Chi ne dubitasse non ha che da chiedere all'associazione per i diritti umani Human Rights Watch.
Fabrizio Tonello
Nei processi di globalizzazione finanziaria ed economica, la precarizzazione del lavoro e la precarizzazione sociale, assumono aspetti sempre più devastanti, la conoscenza e l'iniziativa collettiva possono divenire un argine importante per la tutelare non solo chi lavora, ma anche dei diritti sociali del cittadino.
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L'azione del Sindaco.
Sono stato colpito dall'ordinanza di stampo leghista del comune di Firenze, capisco il fastidio di tanti automobilisti ai semafori:si trovano difronte a chi cerca di raccattare le bricciole del nostro benessere, e cachi ci ricorca che il nostro stile di vita ha una contrpartita.
Il sindaco di Firenze ha liberato le coscienze dei suoi cittadinidall'odioso fastidio del quotidiano richiamo a questa consapevolezza.
Da IL MANIFESTO :andrea deganutti
E' emblematico che si ergano muraglie contro la mobilità dei dannati della terra, nel momento della massima esplosione della mobilità globale.E che tanti fiorentini plaudano all'ordinanza contro i lavavetri mentre gnomi senz'anima e senza volto continuano ad occupare i crocevia col commercio illegale e mafioso e si comprano Firenze riciclando danaro sporco e spesso anche insanguinato.
Ecco lo snodo cruciale. L'unificazione mondiale non può essere affidata alla cultura della superiorità dell'Occidente la cui etica è un etica di sopraffazione, di contrapposizione e di violenza. E' senza sbocchi e senza speranza....
da un articolo di enzo mazzi tratto da IL MANIFESTO
30 agosto 2007
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Il fisco inizia a colpire chi evade le tasse, la guardia di finanza scopre decine di evasori e di lavoratori in nero o irregolari, sul versante del lavoro nero il governo vara una norma elementare che dice che chi lavora, deve essere messo in regola da subito, e i nostri imprenditori nostrani e le loro associazioni (UCT e ASAT) in testa gridano allo scandalo fino ad arrivare a teorizzare che evadere le tasse per le imprese è quasi una scelta di sopravvivenza.
Dicono di avere imprese sull'orlo del fallimento ma i proprietari viaggiano con macchine da 70/100 mila euro, ville e barche per le ferie ed il tempo libero. Misteri italiani o piccole furberie che cercano di cavalcare l'onda bossiana di non pagare le tasse.
Prese di posizione inaccettabili e che sono un tangibile segno che siamo veramente davanti ad un preoccupante degrado del senso civico e del senso dello Stato. Quello Stato che poi si invoca nel momento dei contributi, del cuneo fiscale e per farsi carico delle infrastrutture (strade, centri storici, servizi, ecc) o di intervento per la tutela del territorio.
Oggi sul giornale il presidente dell'ASAT si scaglia contro la norma sul lavoro nero lamentando il fatto che la norma prevede l'obbligo dell'assunzione preventiva del lavoratore e l'abolizione del periodo di prova.
Sicuramente Rigotti conosce il contratto nazionale che prevede che l'assunzione deve avvenire per iscritto e prima dell'inizio del lavoro, che il lavoratore è soggetto al periodo di prova definito in base alla qualifica. La legge si limita a riprendere il CCNL e, questa la vera novità, stabilisce delle sanzioni in caso di violazione di tale norme.
Da quanto sostiene il Rigotti si evince che le norme possono anche andare bene, l'importante è, che se, violate, non diventino un costo per le aziende.
Lui rivendica come diritto una prassi, molto diffusa nel settore del turismo e nel commercio, di "provare" per alcuni gironi, senza contratto e senza assicurazione i lavoratori (qualche azienda non paga nemmeno il nero) in spregio a tutte le norme sul lavoro, dalla sicurezza alla retribuzione del lavoratore.
Strano modo di agire quello di Rigotti, da una parte dice che "la tutela e la sicurezza dei lavoratori sono anche le nostre priorità .." e poi si scaglia, lancia in resta contro la norma che intende applicare quei principi.
E quindi chiedo: ma se il settore, come lui sostiene, è sano e non "esiste il lavoro nero" che problemi ci sono ad accettare una norma che va a colpire il lavoro nero e quelle aziende che con questo fanno concorrenza sleale alle imprese sane e corrette ?
