E di oggi la notizia che la tragedia della ThyssenKrupp ha fatto la settima vittima. Bene ha fatto il sindaco di Torino a fermare i festeggiamenti di fine anno. In questa situazione non c’è nulla da festeggiare ma solo la nostra capacità di interrogarci sul perché non si riesce a fermare questa micidiale macchina omicida. Cinque morti sul lavoro al giorno sono davvero tanti. Infatti nelle statistiche ufficiali (4 morti al girono) mancano quei lavoratori, dagli immigrati alle vittime di esposizione ad agenti cancerogeni e tossici che quasi mai o a grande fatica riescono a dimostrare che la causa della loro morte è il lavoro e quindi non entrano nelle “statistiche ufficiali”.
Secondo lo studio dell’Eurispes “Infortuni sul lavoro: peggio di una guerra” i morti sul lavoro in Italia hanno superato i morti della seconda Guerra del Golfo. Lo studio ha evidenziato come dall'aprile 2003 all'aprile 2007 i militari della coalizione che hanno perso la vita sono stati 3.520, mentre, dal 2003 al 2006, nel nostro Paese i morti sul lavoro sono stati ben 5.252. E’ questo il preoccupante bollettino di guerra dei morti sul lavoro in Italia. Una strage tanto più grave in quanto più culturalmente accettata e spesso sottaciuta dalla grande stampa.
Elaborando i dati Inail, l'Eurispes ha messo in evidenza che ogni anno dal Nord al Sud, in Italia, muoiono in media 1.376 persone per infortuni sul lavoro. L'edilizia si conferma come settore ad alto rischio, visto che poco meno del 70% dei lavoratori (circa 850) perdono la vita per cadute dall'alto di impalcature nell'edilizia. Fra le cause seguono il ribaltamento del trattore in agricoltura e gli incidenti stradali nel trasporto merci per le eccessive ore trascorse alla guida. Un dato «impressionante», figlio del meccanismo dei subappalti, nei quali di risparmia sulla sicurezza e sul costo dei lavoratori, spesso scegliendo maestranze poco preparate e precarie. Ma altre cause di questa continua strage che sconvolge migliaia di famiglie è l’organizzazione del lavoro comprese le leggi sulla deregolamentazione del lavoro e della precarietà. Aumento dei carichi e dei ritmi lavorativi, insicurezza, mancato rispetto delle norme, riduzione dei costi, ecc. sono le conseguenze di questa organizzazione del lavoro che non è neutra rispetto al modello sociale che si persegue.
Troppo spesso di dimentica che nei luoghi di lavoro si muore tutti i giorni dell'anno come dei condannati alla pena capitale o vittime di una guerra civile dove il "dio denaro" tutto precarizza e tutto mercifica, compresa la vita. Mentre la tv e i media se ne occupano solo quando "costretti" da gravi tragedie, come quella della ThyssenKrupp, ma con il rischio di trasformarlo in un altro "caso" da talk show. Sarebbe importante che ogni giorno i telegiornali raccontassero la storia di un morto sul lavoro, spiegando chi fosse, quale lavoro svolgeva, quali sono state le cause immediate o mediate che ne hanno provocato la morte e cosa questo ha voluto dire per i famigliari, gli amici i compagni di lavoro. Sarebbe una grande operazione non solo di verità ma anche di formazione e di cultura.
Molti compagni hanno scritto anche sul Blog della Filcams Cgil in rete su questa catena omicida. Io credo che la proposta di un momento di riflessione ma anche di critica proposto dal compagno Luigi debba trovare una sua concretizzazione nei primi mesi del 2008. Un piccolo impegno che dobbiamo ai nostri compagni morti ingiustamente sul lavoro, colpevoli solo di lavorare per dare un futuro di dignità ai propri figli.
Un mondi di auguri per un 2008 di lotta.
Ezio Casagranda Filcams Cgil del Trentino
Trento 31 dicembre ’07
Secondo lo studio dell’Eurispes “Infortuni sul lavoro: peggio di una guerra” i morti sul lavoro in Italia hanno superato i morti della seconda Guerra del Golfo. Lo studio ha evidenziato come dall'aprile 2003 all'aprile 2007 i militari della coalizione che hanno perso la vita sono stati 3.520, mentre, dal 2003 al 2006, nel nostro Paese i morti sul lavoro sono stati ben 5.252. E’ questo il preoccupante bollettino di guerra dei morti sul lavoro in Italia. Una strage tanto più grave in quanto più culturalmente accettata e spesso sottaciuta dalla grande stampa.
Elaborando i dati Inail, l'Eurispes ha messo in evidenza che ogni anno dal Nord al Sud, in Italia, muoiono in media 1.376 persone per infortuni sul lavoro. L'edilizia si conferma come settore ad alto rischio, visto che poco meno del 70% dei lavoratori (circa 850) perdono la vita per cadute dall'alto di impalcature nell'edilizia. Fra le cause seguono il ribaltamento del trattore in agricoltura e gli incidenti stradali nel trasporto merci per le eccessive ore trascorse alla guida. Un dato «impressionante», figlio del meccanismo dei subappalti, nei quali di risparmia sulla sicurezza e sul costo dei lavoratori, spesso scegliendo maestranze poco preparate e precarie. Ma altre cause di questa continua strage che sconvolge migliaia di famiglie è l’organizzazione del lavoro comprese le leggi sulla deregolamentazione del lavoro e della precarietà. Aumento dei carichi e dei ritmi lavorativi, insicurezza, mancato rispetto delle norme, riduzione dei costi, ecc. sono le conseguenze di questa organizzazione del lavoro che non è neutra rispetto al modello sociale che si persegue.
