo un grande vuoto nella sua famiglia, nella socuiieta' e dentro di noi.
Forse sarebbe opportuno che il sindacato, a partire da chi scrive, smetta di dire la morte sul lavoro alla fine e' una disgrazia che e' successa nonostante ......
Dobbiamo iniziare a cambiare il linguaggio e la visione della societa'. Dobbiamo iniziare a chiamare questi morti sul lavoro con il loro vero nome: omicidio.
La strage del lavoro continua e ormai in Italia siamo a 4 morti al giorno. Una vera e propria strage degli innocenti che hanno la sola colpa di voler lavorare.
Cari Ministri e Onorevoli che siedete in Parlamento vi ricordo che la vera emergenza nazionale sulla sicurezza e' questa strage quotidiana sul lavoro. Altro che rom e lavavetri.
Spero che davanti a questa ennesima strage abbiate il coraggio di fare qualcosa di "sinistra" o comunque qualcosa per porre un freno a questa situazione.
Purtroppo, oggi anche il sindacato subisce questo impianto culturale che e' alla base del neoliberismo e cio' che l'impresa non e' mai responsabile di queste morti o degli incidenti sul lavoro. Per questo ritengo che il sindacato deve smettere di rincorrere le sirene degli economisti nostrani e asserviti ai potenti del momento ed ascoltare di piu' quanti lavorano e producono. La perdita di una vera identita' culturale delle organizzazioni sindacali sono anche causa della perdita di autonomia critica degli economisti che ormai in massa si adagiano a questo modello di sviluppo che genera morti ed infortuni ai lievlli di una guerra come quella in Iraq.
A Fiorrenza dico che bisogna continuare a lottare, sia sul posto di lavor sia dentro il sindacato, perche' abbiamo una grosa responsabilita' verso i nostri figli:
Lasciare un mondo migliore e la certezza di non poter dire che non abbiamo lottato.

Anonimo ha detto...

E' molto difficle esprimere razionalmente il sentimento per quanto successo a Torino. Non mi soffermerò sul dolore che si prova; da operaio, sento sulla mia pelle ogni OMICIDIO di un lavoratore salariato e sfruttato. Ogni morte è una cicatrice in più. Dico solo che ci ammorbano con i valori della famiglia, ma poi per mantenerla bisogna fare tonnellate di straordinari ad orari antelucani in strutture ed impianti che sono bombe ad orologeria.
Vediamo però responsabilità e prospettive dei vari attori in campo, e soprattutto quanto possono essere emotivamente colpiti da quanto successo. Cominciamo dai padroni. Stanno avendo TUTTO: contributi, detassazioni, defiscalizzazioni, regalie e cunei fiscali tagliati, iperflessibilità, contratti a tempo determinato che si traducono in RICATTI quotidiani(questi si a tempo indeterminato), e sul lavoro possono morire solo schiantandosi con auto lussuosissime, yacht, elicotteri. Però si lamentano delle troppe ferie e del troppo assenteismo dei lavoratori che chiamano "privilegiati". Veniamo ai politici. Certo per qualche giorno si stracceranno le vesti, riempiranno i giornali e le tivù di dichiarazioni roboanti sull'importanza della sicurezza nei posti di lavoro, ma se ci troviamo in questa situazione è grazie alle leggi che hanno approvato. E qui ATTENZIONE: non si salva NESSUNO. La legislazione che da almeno 10 anni rende il tempo e la vita dei lavoratori una variabile dipendente dalle bizze dei padroni, coinvolge si i miserabili del centrodestra, ma anche e molto, i ciarlatani del centrosinistra. Dalle riforme delle pensioni, al decreto Treu sul lavoro interinale all'ultimo capolavoro del 23 luglio scorso. Di più, i signori che ora vogliono fare la "cosa rossa" dovrebbero essere si rossi, ma dalla vergogna. Non c'è una legge schifosa in tema di lavoro che non porti la loro responsabilità. Queste morti devono pesare anche sulla loro coscienza. Passiamo al sindacato. Inutile dilungarsi e fare la cronistoria almeno dal luglio 92 (fine definitiva della indicizzazione dei salari) a oggi, parlare di tutti gli arretramenti e le sconfitte annunciate e cercate che ci hanno portato ad essere un paese in cui sgobbiamo come somari per avere i salari tra i più bassi d'Europa, e in cui si muore a ritmi infernali. Basti ricordare il ruolo giocato qualche settimana fa sull'accordo sul welfare. Questo frangente però nonostante il "cedimento strutturale" del sindacato ci ha regalato un sottile filo di speranza. E proprio a questo come lavoratori dovremmo aggrapparci e possibilemnte farlo fruttare. Si è evidenziato cioè un settore significativo e combattivo del sindacato che ha avuto la tenacia di resistere ad ogni pressione e di intraprendere una campagna "per il no". Precisamente quanto accaduto in CGIL ci fa guardare al domani con un minimo fiducia. Quanti si sono prodigati (FIOM, R28A,spezzoni di categorie)in una campagna truccata in partenza, per far vincere le ragioni dei lavoratori contro quelle dei padroni, devono essere punto di riferimento per chi è stanco di chinare la testa (se mai lo ha fatto)e cerca di aprire una stagione nuova, una stagione di riscatto. Mentre sto scrivendo il tg annuncia la morte del quarto operaio alla Thyssenkeupp. Che strazio. Non capisco perchè invece di fare subito lo sciopero di 8 ore si sia preferito farne 2 venerdì prossimo. Unica domanda a Ezio Casagranda: dici di lottare dentro il posto del lavoro. Bene, ma come? Nel posto di lavoro chi lotta è additato come pericolo e viene vessato quotidianamente. Sai perchè l'azienda può farlo? Perchè chi deve difenderlo non lo fa, gira la testa dall'altra parte, perchè altrimenti potrebbe rovinare equilibri che garantiscono una pacifico scorrere della quotidianità. E nel siondacato? Come fai a lottare se ti chiudono tutti gli spazi, se scientemente il sindacato si organizza per tenerti alla larga ed emarginarti? Un Saluto fraterno luigi bozzato

Anonimo ha detto...

non conosco il signor bozzato ma concordo con il suo intervento............dall'altro giorno quando ho sentito del primo morto a Torino ad oggi che ho saputo delle altri 3 morti e le condizioni precarie di altri 3 operai ho la morte nel cuore, perchè credo che il tutto sia frutto di padroni che sfruttano, politici che guardano solo ai poteri forti, di politiche sindacali sbagliate servili a confindustria o altrie categorie padronali, di giudici servili come e peggio di politici,di una società malata , individualista, dove il debole deve essere bastonato e sfruttato dove il dio soldo la fa da padrone e dove chi comanda ( sia di destra o pseudo centrodestrasinistraliberralchic ) non vive la realtà quotidiana non solo di chi lavora in fabbrica ma neanche della persona normale ............ma presto è natale e per un giorno o una settimana saremo tutti più buoni e tutti contenti ci daranno il panettone e se saremo fortunati anche la tredicesima e a me vien da dire ...affanculo. saluti mariano
ps (non sono affetto da grillismo perchè non da soluzioni ai problemi però troppe volte devo dargli ragione)