In ultima ritengo inaccettabile che si dica che i problemi delle imprese sono i costi derivanti dai controlli e dalle norme. I veri problemi del settore turistico sono le basse retribuzioni, l'assenza di investimenti in formazione del personale, la depauperazione del territorio, un turismo mordi e fuggi e che non tiene conto della risorsa ambiente. Mentre per i piccoli negozi sono gli alti affitti derivanti dalla rendita speculativa e finanziaria.
Forse bisognerebbe partire da qui, dai nodi veri del settore, senza lasciarsi incantare dalle sirene eversive che proclamano l'evasione fiscale.
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Ezio Casagranda Filcams Cgil del Trentino
Trento, 22 agosto 2007
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Ezio Casagranda Trento, 21 agosto ’07
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Abbiamo letto le prese di posizione dei compagno Caramelle Carotta e Casagranda, e la risposta del segretario Purin rispetto al protocollo sul Welfare e riteniamo che se esiste qualcosa di improprio è il fatto che siano richiamati i compagni che esprimono dissenso verso un accordo che giudicano in modo negativo chiamando in causa percorsi interni e il rispetto della democrazia.
Sarebbe troppo facile polemizzare che mentre questi politici hanno avviato una campagna vergognosa sul fatto che non ci sono risorse per le pensioni dieci giorni dopo si aumentano la paga di 7340,00 euro mensili. Alla faccia delle scelte di equità sociale.
Ma fuori da queste facili, ma non infondate polemiche, anche noi giudichiamo negativo in quanto non rispettoso dei mandati congressuali della CGIL, sia per il fatto che ancora una volta gli aspetti negativi (scalone, legge 30, contralti a termine, precarietà, ed aumento dell'età pensionabile, l'illusione dei giovani che stando all'accordo il 60% sembra essere una chimera) superano di gran lunga quelli "positivi" come l'aumento delle pensioni e/o a disoccupazione.
Noi crediamo che esprimere pubblicamente le varie posizioni su questo accordo, serva a ad aprire un dibattito fra i lavoratori fin da ora e quindi utilizzare il periodo che ci separa dal voto referendario (perché caro Purin la democrazia pretende che il voto sia certificato) per discutere a fondo i contenuti di tale accordo e quindi evitare che il lavoratore sia costretto a decidere in pochi minuti alla fine di un'ora di assemblea.
Inoltre non si capisce cosa significhi che prima bisogna discuterne internamente alla Cgil e poi con Cisl e Uil? Che forse bisogna trovare forme di incartamento del libero pensare o dei giudizi negativi? O forse si cerca di confezionare una posizione evitando che i lavoratori decidano dopo un confronto vero in assemblea e dopo aver letto anche tramite stampa dei vari giudizi sui contenuti dell'accordo. Forse qualcuno teme che i lavoratori leggendo le posizioni critiche esprimano possano farsi un'idea vera, non addomesticata dal Governo amico, dei contenuti dell'accordo del 23 luglio 07 ?
Infine riteniamo il richiamo alla manifestazione del 20 ottobre 07 una vera e propria forzatura del pensiero espresso dai compagni Casagranda Carotta e Caramelle i quali hanno contestato i punti negativi dell'accodo e che a loro e a nostro avviso, sono in netto contrasto con le tesi del nostro ultimo congresso. Naturalmente cambiare posizione è legittimo ma per cambiare le decisioni congresso serve un altro congresso e non solo un governo amico.
Speriamo che a settembre si arrivi ad una grande assemblea dei delegati dove discutere sui contenuti di questo accordo fuori dalle logiche politiche ma con il solo riferimento ai deliberati congressuali.
Democrazia è anche coerenza con le scelte e le decisioni del congresso, il resto è adeguamento alla situazione e quindi rinunciare a battersi per migliorare le condizioni di . chi lavora.