Troppo spesso di dimentica che nei luoghi di lavoro si muore tutti i giorni dell'anno come dei condannati alla pena capitale o vittime di una guerra civile dove il "dio denaro" tutto precarizza e tutto mercifica, compresa la vita. Mentre la tv e i media se ne occupano solo quando "costretti" da gravi tragedie, come quella della ThyssenKrupp, ma con il rischio di trasformarlo in un altro "caso" da talk show. Sarebbe importante che ogni giorno i telegiornali raccontassero la storia di un morto sul lavoro, spiegando chi fosse, quale lavoro svolgeva, quali sono state le cause immediate o mediate che ne hanno provocato la morte e cosa questo ha voluto dire per i famigliari, gli amici i compagni di lavoro. Sarebbe una grande operazione non solo di verità ma anche di formazione e di cultura.
Molti compagni hanno scritto anche sul Blog della Filcams Cgil in rete su questa catena omicida. Io credo che la proposta di un momento di riflessione ma anche di critica proposto dal compagno Luigi debba trovare una sua concretizzazione nei primi mesi del 2008. Un piccolo impegno che dobbiamo ai nostri compagni morti ingiustamente sul lavoro, colpevoli solo di lavorare per dare un futuro di dignità ai propri figli.
Un mondi di auguri per un 2008 di lotta.
Ezio Casagranda Filcams Cgil del Trentino
Trento 31 dicembre ’07
2 commenti:
UN'ALTRO MODELLO DI LAVORO E'POSSIBILE?
Ho sempre pensato che per chi lavora sarebbe un diritto percepire uno stipendio equo che gli permetta di vivere dignitosamente l'esistenza,lavorare in sicurezza senza la paura di non rincasare la sera e lavorare meno ore al giorno,per dedicare il resto della giornata alla propria vita."Il primo diritto di ogni essere umano é quello di vivere,avere il tempo di stare con i propri figli,con i propri amori,con se stessi,con le proprie aspirazioni e
non é ammissibile,da nessun punto di vista,investire l'intera giornata nel lavoro,dato che si vive una sola volta nell'arco intero dell'eternità".
Mi domando quale sia la mente perversa che ha organizzato la vita dei più in uno stato di sottomissione,obbligando tutti a vivere per lavorare.L'incubo del lavoro quando non c'é,l'incubo del lavoro perchè c'é.
Nessuna via di scampo.
SIAMO SCHIAVI IN QUANTO NON SIAMO PIU'IN GRADO DI IMMAGINARE LA LIBERTA'.
Le nuove tecnologie hanno accorciato i tempi di produttivi, ma non hanno accorciato i tempi di lavoro.Questo é un progetto globale,più si lavora e più si é stanchi,più si é stanchi e meno si pensa(e più si é a rischio infortuni),meno si pensa e più sembra giusto l' attuale modello di vita e lavoro.
E'un modello che schiaccia i deboli,che li sfrutta approfittando delle loro debolezze,che li rende schiavi per pochi euro,che aprofitta della loro ignoranza(mancanza di conoscenza e infornazione).
Vorrei svegliarmi domani in una società diversa che mette la PERSONA e le sue esigenze al primo posto,ma purtroppo mi svegliero' sapendo già cosa mi aspetta.
Buon inizio d' anno a tutti
Caro Ezio e care/i compagne/i frequentatori di questo spazio di "interazione operaia". Un altro nostro fratello si è aggiunto alla kilometrica lista di vittime del capitalismo e del profitto. Il mio pensiero l'ho espresso all'indomani dell'incidente e l'ho ribadito poco prima di natale, quindi non mi ripeterò. Voglio, se possibile, mettere l'accento sull' esortazione da me formulata e che Ezio ha recepito. Lungi da me qualsiasi forma di piaggeria o di volontà agiografica; ci sarà un motivo se la morte del settimo operaio della Thyssen è passata più o meno inosservata? Se, per esempio, nel nostro microcosmo trentino c'è un segretario di categoria che il 31 dicembre parla di questi crimini in un blog, a fronte del silenzio assordante (magari dovuto a bocche impegnate con kg di panettoni e pandori)del mondo politico e sindacale che millanta di avere i lavoratori come riferimento sociale? Anche di questo credo sarà giusto parlare nell'iniziativa che, spero, riusciremo a organizzare come promesso da Ezio, e cioè parlare dei lavoratori, dei loro ritmi, flessibilità e disagi ma anche dei ritardi e delle miopie di chi i lavoratori dovrebbe difenderli. Una cosa si coniuga e si intreccia con l'altra se si vuole avere una visione complessiva per studiare un intervento efficace. E' anche da qui che dovremo partire: quale sindacato vogliamo per affrontare questi problemi? Quello che intona i peana dinanzi all'accordo del 23 luglio o quello che lo ha combattuto? Quello che fa da sponda ai governi amici o quello che ha per amici solo i lavoratori? Quello che balbetta solo di una vaga unità sindacale in barba ai contenuti (per poi farsi miseramente sbugiardare da CISL o UIL)o, appunto, quello che fa sue certe tematiche scomode a prescindere da feste più o meno comandate? Quello che si riempie la bocca solo di concertazione o quello che parla di classe padronale e classe operaia? Credo che nessuno possa sfuggire a questi interrogativi e a queste scelte, tantopiù in ujn periodo che vede i lavoratori così abbandonati come mai è successo. Un abbraccio fraterno e un 2008 di lotta e di conquiste a tutti!
luigi bozzato
PS tra qualche settimana cominceranno le assemblee in vista della conferenza di organizzazione. Organizziamoci per farci sentire e rendere questo momento il meno liturgico e rituale possibile. Le ragioni stanno tutte dalla nostra parte.
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