Andrea Mazzoleni - ORVEA – Cristian Casassa - RSA CAVIT Tenuta Swetlana - RSA ORVEA - Soini Nicoletta - RSA Coop Altogarda - Giacomelli Lara - UNIFARM - Serra Omar- DUSSMANN (ex Pedus)
Trento, 10 agosto '07
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Considero importante che il confronto sull’accordo del 23 luglio scorso continui anche attraverso i mezzi d’informazione e non solo all’interno del sindacato e delle forze politiche. Un accordo sicuramente complesso, come dice qualcuno, ma chiaro nei suoi contenuti e nel disegno politico che lo supporta che una discussione tutta incentrata sul contesto degli equilibri governativi e parlamentari rischia di essere fuorviante e non cogliere che è in atto una metamorfosi dell’agire sindacale. In questo contesto appaiono poco credibili i richiami alla situazione generale per accusare chi dissente dall’accordo di lavorare per la crisi di governo. Argomenti che servono solo per nascondere con una cortina di fumo i contenuti negativi di questa intesa che superano di gran lunga quelli positivi. Se da una parte c’è l’aumento delle pensioni minime e della disoccupazione, dall’altra si è mantenuto lo scalone Maroni, anche se diluito di qualche anno, si è elevata l’età pensionabile, sia anagrafica sia contributiva (36 anni), le finestre per i 40 anni di contributi sono pagate dalle nuove finestre introdotte per le donne, mentre i giovani continuano a rimanere precari, con salari e pensioni da fame. Il tutto senza mettere mano ai tanti privilegi pensionistici ancora esistenti da quelli dei parlamentari, come Dini, Mastella e Bonino, che hanno minacciato di non votare una legge che non avesse aumentato l’età pensionabile e ridotto la copertura della pensione pubblica. La decontribuzione degli straordinari, della contrattazione aziendale, la certificazione della precarietà attraverso l’accettazione della legge 30, mina alle fondamenta l’istituto del contratto nazionale (architrave di una politica di solidarietà e di unificazione del mondo del lavoro) manda in soffitta qualsiasi ipotesi di politica occupazionale e sostanzialmente accetta questa politica neoliberista. Non è un caso se oggi sulla questione delle pensioni e del mercato del lavoro si è scatenato da parte del padronato e delle lobby finanziarie una pesante campagna mirata a scardinare la solidarietà fra generazioni sulla previdenza sul lavoro e nel salario. Come non vedere che molte forze politiche sia di maggioranza sia di opposizione stanno lavorando per una diversa architettura istituzionale e governativa che richiede un sindacato omologato, privo di una sua autonomia culturale e rivendicativa e quindi limitato alla sola gestione dell’esistente. Come non capire che l’accordo del 23 luglio 07 è il principale pilastro, sul versante del lavoro, di questo progetto e quindi una forte opposizione a questo accordo permette alla Cgil e ai lavoratori di riprendere quella battaglia sui diritti confermata dal nostro ultimo congresso del marzo 2006. Per questo ritengo che quanti, anche in buona fede, si limitano a un’analisi delle difficoltà numeriche di questo governo, dimenticano, volutamente, di prendere coscienza che questo accordo, non solo certifica la precarietà a vita dei giovani e meno giovani, ma pone le basi per mettere in discussione l’autonomia sindacale e in particolare quella della Cgil. Infatti, l’accordo del 23 luglio sul mercato del lavoro, è la trascrizione del “patto per l’Italia” di berlusconiana memoria e se questo, spiga l’assenso di Cisl e Uil, dimostra l’attacco all’autonomia della Cgil che rischia di cambiare nelle strette stanze dei bottoni e in un afoso mese estivo gli stessi deliberati dell’ultimo congresso buttando a mare la grande esperienza di lotta e di partecipazione degli ultimi anni. Battersi per dare valore e dignità al lavoro richiede credibilità e coerenza, non fumose affermazioni generiche di lotta da fare in un futuro che verrà. Infatti, come possiamo essere credibile un sindacato che a settembre chiede ai lavoratori di approvare un accordo che depotenzia il CCNL, aumenta la precarietà sociale, aumenta a dismisura il ricorso ai contratti a termine, anche reiterati, liberalizza il lavoro interinale a vita e per le nuove attività, aumenta l’età pensionabile, e per i giovani rende strutturale il loro futuro da precari e poi a ottobre chiamarli a lottare contro un accordo che hanno appena votato. Mistero della politica o solo fumo per nascondere le responsabilità per un accordo che scarica sui lavoratori i costi del risanamento del debito. Forse è meglio partire con il piede giusto votando NO a quest’ accordo come prima forma di lotta per cambiarlo. Infine la contrattazione sindacale: i CCNL sono rinnovati con una media di diciotto mesi di ritardo, e a ogni rinnova non solo l’aumento salariale è misero ma sono introdotte ulteriori forme di precarietà (come in quello del turismo e/o dei chimici), mentre nei contratti aziendali è sempre più difficile contrastare il precariato perché le aziende vogliono applicare in toto la legge 30. Se qualcuno nel sindacato, pensa che dopo questo accordo sul welfare, che consolida e rende esigibile tutte le forme di precarietà, per i lavoratori sia più facili fare contrattazione in azienda significa che vuole solo vendere fumo (o tappeti) o che da troppi anni è lontano dalla contrattazione e dal sentire dei lavoratori.
Ezio Casagranda - Filcams Cgil del Trentino
Trento, 12 agosto 2007
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Il Protocollo sul Welfare del 20 luglio 2007, sottoscritto da CISL e UIL ma anche dalla CGIL, con delle riserve rappresenta l’esito negativo di una trattativa anomala in cui la CGIL, a fronte di una forsennata aggressione ideologica e mediatica alle ragioni ed ai valori del lavoro e dello stesso sindacato, ha rinunciato a sviluppare il pieno coinvolgimento e la necessaria mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori.
Il protocollo rappresenta tra l’altro una contraddizione con i contenuti della chiusura unitaria del congresso della CGIL, il quale assumeva il dato della precarietà come elemento da combattere cancellando la legge 30/2003, a riguardo delle pensioni sanciva la necessità di cambiare radicalmente la controriforma del centrodestra per giungere anche ad un trattamento pensionistico adeguato per i precari, per i quali i costi salariali e contributivi devono esser maggiori.
Altra profonda contraddizione è rappresentata tra le altre cose con il programma di governo che prevedeva di “eliminare l’inaccettabile gradino” della Maroni e di introdurre “misure efficaci che accompagnino verso un graduale e volontario innalzamento dell’età media di pensionamento”, oltrechè nell’ambito del “superamento” della L. 30/2003 assicurare la garanzia del lavoro a tempo indeterminato, la “forma normale di occupazione”.
Il fatto è che a scapito di un programma di redistribuzione della ricchezza a vantaggio dei ceti sociali da noi rappresentati il governo è sempre più condizionato dalle componenti moderate e dalla Confindustria, le quali sull’altare della governabilità e del futuro della coalizione hanno imposto al governo Prodi il peggioramento della proposta di mediazione condivisa emblematicamente riassunta dalla frase di Prodi “lo scalone deve esser superato” e hanno di fatto sottoposto a ricatto le organizzazioni sindacali, in primis la CGIL, di divenire il soggetto responsabile della caduta del governo.
L’intera vicenda ripone la questione della salvaguardia della piena autonomia del sindacato rispetto al quadro politico.
Si ritiene importante e positivo che il Comitato Direttivo nazionale della CGIL si sia espresso anche su di un documento alternativo, contrario all’accordo che ha ricevuto una larga adesione.
Una ossessiva campagna ideologica di reticenze e di falsificazioni è stata orchestrata per dimostrare l’impossibilità ed anzi l’illegittimità dell’abolizione dello scalone e la necessità inderogabile dell’età pensionabile: dall’insostenbilità della spesa previdenziale, pesantemente in deficit, a causa dei troppi pensionati e dei pochi contributi, allo scontro tra generazioni, provocato dall’egoismo dei padri che condannerebbe i figli a non avere un domani…
Eppure i dati Istat, i bilanci dell’INPS, le analisi di importanti centri studi dicono che l’allarme sull’emergenza previdenziale, urlato per legittimare ulteriori peggioramenti al sistema pensionistico, è una sfacciata falsificazione. I provvedimenti previdenziali degli anni ’90, che hanno imposto pesanti sacrifici a lavoratori e pensionati, hanno rallentato la dinamica della spesa pensionistica e sostanzialmente stabilizzato il rapporto spesa previdenziale/PIL.
Depurata dalla spesa per prestazioni assistenziali e del Tfr, che certamente non hanno natura previdenziale, e dal prelievo fiscale sulle pensioni la spesa previdenziale è di fatto allineata sui valori medi europei; ed in base ai dati ufficiali di tutte le gestioni pensionistiche il saldo tra entrate contributive e le prestazioni previdenziali al netto delle ritenute fiscali è addirittura positivo per un ammontare pari allo 0,5% del Pil.Nel ritenere in controtendenza rispetto al passato e quindi esprimendo un giudizio positivo sugli aumenti alle pensioni contributive basse, sulla indennità di disoccupazione e la contribuzione figurativa piena per la disoccupazione ordinaria, non si può rilevare come la bilancia delle risorse redistribuite e quelle risparmiate non penda certo dalla parte delle prime.
Infatti siamo in presenza:
di una finta eliminazione dello scalone che è ammorbidito per il 2008 (58 anni e 35 anni di contributi, anzichè 60 e 35 della Maroni), ma a partire da metà 2009 con gli scalini impropriamente chiamati quote (che stravolgono lo stesso concetto di quota) ci vorranno almeno 36 anni di contributi visto in vincolo dei 59 anni di età della “quota” 95, e con il 2011 60 o 61 anni di età e “quota” 96 quindi rispettivamente 36 o 35 anni di contributi e nel 2013 61 o 62 anni di età, 36 o 35 di contributi della “quota” 97, anticipando di un anno quanto Maroni avrebbe imposto per l’anno 2014;
del positivo aumento da 2 a 4 delle “finestre” per i pensionandi con 40 anni di contributi, si spostano 2 finestre però sulle pensioni di vecchiaia (65 uomini e 60 donne) che di fatto si vedranno aumentare l’età pensionabile di diversi mesi;
di un intervento sui coefficienti al possibile 60% della retribuzione per i giovani lavoratori discontinui, che essendo legato alle compatibilità finanziarie risulta aleatorio; inoltre riferito all’occupazione dei giovani precari, garantirà pensioni equivalenti alle attuali sociali e nulla più;
di un inaccettabile vincolo numerico di 5.000 lavoratori all’anno che potranno beneficiare, evidentemente a norma di una graduatoria, delle agevolazioni pensionistiche per i lavori usuranti, faticosi e pesanti;
della decontribuzione dello straordinario che diminuirà le entrate agli istituti previdenziali e aumenterà il lavoro straordinario garantito alle imprese ad un costo più basso; analogo ragionamento si riferisce anche alla decontribuzione del secondo livello di contrattazione;
dell’insufficiente liquidazione dell’impegno di superare la legge 30/2003 con l’orientamento del governo all’eliminazione del solo lavoro a chiamata e rimandando a successivi confronti tra le parti per le eventuali forme di part-time per esigenze di attività di breve durata, mantiene di fatto inalterata la portata negativa della legge stessa;
della reiterazione con accordi presso le Direzioni lavoro di contratti a tempo determinato anche oltre i 3 anni anche non continuativi perpetua una condizione lavorativa precaria inaccettabile; sul lavoro a somministrazione (Interinale) e per le nuove attività non è previsto alcun vincolo temporale e quindi un lavoratore può essere somministrato e precario a vita.
Complessivamente ragionando, quindi, si ricava un quadro d’insieme dove per l’ennesima volta è richiesto alle organizzazioni sindacali un atto di responsabilità sulle compatibilità forse non tanto economiche (vista la ripresa dell’economia, le maggiori entrate, il “tesoretto”) quanto quelle degli equilibri con i poteri forti che periodicamente richiamano la classe lavoratrice ad ulteriori sacrifici.
Si ritiene indispensabile una ridiscussione dell’intero accordo ed una approvazione di una nuova conseguente legge che redistribuisca risorse a vantaggio dei ceti di popolazione più deboli.
A tal fine è necessario a settembre mettere in campo la mobilitazione dei lavoratori per riaprire la trattativa.
Il referendum dovrà essere lo strumento di consultazione dei lavoratori nel quale sia le esplicitazioni riferite alle riserve apposte dalla CGIL quanto le espressioni negative contribuiranno all’azione di mobilitazione e di partecipazione per la ridiscussione dei vari contenuti dell’accordo.
Mirco Carotta - Cambiare Rotta Lavoro Società
Roland Caramelle – Rete28Aprile nella Cgil per l’indipendenza e la democrazia sindacale
Ezio Casagranda – Segr. Gen. Filcams Cgil del Trentino
Trento, 8 agosto 2007
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